CAMORRA E MAFIA LA SPINA NEL FIANCO DEI “GIACUBBINI” NAPOLETANI
La mafia e la camorra nascono come organizzazioni criminali dopo il 1860, quando, cioè prendono consapevolezza del ruolo che potevano giocare, non più “contro” il governo delle Due Sicilie ma “in sostegno” del nascente stato italiano in una posizione nuova di “parassiti” del potere statale.
Questo salto di qualità e stato generato proprio dal modo in cui è stata fatta l’Unità e da chi, poi, avrebbe preteso di bollare come male sociale endemico un virus che i precedenti sistemi di governo avevano combattuto e contenuto in ambiti progressivamente ristretti.
Memori della sconfitta del “99” ad opera di Lazzari e Sanfedisti i giacobin-massoni presero le contromosse e affidarono il controllo dell’ordine pubblico della capitale, Napoli, ai camorristi che in cambio chiesero di mettere in ogni stazione di polizia un loro uomo e l’affidamento di tutte le licenze dei tabaccai da avere cosi una penetrazione in tutta la città.
Gerardo Marotta e i suoi giacobini boys, che pur rappresentando una minoranza hanno il potere in mano, affermano senza pudore che la camorra è nata con la sconfitta dei giacobini napoletani, italiani nati a Napoli, del “99” e mistificano clamorosamente la realtà ignorando che gli archivi sono pieni di carteggi che attestano proprio il contrario. C’è una marea di testi scritti che riportano senza paura di essere smentiti, come sono andate le cose e che sono volutamente ignorati alla faccia del libero pensiero e delle idee.
Lo sbarco di Garibaldi in Sicilia (11 maggio 1860) fu preceduto di un mese da una missione di Rosolino Pilo e Giovanni Corrao che contattarono i capi delle cosche mafiose ed ottennero il loro appoggio alla spedizione dei “Mille”, grazie alla disponibilità di 250 mila lire (circa 700 mila euro attuali), messi a disposizione della loggia massonica di Genova “Trionfo ligure”.
Il 7 settembre 1860, al gruppetto che accompagna Garibaldi al suo ingresso a Napoli in carrozza si affiancano il capo della camorra napoletana Tore ‘e Criscienzo, circondato dai suoi “capi-paranza”: Michele ‘O Chiazziere (l’incaricato della riscossione delle tangenti dagli ambulanti) e la sorella Marianna, detta la Sangiovannara “proprietaria della bettola dove si riuniva il gotha della camorra”. Garibaldi assegna alla camorra un contributo di 75 mila ducati (circa 17 milioni di euro) che preleva dalle casse del Regno delle Due Sicilie.