Esempio: CHIAMA ABELLINO quella che in realtà in tutte le cartine medievali del 1300 si chiama VILLINO e chiama BENEVENTO quella che in tutte le carte medievali si chiama CIVITATE BENEVENTANA ante sisma del 1348 quando divenne Nova Urbe Benevento del Nuovo Sannio .
In questa mappa di fine 700 si legge, in alto, il rapporto tra l’antico fiume Clanio, nella sua ultima parte fino al Lago Patria, e il canale dei Regi Lagni, un opera attuata a più riprese e in piu secoli
Scriveva nel 1598 Domenico Fontana, il celebre architetto incaricato di dirigere il cantiere di questa immensa opera territoriale :
” ogni volta che si vede che le acque corrono, non vi e bisogno di livello, poiche non ciè miglior livello che l’acqua medesima, e giudicando io, che l’impresa era riuscibile, fui di parere che si cominciasse à drizzare il lagno over alveo, come già stato disegnato altre volte, & allargarlo in modo che fosse capace di ricevere tutte le acque, dove che si cominciorono à far di nuovo molti alveri, & adrizzarli, perche vanno molto tortuosi, caminando hoggi detto lagno, a circa à trenta due, ò trentatre miglia, e quando sarà finito di adrizzare, non caminerà se non venticinque ò ventisei, opera veramente grande, bella..”
MINTURNO: ACCADDE OGGI, 7 NOVEMBRE 1745 LA RICONSACRAZIONE DELLA CATTEDRALE DI TRAETTO
Nel silenzio della Cattedrale di Traetto, a Minturno, una lapide barocca racconta una storia antica. È la memoria di un giorno preciso, il 7 novembre 1745, quando il vescovo di Gaeta, Gennaro Carmignano, consacrò nuovamente questa chiesa, restituendole dignità e vita.
Quella pietra ci parla anche di un passato ancora più lontano: del vescovato di Castro Leopoli e Traetto, attestato già nei primi secoli del Medioevo, e di una cattedrale costruita sulla collina, nel cuore della Traetto medievale, utilizzando colonne, capitelli e materiali provenienti dall’antica Minturnae.
Un legame di pietra e memoria tra due città, che racconta la continuità della fede e della storia nel tempo.
Oggi quella stessa lapide, murata sulla parete di fondo della chiesa, continua a custodire la memoria di un luogo che, da oltre mille anni, accompagna la vita spirituale della nostra comunità.
Nelle immagini: la lapide settecentesca e il ritratto del vescovo Gennaro Carmignano
Nell’Italia pre-romana, il respiro arcaico delle civiltà italiche si diffondeva nelle valli del Sannio, tra i pendii della Campania e fino ai confini della Calabria. Tra quei popoli, gli Osci occupavano un posto peculiare, una presenza tanto viva quanto misteriosa, come un’eco che ancora oggi si avverte nei nomi dei luoghi e nelle pieghe del dialetto napoletano.
Prima di tutto ringrazio, per la indispensabile e la preziosa collaborazione tecnica nello svolgimento del tema, Maria Cristina e Paola Manzelli. Rammento, quindi, che in un mio precedente, lontano articolo trattai dell’argomento medicina dedotto da pietre in Alife.1 Di Pietraroia nessuna componente è, forse, più rappresentativa della pietra: da essa, tanto per citare qualche esempio, deriva il medievale se non antico toponimo più volte modificato e pietre ci parlano di scienza, quelle del parco geo paleontologico, di architettura e di arte, quelle colorate che hanno impreziosito lo scalone d’ingresso nella Reggia di Caserta.