Il concetto di società equa di Giambattista Vico rilanciato da Antonio Genovesi
Giuseppe Gangemi
Il Settecento, ovvero il secolo dei lumi, è il secolo in cui diventa centrale l’idea di un governo razionale o scientifico della società.
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Il Settecento, ovvero il secolo dei lumi, è il secolo in cui diventa centrale l’idea di un governo razionale o scientifico della società.
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Genovesi, nella prima bozza della propria autobiografia, descrive, in terza persona, i debiti intellettuali contratti a Napoli da giovane: “Dunque nel 1737 dell’età di 25 anni [Antonio Genovesi] si portò in Napoli il mese di novembre. Tosto determinò di fare uno studio seguito, e di udire i primi maestri dell’Università napoletana” (Zambelli 1972, 813).
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Diego Vincenzo de Vidania è stato, dal 1693 al 1731, prefetto degli Studi Regi e in questo ruolo, “presiedette la maggior parte delle commissioni che valutavano l’ammissione alle cattedre, pronunciandosi favorevolmente nel 1698 sulla nomina di Vico alla cattedra di Retorica” (Vicente y Guerrero 2023, 82). Vidania è considerato un estimatore di Vico ed è stata la persona cui Vico si è rivolto per uscire fuori dal rischio di un’accusa di eresia per l’orazione letta nel 1708. L’opinione di Vidania era, in tema di eresie, molto autorevole. Egli era stato, prima di diventare prefetto degli studi a Napoli, il capo dell’inquisizione a Barcellona di Spagna e in Sicilia.
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Diego Vincenzo de Vidania è stato, dal 1693 al 1731, prefetto degli Studi Regi e in questo ruolo, “presiedette la maggior parte delle commissioni che valutavano l’ammissione alle cattedre, pronunciandosi favorevolmente nel 1698 sulla nomina di Vico alla cattedra di Retorica” (Vicente y Guerrero 2023, 82). Vidania è considerato un estimatore di Vico ed è stata la persona cui Vico si è rivolto per uscire fuori dal rischio di un’accusa di eresia per l’orazione letta nel 1708. L’opinione di Vidania era, in tema di eresie, molto autorevole. Egli era stato, prima di diventare prefetto degli studi a Napoli, il capo dell’inquisizione a Barcellona di Spagna e in Sicilia.
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In conseguenza della scoperta di Grozio, “Vico intese non esservi ancora nel mondo delle lettere un sistema in cui accordasse la miglior Filosofia, qual è la platonica subordinata alla cristiana religione, con una Filologia che portasse necessità di scienza in entrambe le sue parti, che sono le due storie, una delle lingue, l’altra delle cose; e dalla storia delle cose si accertasse quella delle lingue … e con questo intendimento egli tutto spiccossi dalla mente del Vico quello ch’egli era ito nella mente cercando nelle prime Orazioni inaugurali, ed aveva dirozzato pur grossolanamente nella Dissertazione De nostri temporis studiorum ratione” (1836, I, 414-415).
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“Nell’apparecchiarsi a scrivere questa Vita [La vita di Antonio Carafa, titolo in latino De rebus gestis Antonii Caraphaei], il Vico si vide in obbligo di leggere Ugon Grozio, De Jure Bellis et Pacis. E qui vide il quarto Autore da aggiungersi a’ tre altri” (Vico 1836, I, 413-414) che poi erano Platone, Tacito e Francesco Bacone.
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