CAVOUR TIRA………..MAZZATE!!!
cavour provoca l’austria
Bisognava lavorare a “punture di spillo”, “provocare fatti più gravi”, “qualche imprudenza”, “qualche improntitudine”, che mettesse “l’irascibile e violento” imperatore Francesco Giuseppe, diplomaticamente dal lato del torto (MC). Considerazioni: Ma neanche in questo quarto caso (su quattro!) possiamo accreditare al Cavour alcun merito (merito dal punto di vista cavouriano e piemontese) nell’aver perseguito e raggiunto l’obiettivo. Infatti la guerra tanto agognata e preparata da Napoleone III e Cavour, nei giorni immediatamente precedenti al suo scoppio, sembrava, anzi era, definitivamente svanita.
alleanza segreta tra francia e piemonte
Il 17 gennaio 1859, il principe Napoleone giungeva a Torino per siglare con Vittorio Emanuele II un progetto segreto di alleanza tra la Francia ed il Regno di Sardegna. Il trattato prevedeva l’impegno della Francia ad aiutare il Piemonte nel caso che fosse attaccato dall’Austria; la costituzione alla fine della guerra di un regno dell’Alta Italia, con possibilità di annettere i territori delle Legazioni; la cessione alla Francia della Savoia (la sorte della contea di Nizza era rinviata ad una successiva occasione). Al trattato erano annesse due convenzioni, una militare e una finanziaria. La prima stabiliva che le forze alleate da impegnare in Italia sarebbero state di circa 300 mila uomini, 200 mila francesi e 100 mila sardi; che il comando supremo sarebbe spettato all’imperatore. La seconda stabiliva che le spese di guerra sarebbero state rimborsate alla Francia dal regno dell’Alta Italia per mezzo di annualità corrispondenti a un decimo delle entrate annue del regno stesso (GS).
la guerra svanisce
Nel febbraio del 1859 la situazione era questa: il ministro degli esteri francese, Walewski, era contrario alla guerra; il ministro degli esteri inglese, Malmesbury si era persuaso che l’Inghilterra doveva in ogni modo adoperarsi ad evitare la catastrofe che “two or three unprincipled men” “due o tre uomini senza principio” minacciavano all’umanità intera “for their personal profit” “per il loro personale tornaconto”. Ai suoi occhi null’altro muoveva Napoleone III, incalzato dalla paura fisica di nuovi attentati alla sua persona da parte di italiani, e null’altro muoveva Cavour, “a desperate adventurer” “disperato avventuriero”, pronto a tutto per uscire dalla disastrosa situazione in cui il suo governo si trovava, a causa delle difficoltà finanziarie (R3). Lo stesso Napoleone sembrava indeciso ed appariva indecifrabile il suo pensiero. Nel frattempo la situazione di Cavour si faceva insostenibile di fronte all’opinione pubblica piemontese e italiana, che aveva puntato sul fatto che Cavour sarebbe riuscito a costringere l’Austria alla guerra. In questo scenario, il 18 marzo, si inserì la proposta russa di un congresso delle cinque grandi potenze sulla questione italiana. Probabilmente la proposta era stata ispirata da Napoleone che non voleva apparire infedele agli accordi presi con il Piemonte, ma di questo mancano le prove. In ogni caso Napoleone aggiungeva, nell’informare Nigra della proposta russa, di essere favorevole perché sperava di ottenere vantaggi per l’Italia: ma questo non era importante per Cavour che, se non scoppiavano le ostilità, avrebbe dovuto dare le dimissioni, avendo puntato tutta la sua credibilità sulla guerra. Vittorio Emanuele, convinto ormai del fallimento del piano di Cavour, lo attaccò addebitandogli di averlo costretto a fare merce di scambio di sua figlia quindicenne, Clotilde, per ottenere l’adesione di Napoleone alla guerra contro l’Austria (R3). Cavour corse a Parigi e minacciò Napoleone III di rifugiarsi in America e di pubblicare la propria versione dei fatti, con i documenti in suo possesso [ovviamente la censura carignanesca ha ben nascosti, o distrutti, questi documenti]. Scrivendo all’imperatore, Cavour affermava che “nous sommes perdus sans retour”, che il re sarebbe stato costretto ad abdicare, che i ministri, a cominciare da lui, sarebbero diventati oggetto della pubblica esecrazione, che su di lui ricadeva la responsabilità “des désastres qui menacent mon Roi et ma patrie” “dei disastri che minacciano il mio re e la mia patria”. A Parigi Cavour incontrò il principe Napoleone (il marito di Clotilde), lord Cowley, con il quale ebbe un incontro piuttosto brusco, l’ambasciatore di Prussia Pourtalés, Szarvady emissario del capo della rivolta ungherese Kossuth, ed infine, non si capisce perché, Rothschild. Cavour quando il 30 marzo lasciò la capitale francese aveva “la disperazione nell’anima” “le désespoir dan l’âme” (R3).
la pace
Nelle innumerevoli trattative tra le potenze che dovevano partecipare al congresso, si fece strada una proposta inglese di disarmo generale, che fu accettata dall’Austria e che non poteva non essere accettata dal Piemonte, se non facendo apparire chiaro che il suo scopo era far scoppiare la guerra, non evitarla. Alla lettura dei due telegrammi provenienti da Parigi che comunicavano che la Francia aveva “consenti à ce que l’exécution du désarmement au lieu d’être régléé à l’ouverture du Congrès, soit régléé à Londres avant l’ouverture” “acconsentito a che l’esecuzione del disarmo, invece di essere regolato all’apertura del Congresso, dovesse essere regolato a Londra prima dell’apertura”, Cavour esclamò: “Il ne me reste plus maintenant, qu’à me donner un coup de pistolet et à me faire sauter la tête” “Ora non mi resta altro che darmi un colpo di pistola e di farmi saltare la testa” (R3). Il consiglio dei ministri, convocato da Cavour il 19 aprile 1859 per dare risposta alla proposta di pace, durante il quale Cavour fu messo sotto accusa da tutti i suoi colleghi, verbalizzava: “In seguito ai dispacci giunti stanotte, dai quali risulta che la Francia stessa ha accettato la base del disarmo generale, che debba precedere il Congresso, salvo a prendere i concerti per l’esecuzione, e salvo ad instare per l’ammissione del Piemonte al Congresso sulle basi del Congresso di Laybac, si delibera…”. Il verbale prosegue con il testo della risposta da dare che ritroviamo nel telegramma inviato a Parigi con l’accettazione della proposta inglese di disarmo che scongiurava la guerra: “Puisque la France s’unit à l’Angleterre pour demander au Piémont le désarmement préalable, le Gouvernement du Roi, tout en prévoyant que cette mesure peut avoir des conséquences fâcheuses pour la tranquillité de l’Italie, declare être disposé à le subir” “Dal momento che la Francia si è unita alla Inghilterra per chiedere al Piemonte il disarmo preliminare, il governo del re, pur prevedendo che questo provvedimento può avere delle incresciose conseguenze, dichiara, per la tranquillità dell’Italia, di essere disposto a subirlo” (R3).
decisione di suicidio di cavour
A questo punto la vicenda era chiusa: la guerra non ci sarebbe stata. E con la pace si sarebbe verificata la rovina politica, finanziaria e forse dinastica del Piemonte. Cavour il 17 aprile aveva scritto al nipote Ainardo una lettera piena di amarezza e di scoramento nella quale si preannunciava il suo suicidio. La lettera fu però spedita il 19 quando Cavour ebbe la certezza che la guerra non sarebbe scoppiata. Evidentemente Cavour sapeva che le cose si mettevano male e quindi aspettava la notizia dell’imposizione della pace, da parte delle grandi potenze, per suicidarsi. “Mon cher ami, grâce à un concours de circostances malheureuses et à la perfidie de l’Empereur, notre pays se trouve placé dans une position excessivement difficile et des plus fâcheuses. Je ne puis me dissimuler que la responsabilité de ces tristes événements ne retombe entièrement sur ma tête. Je dois par conséquent prévoir un avenir plein de vicissitudes et de danger. Mon devoir est de prendre mes dispositions en conséquence, et de puorvoir à des certains engagements qui ne sont pas moins sacrés pour ne pas être de nature à être publiés sans inconvenients. Dans ce but je dois faire mon testament. Mon intention a toujours été de t’instituer purement et simplement mon héreditier universel, en confiant à ta délicatesse et à ton affection pour moi l’exécution ponctuelle des engagements dont je t’ai parlé plus haut. Je ne doute nullement de toi, toutefois une assurance formelle de te conformer à ce que je prierai faire par une lettre que Tosco te remettrait en cas de mort, adoucirait l’amertume de ma position. J’espérais te lénguer un nom illustre et béni par les Italiens. Au lieu probablement ton nom sera associé aux malheurs de notre pays. Je t’embrasse” (R3). “Mio caro amico, per colpa di un concorso di circostanze sfortunate e della perfidia dell’imperatore, il nostro paese si ritrova in una posizione difficilissima e spiacevolissima. Non posso nascondermi che la responsabilità di questi tristi avvenimenti ricade interamente sulla mia testa. Devo perciò prevedere un avvenire pieno di vicissitudini e pericoli. In conseguenza devo prendere le mie disposizioni e provvedere ad alcuni affari importanti che non possono diventare pubblici senza inconvenienti. Perciò io devo fare il mio testamento. La mia intenzione è sempre stata di nominarti mio erede universale, confidando nella tua sensibilità e nel tuo affetto per me per l’esecuzione puntuale degli impegni dei quali ti ho parlato. Non ho alcun dubbio su di te, tuttavia una formale assicurazione di conformarti a quanto ti pregherò di fare nella lettera che Tosco ti farà avere in caso di morte, addolcirà l’amarezza della mia situazione. Io speravo di lasciarti un nome illustre e benedetto dagli italiani. Invece probabilmente il tuo nome sarà associato alle disgrazie del nostro paese. Ti abbraccio” (DB).
cavour brucia documenti
Chiusosi nello studio del suo appartamento ordinò che nessuno entrasse e si diede a bruciare e lacerare carte e documenti. Nell’abitazione si diffuse l’allarme e gli amici, Minghetti, Rodolfo Audinot e Farini sollecitarono Castelli, l’amico più vecchio e fedele fra tutti, ad intervenire. “Entrato nella camera – narra Castelli – lo trovai circondato da mucchi di carte che aveva lacerato e nel caminetto bruciavano molte altre. Mi guardò fisso e non parlava. Allora io con tutta calma dissi: “So che nessuno deve entrare qui; ma per ciò stesso io ci sono venuto” e, facendomi forza, soggiunsi: “Devo credere che il conte di Cavour voglia disertare il campo prima della battaglia, voglia abbandonarci tutti?!”. Cavour si alzò, mi abbracciò convulsivamente e dopo aver girato quasi fuor di sé per la camera, fermandosi davanti a me, pronunziò lentamente queste parole: “Stia tranquillo, affronteremo tutto, e sempre tutti insieme””. [Come sono brave le mosche cocchiere! Chissà se avrebbe scritto questo il Castelli, se le cose fossero andate altrimenti!]. La sera stessa Cavour scriveva a Giacinto Coiro: “Salveremo le vacche ma perderemo la causa italiana. L’imperatore è stato ingannato o è traditore. Credo che potrò fra breve abbandonare il ministero che aborro per andare a stabilirmi a Leri in modo definitivo” (R3). Considerazioni: 1- perdita documenti suicidio guerra; 2 – perdita documenti suicidio non guerra; 3 – perdita documenti non suicidio guerra; 4 – perdita documenti non suicidio non guerra; 5 – non perdita documenti suicidio guerra; 6 – non perdita documenti suicidio non guerra; 7 – non perdita documenti non suicidio guerra; 8 non perdita documenti non suicidio non guerra. Otto erano le possibilità. Se almeno una volta Cavour nella sua vita avesse raggiunto l’obiettivo prefisso, si sarebbe verificata la possibilità numero sei… e l’unità d’Italia si sarebbe realizzata in altro modo, sicuramente migliore! Invece… si è verificata la possibilità numero tre: abbiamo perso i documenti che avremmo voluto tanto conoscere, Cavour non morì e, con lo scoppio della guerra tra la Francia e l’Austria, si determinò il successivo assetto dell’Italia.
fonte
http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Personaggi/Cavour02.htm