C’ERA UNA VOLTA …a Baiae
Dies
Veneris. Hora Tertia. Baiae, domus di Gellia…
Particolare cura all’acconciatura dedicano le donne romane che, se ricche, hanno in casa la ornatrix, una serva addetta a tale
compito. I capelli sono in genere raccolti sulla nuca, in una crocchia che
copre il coculum (reticella); il resto dei capelli può essere arricciato e
lasciato cadere sulla fronte. Le donne devono comparire in pubblico col capo
velato da vittae (scialli o veli) o con i capelli raccolti in un reticello.
Le matrone portano una particolare acconciatura che
le distingue: è il tutulus, ovvero un insieme di bende intrecciate a forma di
cono attorno al capo per trattenere i capelli. Si usano anche voluminose
parrucche o trecce posticce e tinture; per esempio: il biondo si ottiene con il
sapo, ovvero sego (grasso) di capra e cenere di faggio.
Nel triclinio estivo della sua villa di Baiae…
Gellia è stata per due ore a depilarsi le gambe.
Vuole apparire bella e desiderabile. La depilazione è stata lunga, soprattutto
dolorosa. Cornelia, la serva, ha usato la pinzetta e la cera di resina e pesce,
bruciando i peli più tenaci con noci arroventate. Ora la pelle delle sue gambe
bianche, lunghe e affusolate, si è chiazzata di rosso intenso, brucia e avverte
un prurito insopportabile.
“Dell’acqua, Cornelia! Uh, ohi ohi! Dammi quelle
vesti…Ahi! Portami lo specchio e dell’acqua fredda. Anzi, freddissima!”
chiede isterica, urlando dal dolore.
Per truccarsi alla greca, anche lei si è cosparsa
il viso e le braccia di cerussa*, preparata con carbonato di piombo. Mette da
parte la fuliggine e sceglie l’antimonio per il contorno degli occhi dal colore
del mare, mentre usa il cinabro per le gote e le labbra già belle e
conturbanti, morbide e carnose, delicate e armoniose. Già così è una meraviglia
di donna, ma oggi intende fare colpo con un abbigliamento adatto all’occasione.
Lei sa bene che ancor più dell’acconciatura è
l’abbigliamento il vero segno distintivo della sua appartenenza sociale; gli
accessori stessi non sono puramente ornamentali, ma indicativi di ruolo, età e
rango sociale.
In un lontano passato, il buon vecchio Ovidio
affermò: “Le donne hanno tante maniere di acconciarsi più numerose delle
ghiande di una quercia”.
Finalmente, grazie alla frizione leggera praticata
sulle gambe con acqua adeguatamente fredda, ora può indossare lo strophium (una
fascia pectoralis, una specie di reggiseno) e il subligar (una sorta di perizoma
annodato alla vita). Alla hora quarta (dalle 9,00 alle 10,00) si va alle terme
Posidiane, e non intende sfigurare. Come tutte le giovani nobildonne, anche
Gellia è molta attenta non solo all’abbigliamento, ma pure ai colori; per cui
se c’è un colore di certo c’è un abbinamento, magari a una cintura, oppure ad
un gioiello con pietre dure colorate.
Di particolare bellezza e raffinatezza sono i
crotalia d’oro (orecchini) a tre pendenti di perle, le periscelides
(cavigliere), gli aghi crinali e le collane (monilia, catenae), e poi le
armillae (bracciali). Insomma, a farla breve, Gellia è tutta un provocante
scintillio.
Per modellare la tunica di lino usa un cingulum,
una cintura di stoffa, decorata con borchie dorate e pietre dure. Un giro e un
altro ancora e il malizioso gioco è fatto: l’uno incrociato sui seni mettendoli
in evidenza, l’altro intorno alla vita. Ora il suo seno già prosperoso sembra
esondare dalla stola, come avviene per il biondo Tiberino in giornate di piena.
“Come sto? Ti sembro bella?” chiede a Cornelia.
Soprattutto allo specchio.
“Sei bellissima, mia signora. Non ci sarà sguardo
maschile che non ricadrà su di te!”
Lucilla, la ornatrix, ha fatto davvero un gran bel
lavoro.
Rinfrancata, Gellia dà un ultimo ritocco ai
capelli, poi applica una buona quantità di Rhodinum* su collo e braccia ed esce
dal triclinio, accompagnandosi alla sua fedele serva.
La grande sala da pranzo è tutta affrescata da
tabulae coloratissime, con colonne in primo piano su un alto podio e colonnati
in secondo piano nella consueta fuga prospettica. Sulla parete che guarda a
Misenum, sull’architrave dell’edicola centrale domina una maschera teatrale,
con due bellissime anfore d’argento ai lati. Sull’altra, invece, si notano vari
elementi decorativi che danno prova dell’abilità dell’artista e della sua
capacità di rappresentare la natura con straordinario realismo: una coppa in
vetro con le melagrane, un cesto di frutta coperto da un leggero velo
trasparente, alcuni grappoli d’uva, una scena di caccia, e poi un fagiano al
centro di un vassoio poggiato su un piccolo treppiede, con ai lati menadi
danzanti come spiritelli, amorini giocosi e cacciatori, centauri e ninfe.
Continua….
* Cerussa: antico nome del colorante bianco, oggi
detto comunemente biacca o bianco di piombo;
* Proveniente dalla Persia, il Rhodinum – Profumo
alle rose dell’isola di Rodi – era composto da questi elementi basici: rosa,
onfacio, zafferano, calamo, miele, giunco, fior di sale o ancusa, vino e
cinabro.
Ph. Juan Giménez Martín: Un momento di vita quotidiana
e tolettatura nell’antica Roma, con una matrona romana intenta a farsi
acconciare i capelli da una schiava.
Ciro Amoroso