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Chi è il padre dell’ideologia? Cartesio!

Posted by on Nov 18, 2021

Chi è il padre dell’ideologia? Cartesio!

Cartesio è il nome italianizzato di René Descartes (1596-1650). Ebbe una vita movimentatissima. Viaggiò in lungo e in largo. La sua povera convivente, Helena Jans (che non sposò mai e che le diede una figlia), poverina, dovette accompagnarlo in questi continui cambi di residenza. In realtà, pare che Cartesio viaggiasse moltissimo perché cercava la magica Confraternità dei Rosa-Croce. Eppure quando si parla di Cartesio, si parla di un razionalista; ma -ahinoi- questo è il destino di molti -troppi- razionalisti.

Le sue opere principali sono: Discorso sul metodo (1637), Meditazioni metafisiche (1641), Regole per la guida dell’ingegno (1628-29).

Molto “modestamente” (si fa per dire) Cartesio si sentiva investito di un compito importante: rifondare la conoscenza.

Il modello per la filosofia sarebbe dovuto essere lo stesso della matematica e della geometria. Tutte le conoscenze finora acquisite -diceva- devono essere messe in dubbio. Addirittura ipotizzò una sorta di diavoletto ingannatore che potesse ingannare facendo sembrare vere cose non vere.

Dubitando di tutto, Cartesio perviene ad una prima certezza, ovvero che l’uomo dubita, che l’uomo pensa. Eh già! -afferma- se io dubito, vuol dire che penso, e se penso, vuol dire che esisto. Da qui la famosa frase che costituisce un po’ la sintesi della sua filosofia: Cogito ergo sum, che significa: Penso, quindi esisto.

Attenzione. Questo passaggio cartesiano, ovvero che la prima certezza non è più la realtà oggettiva (a cui la conoscenza umana deve conformarsi), bensì è il pensiero stesso dell’uomo, costituisce una vera e propria svolta del pensiero occidentale. Si passa dall’oggettivismo al soggettivismo: non è più l’oggetto che garantisce l’esistenza del soggetto, ma è il soggetto che garantisce l’esistenza dell’oggetto. E’ il battesimo dell’ideologia, che è appunto la pretesa di rinchiudere il reale nel pensiero e di fondare il reale stesso nel pensiero.

Proseguiamo. Secondo Cartesio, solo dopo che si sarà ammessa la prima verità (il soggetto pensante) si potrà scoprire l’esistenza di Dio. Distinguendo fra idee avventizie (quelle che al soggetto sembrano “venute dal di fuori”), fattizie (quelle formate o trovate dal soggetto stesso) e innate (quelle che sembrano nate col e nel soggetto), Cartesio scopre che la nozione di Dio come essere perfetto, eterno, immutabile non può avere origine né da alcuna cosa finita, né da noi stessi in quanto enti imperfetti, ma si rivela innata e non potrà che derivare da un essere che esista realmente così come è pensato (prova ontologica). Alcuni lettori per studi scolastici si ricorderanno di sant’Anselmo. Sembra che Cartesio si richiami a lui e alla sua famosa prova “ontologica” dell’esistenza di Dio. Resta il fatto che mentre il grande sant’Anselmo alla prova ontologica non ci credeva tanto e la utilizzava solo come provocazione, Cartesio, invece, la presenta come una cosa seria. Differenza tutt’altro che trascurabile. Continuiamo. Solo così potrà cadere -pensa Cartesio- l’ipotesi del Dio ingannatore, perché Dio, pensato per quello che è, in quanto perfetto e quindi anche verace, non può ingannare.

Chiediamoci: ma perché Cartesio non è partito allora da Dio? Risposta: perché a questa idea di Dio si può arrivare pensando a Dio. Insomma, prima il pensiero dell’uomo poi l’idea di Dio. Un vero e proprio capovolgimento del realismo scolastico (soprattutto tomistico) che muove dall’Essere in quanto tale (Esse ut actus) per giungere poi al riconoscimento degli esseri che sono partecipazioni dell’Essere in quanto tale.

A partire da questa “garanzia” fornita dalla veracità divina, Cartesio procede a dipanare i nodi della sua ontologia: dovendo accettare solo ciò che è chiaro ed evidente (idee chiare e distinte), riconosce nelle cose materiali solo la materia e basta. La materia diviene res extensa (sostanza estesa) e basta, e la separa in modo netto dall’altro tipo di sostanza, la res cogitans (sostanza pensante). L’uomo non viene più considerato come unica sostanza, ma come unione di due sostanze: il corpo (res extensa) e l’anima (res cogitans). Si tratta di un’unione di cui non si capisce più la ragione; un’unione ridicola: come quando si pretende incollare con acqua e farina due pezzi di ferro. Cartesio, infatti, dice che tale unione (tra corpo e anima) sarebbe data dalla ghiandola pineale. Siamo ad una sorta di “battesimo” del materialismo e del laicismo moderni: la netta separazione tra materia e spirito e quindi anche tra religione e politica. Si racconta che Elisabetta di Boemia (figlia di Federico V – 1596-1632) fece rilevare a Cartesio che la convinzione di un’assoluta differenza sostanziale tra anima (res cogitans) e corpo (res extensa) non si accordava con il fatto che esse si presentano interagenti sul piano fisiologico. Cartesio cercò di spiegarlo, ma senza successo; tant’è che la nobildonna dichiarò di essere rimasta non solo delusa dalle dichiarazioni di Cartesio, ma addirittura di essersi convinta della non esistenza dell’anima. Insomma, Cartesio sarebbe stato stroncato da una dilettante: né può essere altrimenti quando si affermano tali assurdità.

Concludendo, per la serie “la dieta deve iniziare sempre il lunedì”, Cartesio, in attesa di riformare radicalmente il metodo del sapere e di applicarlo anche alla morale, espone tre regole morali: 1. obbedire alle leggi e ai costumi del proprio Paese; 2. perseverare con fermezza e risolutezza nelle azioni intraprese; 3. cercare di vincere e modificare più se stessi che il destino.

Corrado Gnerre

fonte

Chi è il padre dell’ideologia? Cartesio! – Il Cammino dei Tre Sentieri

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