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CHI SONO I PRETI LIBERALI CHE SI INCHINANO Al PERSECUTORI DELLA CHIESA (Pubblicato il 10 febbraio 1863)

Posted by on Mar 30, 2020

CHI SONO I PRETI LIBERALI CHE SI INCHINANO Al PERSECUTORI DELLA CHIESA (Pubblicato il 10 febbraio 1863)

Sant’Ambrogio cacciava dalla Chiesa di Dio i governanti che ne avevano violalo la santissima legge; e alcuni 6gli di Sant’Ambrogio, alcuni membri del Clero di Milano, osarono venire in Torino a genuflettere davanti il signor Pisanelli, ministro di grazia e giustizia, lodandolo di avere perseguitato il loro superiore e di avere calpestato! sacri canoni e violato il diritto ecclesiastico! Questo fatto è così truce, così basso, così sucido che non troviamo parole per qualificarlo. Ci duole di non conoscere i nomi dei sacerdoti milanesi che vennero in Torino ad incensare il signor Pisanelli, che lo Zenzero di Firenze (N° 387 febbraio) chiama giustamente l’antipapa Pisanelli. Il pungolo del 8 di febbraio non ci da che i nomi seguenti:

«Ieri partì per Torino una deputazione del Clero milanese, composta da

(1) Atti uff. loc. cit. pag. 3915.

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Monsignor Calvi, proposto del Duomo, e del sacerdote Bianchi ed altri, all’uopo di presentare al ministro Pisanelli un indirizzo firmato da più di trecento sacerdoti, con cui Io si ringrazia dell’appoggio prestato in questi ultimi tempi al clero liberale, e lo si prega a voler continuare nella via da lui con tanto frutto iniziata».

La Gazzetta di Milano del 7 di febbraio 1863 pubblica il testo dell’indirizzo. Eccolo:

«Eccellenza,

«L’energico e sapiente indirizzo, al quale da ch’ella è ministro accenna la quistione del clero savio e liberale in Italia, consolava finalmente il minor clero lombardo delle umiliazioni e dell’abbandono a cui lo aveva condannato finora la condizione delle cose nostre clericali.

«Dopo le circolari dell’E. V. e i varii atti governativi emersi in varie diocesi del regno, la nomina dei tre nuovi canonici della metropolitana lombarda da V. E. sottoposta alla firma di S. M. ha rassicurati gli animi del clero e calmate le inquietudini nel popolo.

«Interpreti del generale sentire di questo clero, i sottoscritti non vollero ritardare il doveroso omaggio di riconoscenza all’E. V. persuasi che questa espressione spontanea varrà a compensarle le difficoltà della via a percorrere, affinchè col rivivere del clero liberale sia posto un argine a contraddizioni politiche tramate e dentro e fuori dei confini.

«Non ismetta, Eccellenza il nobile assunto, per quanto si tentasse di deviarnela anche da chi dovrebbe per ufficio incoraggiarla e si tenga certa che nel clero lombardo, il quale non ha mai separati dalla religione il re, la patria e l’ordine, avrà sempre un testimonio ed un assertore della di lei benemerenza verso l’Italia e la religione».

Santo Padre, come Cristo perdonava sulla croce, perdonate questi poveri preti, che abbandonano voi e sdegnano l’autorità vostra per inchinarsi a quella di un povero avvocato che v’insulta.

Qui vogliamo soggiungere alcuni giudizii di persone non sospette intorno ai così detti preti liberali.

Gazzetta di Torino. — «Vi è una setta di preti, una specie di demagogia pretina, i quali fin dai primordi della libertà in Piemonte e poi al costituirsi del Regno d’Italia pensarono di poter quella sfruttare ad appaiamento delle loro ambizioni e cupidigie. Presero a far rumore e a battagliare contro Roma, in nome delle dottrine di Roma, delle quali si facevano di propria scienza e autorità gl’interpreti, dandosi il vanto d’un facile martirio, col quale uccellare ai posti, agli onori, ed ai sussidii Costoro debbono ornai farsi persuasi che o declamatori di libertà, o seminatori di scandali, l’Italia non ha né voglia, né ozio da badare a loro, e darsi fastidio del loro pianti e martirii, come delle loro ire». [Gazzetta di Torino 19 febbraio 1864).

Discussione. — «Abbiam sempre detto, che non c’è genia peggiore dei preti spretati, o in via di spretarsi. Chi ne dubitasse ancora non avrebbe che a leggere la Pace (di Passaglia) È possibile mentire e calunniare più sfacciatamente? È questi saranno i preti che riformeranno la Chiesa, e libereranno l’Italia? Dio ne scampi i cani!» (17 febbraio 1864).

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Pungolo. «II prete liberale noi crediamo che esista, sì, desideriamo che esista; ma non lo cerchiamo tra que’ caporioni che intrigano alla Prefettura, che cercano usufruttane le timidezze del Governo, che credonsi necessarii per un Tedenm, o per un Oremus pro Rege; che scrivono articoli di fondo per provare la necessità di creare un clero governativo, privilegiatg; un clero che sotto il patrocinio dello Stato si possa fare impunemente usurpatore: un clero, che in ricompensa del Tedeum e dell’Oremus pro Rege, abbia dal Governo un aiuto a soddisfare le proprie ambizioni Il prete liberale non lo cerchiamo tra quelli, che rinunziano al proprio abito che trascurano il proprio Ministero, che si fanno tribuni da piazza». (Pungolo del 7 aprile 1864).

Baggio. — II prete, che sia stato sospeso a divinis dal suo Ordinario, non è quello, che l’uomo o la donna andrà a consultare Chi ha fede e sentimento cattolico, quando vuole aver direzione per la sua coscienza, non andrà dal prete, che sa essere sospeso a divinis, e che considera già come a metà ingoiato dalle caverne infernali (sensazione e approvazione). O il cittadino è cattolico, o non lo è. Se egli ancora accetta l’autorità della Chiesa Cattolica, e siate pur persuasi che non andrà mai dal prete sospeso e scomunicato, ma bensì da quello che sarà ossequente al suo vescovo. Se invece ha già respinto da sé l’influenza morale della Religione, non si recherà né dall’uno, né dall’altro. lo credo di non dir cosa non parlamentare, affermando che il prete sospeso a divini non ha più, come tale, credito e autorità veruna sui fedeli».

«Anche allorquando avremo guadagnato 500, o 1000, e 6000 preti italiani all’opinione del governo con pubbliche lodi, oppure ancora con incoraggiamenti più materiali: quand’anche con questi mezzi si riesca ad ottenere che quattro o cinquemila preti firmino un indirizzo al Papa per dirgli che abbandoni il poter temporale, od approvino una polemica diretta contro di lui e i Cardinali, io non credo che avremo veramente acquistato una forra efficace. Ed anzi credo poi questo sistema economicamente rovinoso». (Atti uff. della Camera, N° 1200, 1201, anno 1863).

Ausonio Franchi. — «(Religione del Secolo XIX, voi. 2 pag. 266): «Un Saccerote non può essere liberale, se non a patto di essere cattivo prete! Uno strano abuso di parole commettono i patrioti a chiamare preti buoni i ribelli alla Chiesa, e preti cattivi i fedeli alla lor professione. Il linguaggio di quasi tutta la stampa pecca di una simile immoralità. Contro di chi sono rivolte le sue quotidiane invettive? Contro quei vescovi, parrochi, preti e frati, che consapevoli del giuramento prestato alla Chiesa nella loro ordinazione, spendono la vita ad osservare e far osservare in tutto il suo vigore quella legge, che essi tengono dettata dalla bocca stessa di Dio. E all’opposto a chi sono profusi i loro elogi quotidianamente? A quegli altri ecclesiastici che, fastiditi dal loro stato e degli obblighi con esso contratti, rinnegano colle parole e con le azioni il loro abito, disdegnano il lor ministero, e si ribellano t dai lor superiori. Non vi ha qui un giudizio sommamente ingiusto? Come eccclesiastici non sono anzi i primi, che meriterebbero lode, e biasimo i secondi?».

«Quando un soldato se l’intenda col nemico e parteggi per lui, in tutte le lingue del mondo il fatto suo si chiama un tradimento! E nella milizia ecclesiastica non deve forse valere lo stesso principio e lo stesso criterio?».

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BESTEMMIE

NEL PRIMO PARLAMENTO ITALIANO

(Pubblicato il 19 aprile 1861).

Nella tornata della Camera dei Deputati, ch’ebbe luogo il 16 di aprile 1861, furono dette solenni bestemmie, che noi trovammo riprodotte nella relazione ufficiale. E quelle bestemmie poteronsi dire impunemente, senza che d Presidente della Camera chiamasse all’ordine il bestemmiatore. Riferiamo come documento il seguente passo del discorso del signor Petrucelli:

«Signori, vi è una scuola della filosofia della storia, la quale crede che il mondo è una lanterna magica, di cui Dio è l’eterno motore della manovella; vi è una scuola della filosofia della storia, la quale crede che l’uomo è destituito di ogni libertà, di ogni individualità, di ogni attività propria, di ogni energia, di ogni iniziativa; ma ve n’è un’altra ancora, la quale crede che tutto ciò che nel mondo vive, si muove, viva e si muova per propria spontaneità.

«Ora, se per una parte di questa assemblea v’è chi può credere alla prima dottrina, per un’altra si crede alla seconda (Movimento); imperciocchè io non posso credere che, se noi abbiamo una religione dello Stato, dovessimo altresì avere una filosofia della storia ufficiale.

e Ma io domando di qual Dio s’intende parlare (Mormorio al centro). Vi ha il Dio dei galantuomini, il Dio dell’onesta gente, dei filosofi, della gente dabbene, e questo Dio si tien fuori della portata degli uomini, ovvero questo Dio considera il genere umano tutto uguale. Per cui l’infinito vivente, come Michelet chiama l’insetto, l’infinito vivente ed il sovrano è tutt’uno; esso vede cadere collo stesso rammarico e una foglia d’albero nell’autunno e la corona dalla testa dei Re, e colla medesima compiacenza vede coronarsi di un fiore un filo di erba, e la testa d’un Re d’una corona.

«Ebbene, per questo Dio non vi è grazia. La grazia è un privilegio, una violazione del diritto, una mancanza di giustizia.

Ora il Dio di Kant, di Fichte, di Franklin, di Whasington non può volere che il diritto e la giustizia.

Se poi voi intendete il Dio del cardinale Antonelli (Rumori a destra 6 al centro), il Dio di Pio IX, io vi prego, o signori, di ricordarvi che questo non può essere il Dio di Vittorio Emanuele (Movimenti diversi). Questo è il Dio dell’Austria e dei Croati, e questi non possono volere il regno d’Italia né l’Italia.

«Questa grazia dì Dio poi, o signori, ricorda la storia delle crudeltà, ricorda re crudeli, re feroci; ricorda i re che hanno fatto abbruciare gli Albigesi. Se Vittorio Emanuele può essere re per la grazia di Dio, egli non potrebbe esserlo che come lo fu Enrico IV, Gustavo Adolfo, Federiceli, Caterina II; come Io fu Pietro il Grande e Napoleone I e III, quantunque anche questi prendessero il titolo della grazia di Dio per coprire con questo manto di porpora divina, quello il 18 brumaio, questo il 2 dicembre (Sussurri).

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«Il Dio di Vittorio Emanuele non può essere che il Dio dei grandi re; esso non può essere come Filippo VII di Spagna, o Ferdinando II di Napoli.

«Ma io domando: Qual è il Dio che creò Re Vittorio Emanuele, qual è la provvidenza che lo ha fatto Re d’Italia? La provvidenza di Vittorio Emanuele fu Vittorio Emanuele, lui stesso, quando a Palestra esponeva la sua testa (Bravo); la provvidenza di Vittorio Emanuele fu l’esercito francese, che scese a combattere per l’Italia, e l’esercito italiano che cinque volte respingeva il nemico dai colli di S. Martino; la provvidenza di Vittorio Emanuele fu Garibaldi (Movimenti) che gli ha portato due Regni

«Voci. No! No!

«Altre voci. Sì! Si!

«Petrucelli… Fu il conte di Cavour, che per dieci anni lavorò per la libertà d’Italia; fu Mazzini (Nuovi rumori alla destra e al centro), che per 30 anni propugnò l’indipendenza d’Italia».

Questo tratto è tolto testualmente dagli Alti Ufficiali della Camera, N° 72, pag. 255. I nostri lettori avranno inorridito vedendo come un Deputato parlasse di Dio. Non è più il Re di Napoli che si maledice, né il Duca di Modena; non si offende più il Clero ed il Papa, ma è Dio, Dio medesimo che si malmena, che si moltiplica, che si nega. Non si rigettano più le sole Allocuzioni del Papa, ma il Dio di Pio IX, e si vuole il Dio di Fichte, di quel Fichte che creava Dio nelle sue lezioni, che coll’io assoluto e coll’io fenomenale convertiva a riprese Dio nell’uomo, e l’uomo in Dio, propugnando l’ateismo e il panteismo, tutte le più fatali eresie.

Oh! signori Deputati, lasciate almeno Iddio a questo povero popolo d’Italia così maltrattato, così vessato nelle sue sostanze, nella sua fede, ne’ suoi affetti più preziosi; lasciategli quel Dio che visita le nazioni, quel Dio che umilia e che rialza, quel Dio che è paziente perché eterno, ma che è giusto perché è Dio. Questo Dio è la nostra speranza, il nostro conforto, e noi siamo certi del suo intervento in favore del diritto del Papa e della Chiesa. E forse, signor Petrucelli, ne siete certo anche voi, epperò bestemmiate questo Dio che temete!

«Combien le Dieu de la nature est différent du Dieu des prétres!» dicea Robespierre in Francia (Moniteur, 8 maggio 1794). «Il Dio di Pio IX non può essere il Dio di Vittorio Emanuele» dice il deputato Petrucelli in Torino. I principii dell’ottantanove producono i loro frutti sul Po, come li produssero sulla Senna.

Aspettiamoci a giorni di vedere portata in trionfo la Dea della Ragione. Forse che non abbiamo già visto comparire tra noi un giornale intitolato appunto la Ragione, e che proclamavala come una divinità? Forse che uno dei più attivi scrittori della Ragione non è oggidì uno dei Deputati più influenti? Forse che Ausonio Franchi, il fondatore e il direttore della Ragione, non insegna nelle nostre scuole la filosofia della storia?

In quella Camera dove due giorni fa voleansi dare solenni guarentigie al mondo cattolico, ora proclamasi l’ateismo. Se questa Camera si radunasse in Roma, il mondo cattolico udrebbe partire dall’alto del Campidoglio queste bestemmie, e Pio IX sarebbe costretto a sentire nella sua città condannato il suo Dio! di Diodi Pio IX non può essere il Dio di Vittorio Emanuele».

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E voi che dite questo, e la Camera che lo lascia dire, volete stabilirvi a Roma insieme col Papa?

Eppure sì! Dopo il deputato Petrucelli parlò il deputato Varese, e dichiarò proprio che voleva andare a Roma, e starvi. Uditelo questo messere.

«Signori, volete andare a Roma e starvi: ci andremo a Roma e ci staremo, perché l’Italia vuole la sua Roma: la sua Roma, notate bene, giacchè, oh Vituperio! ci avevano ridotti a parlar di Roma, come se Roma non fosse Italia! Vi sono ancora degli ostacoli, voi confidate rimoverli colla diplomazia, lo spero; e se la diplomazia fallisse, se la diplomazia si dimostrasse impotente, e nonpertanto andremo a Roma. O in un modo o nell’altro, noi sapremo persuadere al mondo che dobbiamo andare a Roma, che non possiamo a meno di andarvi, che è il nostro diritto. Ma andiamoci colla fronte scoperta, senza i vecchiumi che non dicono più nulla, e inventati per un tristo fine. Nessuno poi ci sospetti d’ipocrisia, che è mantello indegno». (Atti Ufficiati, N’ 72, pag. 256).

Noi non ci stenderemo di più su quest’argomento. Le parole che abbiamo riferito sono piene d’insegnamenti, dipingono gli uomini, annitnziano i disegni, mostrano la nuova Italia, e valgono meglio di un lunghissimo articolo. Solo ti sia permesso di aggiungere che nel primo Parlamento italiano, che si dice figlio della libertà, e fonte di libertà, la libertà umana venne negata, e il deputato Boggio stimò necessario di difenderla colle seguenti parole:

«Dacchè l’onorevole Petrucelli citava Fichte ed Hegel per dimostrarci che il concetto della Divinità non si concilia con quello della umana libertà, io gli posso citare Dante, il quale, nel canto xvi, se non erro, del Purgatorio dà una così bella e luminosa dimostrazione del come la volontà libera dell’uomo si concilii colla grazia di Dio.

«Valga il pensiero del gran poeta a risolvere i dubbi che ancora fossero nell’animo dell’onorevole Petrucelli, il quale certamente, al pari di me, ha fede nel genio e nel patriottismo di Dante Alighieri». (Atti uff. loc. cit.).

E pensare che nel primo Parlamento italiano bisogna invocare l’autorità di Dante Alighieri per provare che i Ministri sono liberi, che i Deputati sono liberi, che gli uomini sono liberi, che v’è una differenza tra il Sovrano ed un insetto, tra Petrucelli ed un coppo, tra Cavour e i serpenti a sonagli che si espongono in piazza Carlo Felice!

O Italiani, eccovi il bel primato morate e civile che vi procacciano i vostri rappresentanti. Essi convetlono il mondo in una lanterna magica, e con questa filosofia dulia storia pretendono d’aver fatto l’Italia!

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fonte https://www.eleaml.org/sud/stampa/vol_01_02_margotti_memorie_per_la_storia_dei_nostri_tempi_1865.html#governanti

1 Comment

  1. un’Italia nata male e finita peggio…lo vediamo oggi come si esprime nel sentire della gente… un Papa che cammina solitario per la Roma delle chiese e invoca su tutti in uno scenario unico dal pronao di San Pietro la salvezza dalla peste… e un Conte che farfuglia…a fronte di operatori solitari nelle zone dove infuria il covid e vive il popolo vero… le Regioni che fanno da sé perché Roma è il Papa non un governo che non esiste tranne a costare una barca infinita di soldi prosciugati dal popolo bue…. caterina ossi

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