Cicerone, massimo protagonista della via politica del tempo
La carriera Cicerone fu prodigiosa e di una eccezlonale longevità. Eletto senatore, le sue violente diatribe contro i suoi avversari politici erano paventate e di una temibile efficacia. Resta la lotta inespiabile che l’ oppose a Catilina con quattro testi di una violenza inaudita: le Catalinarie.
Non si poteva fare una maggioranza senza di lui. La sua aura fu eclissata da Cesare che lo tenne lontano dall’andamento del palazzo durante il suo regno. Verso l’anno 45, Cicerone scrisse allora dei trattati sull’eloquenza come pure delle opere di filosofia religiosa.
Cicerone scriveva, sessantunenne,il 16 marzo del 45 a.C., all’amico Attico, a Roma, a pochi giorni dalla morte prematura della sua dilettissima Tulliola, “deliciae nostrae”, come affettuosamente soleva chiamarla, scomparsa a soli 31 anni, per complicazioni dopo il parto.
Cicerone voleva essere ricordato dai posteri e quella di Cicerone fu vera ed autentica gloria consacrata negli scritti che formano il patrimonio e il vitale nutrimento della nostra“essere tramandato ad una gloria eterna, come egli scrisse nelle” Familiari”, per quanto aveva fatto per il bene supremo della Repubblica.Il politico,retore e filosofo romano qui a Formia venne a riposarsi per ritemprarsi dalle dure fatiche e politiche e forensi e che qui trovò atroce morte per mano dei sicari di Antonio.Quella di Cicerone fu vera ed autentica gloria consacrata negli scritti che formano il patrimonio e il vitale nutrimento della nostra cultura. Basterebbero le lettere ad Attico, le 4 Catlinarie e i trattati sull’arte oratoria e su la repubblica per farcene testimonianza perenne. Come avvocato, fu principe del foro, come oratore emulò e-secondo taluni – superò Demostene; come storico, fu insigne; come politico e filosofo, segnò linee di altezza democratica tuttora oggetto della nostra ammirazione. Se alternativamente gli mancarono la possanza e gli strumenti di divenire un capo, come Giulio Cesare, Augusto ed Antonio, tuttavia fu nemico dei tiranni e di chi congiurava per la tirannide.
Basterebbe l’invettiva contro Catilina, “quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra?”( Sino a quando, dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza? ?”)per farcelo amare e l’aforisma :”concordia parvae res crescunt”, con quel che segue, per farci meditare. “Le Catilinarie sono arringhe di altissima oratoria, impeccabili nello stile e nella classica sequenza dei temi. Da sole, basterebbero ad una fama immortale. Però la vera abilità di Cicerone avvocato è stata tutta consumata nella prima, che fu fatale a Catilina.
Comunque Marco Tullio pagò con l’esilio e con la morte la sua partecipazione alla vita politica, dando così la dimostrazione del rischio permanente cui ciascuno di noi si espone, quando abbraccia e difende con coerenza una causa degna di essere sostenuta, anche sein base ad essa è infrangibile il proposito di combattere l’errore senza sopprimerne fisicamente gli assertori. Per questo, ci piace ricordare Marco Tullio Cicerone.
La morte di Cicerone fu coraggiosa: Poteva fuggire facilmente.Ad un certo punto lo tentò : partì per la Grecia, dove lo aspettava Bruto. Dopo qualche giorno di , con il mare in tempesta, navigazione, tormentato dai rimorsi e dalle malinconie e scoraggiato di vivere, si fece sbarcare a Gaeta, tornando nella sua villa di Formia in attesa della morte. Questa non tardò a raggiungerlo e riscattò tutte le debolezze della sua vita. Se era timido di carattere, lo vediamo, invece, fiero e risoluto dinanzi alla morte. Non possiamo far a meno, ogni volta che ci pensiamo, di vederlo quale lo dipinge Plutarco, “coi capelli e con la barba rabbuffati, con il volto stanco e disfatto, mentre si tocca il mento con la mano sinistra, secondo un gesto che gli era familiare, e tiene fissi gli occhi negli assassini” Raggiunto sulla strada di Formia dai sicari di Antonio fu barbaramente decapitato. La sua testa sanguinante venne portata a Roma, perché fosse oggetto di scherno per Fulvia, la moglie del triunviro. E lei, in pieno Foro, infilzò nella lingua dell’oratore uno spillone tratto dai suoi capelli, per colpirne ciò che l’aveva maggiormente offesa. Ed anche perché con quel gesto efferato la matrona intendeva mettere a tacere per sempre l’ultimo, strenuo difensore della “Res publica romana”. Però non è stato così ella voce di Cicerone risuona ancora oggi, eterna e sublime.
Nonostante i suoi difetti, era un galantuomo e amava il suo paese. Se qualche volta si mostrò incerto ed esitante, ha finito, però, sempre per difendere quel che considerava giusto e secondo il diritto.
Cicerone fu uno dei massimi protagonisti della vita politica del suo tempo. Affascinante e straordinario oratore, volle dare una solida base ideale, etica e politica alla società romana.
Alfredo Saccoccio
Caro Alfredo, tu sai quanto ti voglio bene e come condivido il tuo affetto per il nostro don Michele Pezza ma, per quanto riguarda Cicero, il dicendi peritus di latina memoria, non ci siamo. Era un “chiattillo” e, se fosse vissuto ai nostri tempi, avrebbe di sicuro surclassato Andreotti (per cazzimma) e Bruno Vespa (per leccaculismo). L’ho sempre detestato, in particolar modo quando dovevo tradurre le sue noiosissime epistole e, proprio allora, per l’idea che me ne ero fatta, lo definii un democristiano ante litteram (definizione che in seguito avrei inopinatamente condiviso con Massimo Fini che, nella sua biografia di Catilina, lo definisce un protodemocristiano. Avevo visto giusto.
A proposito di Catilina, aggiungo che non era un traditore o un congiurato, come lo definisce la storiografia ufficiale, anzi. Più o meno come sucede con Fra Diavolo un vero ed intrepido eroe contrabbandato come brigante. Ti abbraccio.