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Cinquant’anni fa morì Totò, il “Principe della risata”

Posted by on Mar 15, 2017

Cinquant’anni fa morì Totò, il “Principe della risata”

Il prossimo 15 aprile ricorre il cinquantesimo anniversario della morte di Totò, pseudonimo del principe Antonio Maria Giuseppe de Curtis-Gagliardi Griffo Focas, nato nel famoso rione Sanità, attore comico, cinematografico e teatrale, artista unico, dotato di una singolare, mobilissima e umanissima maschera, di una originalissima, ineguagliata mimica, che lo portò ad un successo clamoroso e ad incassi eccezionali al botteghino, rivelandosi attore di rilievo in film importanti come “Napoli milionaria” (1950), “Guardie e ladri” (1951), “Dov’è la libertà?” (1952), “Una di quelle” (1953), “L’oro di Napoli” (1954), “Totò e Carolina” (1955), “I soliti ignoti” (1958), “Arrangiatevi!” (1959), “Risate di gioia” (1960), “Tototruffa ‘62” (1961) (celeberrimo lo sketch della vendita della fontana di Trevi da parte del falso cavaliere Antonio Trevi, ai danni del malcapitato immigrato italoamericano, Decio Cavallo), “Uccellacci e uccellini” (1966), con interpretazioni quanto mai significative della sua bravura, che lo resero popolarissimo e fatto amare in tutto il mondo, diffondendovi la gaiezza di Napoli.

Noi, di Antonio de Curtis, incomparabile ed originalissimo artista, abbiamo apprezzato, tanti anni fa, un libro di poesie inedite, in vernacolo napoletano, dal titolo “Dedicate all’Amore”, a cura della casa editrice Colonnese di Napoli. Si trattava di una raccolta di componimenti che Franca Faldini, la donna tanto amata dal grande comico negli ultimi anni della sua vita, e i suoi amici vollero che fossero pubblicati quale affettuoso “omaggio” all’indimenticato attore scomparso mezzo secolo fa.

L’opera, al di là dell’innegabile valore intrinseco (il popolare e celebre Totò vi si riconferma poeta), venne quasi a completare un discorso sul de Curtis poeta e uomo che si era aperto con “A livella”, edito quando Totò era ancora in vita, e la sua biografia curata, tempo fa, dalla stessa Franca Faldini e dal critico cinematografico Goffredo Fofi.

“La donna” ed altre, se è vero che avvertiamo, come afferma Antonio Ghirelli nella nota introduttiva al libro, l’eco del miglior Di Giacomo, è altrettanto certo che Antonio de Curtis riesce ad imprimere il sigillo dell’originalità, e perciò dell’arte, a tutta la sua produzione poetica.

Abbiamo detto che il motivo conduttore della silloge è l’amore di Totò per Franca e per la sua città, che egli prediligeva sopra ogni altra cosa, “riggina d’’e ssirene”, ma non mancano liriche in cui ricompaiono quegli spunti sociali già presenti in “A livella”, il lavoro dato alle stampe negli anni Sessanta, vivente ancora il poeta. Ma leggiamolo ancora dal vivo in “A vita è ingiusta”: ‘A vita è ingiusta pecché è fatta a scale./ Ognuno sta piazzato a nu scalino, /ma ‘sti scalini nun so’ tutte eguale: / so’ state predisposte da ‘o destino / ch’ha regolato chesta umanità.”

In un’altra lirica, “Riflessione” (‘A verità vurria sapé che simme / ‘ncopp’ a ‘sta terra e che rappresentamme; / gente e passaggio, furastiere simme;/ quanno s’è fatta llora ce ne jammo)! Questi versi ci dicono che, sotto la maschera del clown-Totò, si nasconde il volto di un uomo che ha maturato una propria filosofia della vita, fatta di compartecipazione affettiva al “male di vivere” che è degli altri, e di se stesso. Quando poi la “Riflessione” che abbiamo appena trascritta, la facessimo, tutti, un po’ più spesso, tanti problemi che ci assillano, ogni giorno, non avrebbero motivo di esistere.

Del principe di Bisanzio, abbiamo anche apprezzato la canzone “Malafemmina”, un brano che diverrà famoso in tutto il mondo, destinato all’eternità, cantato da grandi artisti italiani e stranieri, scritto nel Grande Albergo Miramare di Formia, nel 1951, durante la lavorazione del film “Totò terzo uomo”, diretto da Mario Mattòli e prodotto da Carlo Ponti e da Dino De Laurentis, in cui il de Curtis veste i panni del farfallone donnaiolo. La canzone sarebbe stata scritta da Totò, dopo l’infelice amore per Silvana Pampanini, conosciuta sul set di “47 morto che parla”, la quale aveva rifiutato la sua proposta di matrimonio. Qualcuno, però, sostiene che “Malafemmena” fu scritta e dedicata alla consorte Diana, colpevole di non aver mantenuto una promessa fattasi vicendevolmente.

Alfredo Saccoccio

Disegno di Davide Manzi

Disegno di Davide Manzi

 

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