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Con le zampogne di San Biagio Saracinisco alla conquista della Siberia

Posted by on Dic 31, 2024

Con le zampogne di San Biagio Saracinisco alla conquista della Siberia

Inevitabilmente, in questa stagione di domiciliari, che alla fine ti decidessi a mettere mano alle tante carte accumulate negli anni era, in un certo senso, nell’ordine delle cose. E così è stato. Con il risultato non solo di incrementare la raccolta di quella destinata al macero ma anche di scovare ritagli di giornali o appunti accantonati in epoche lontane pensando che un giorno, forse, ti sarebbero tornati utili.

Ipotesi, però, talvolta rimaste tali con la conseguenza che per quelle carte che ora ripassano tra le tue mani una decisione la devi comunque prendere: o gettarle nel cestino o utilizzarle in qualche modo. Soluzione, quest’ultima, che mi è parso opportuno privilegiare quando ho trovato un ritaglio di giornale, anzi de Il Giornale, di venerdì 26 gennaio 1990, che all’epoca misi da parte perché in esso si parlava del ‘Don Otello’, cinema ciociaro a Irkutsk, che è una città della Russia siberiana centrale, capoluogo dell’Oblast, situata, si fa per dire, a un tiro di schioppo da Mosca: appena 5.185 km.

A riferire la (per certi versi) sensazionale notizia era Lino Pellegrini, firma prestigiosa del giornalismo italiano, il quale, appunto, nel suo girovagare per il mondo, a San Biagio Saracinisco, si era imbattuto «con un ‘laziale-siberiano’» i cui nonni, ex zampognari, avevano aperto ben otto sale cinematografiche tra Siberia e Manciuria.

Quando Pellegrini lo incontrò, questo ‘laziale-siberiano’, che si chiamava Adolfo Donatella, aveva già «una ragguardevole età»: nato in Siberia e vissuto soprattutto in Manciuria, alla fine aveva preferito ritornare nel borgo natio dal quale moltissimi anni prima erano partiti i suoi bisnonni. Zampognari, naturalmente, «migrati in Siberia» dove, dal ramo zampogne erano poi passati al ramo giostre.

Adolfo racconta: «In due generazioni i Donatella salirono di livello sociale tanto da creare fra Siberia e Manciuria, ben otto cinematografi. Si chiamavano, quei locali, non già ‘Donatella’ ma ‘Don Otello’ in modo da dar nell’occhio».

Memore di questa chiacchierata, quando capita a Irkutsk, Lino Pellegrini non può fare a meno di chiedere alla sua «accompagnatrice buriata (una lingua mongolica parlata in Cina, Mongolia e Russia, nda) se per caso, nonostante il tempo trascorso, lei sappia di un cinema ‘Don Otello’. Risponde elettrizzante: “è quello lì. Oggi si chiama ‘Khronika’, ma tutti sanno che il suo primo nome era stato ‘Don Otello’”. E poi si trova proprio nel centro di Irkutsk».

Ho chiesto di Adolfo a Claudio Vettese, attento osservatore della storia del suo paese, il quale mi ha confermato, con maggiori dettagli, naturalmente, quanto scritto da Pellegrini: innanzi tutto, sulla sua nascita avvenuta a Čita, o Chita, capoluogo della Transbajkalia, regione della Siberia meridionale, nel 1911 e, poi, il suo ritorno a San Biagio sul finire degli anni Cinquanta del secolo scorso, dove poi sarebbero tornati anche i suoi genitori e dove sarebbe morto il 30 maggio 1989. Claudio mi ha detto ancora che Adolfo avrebbe avuto altri cinque fratelli, tra cui una sorella farmacista, trasferitasi in Cina, e che la mente della ‘fortuna’ dei Donatella sarebbe stato un suo zio, Antonio, che oltre ad aprire e gestire le diverse sale, avrebbe operato anche in altri settori dell’industria cinematografica.

Avendo la fortuna di poter fruire di un supporto come Google Earth ho voluto localizzare Irkutsk. Ebbene, devo dire che il mappamondo ci ha messo un po’ prima di soffermarsi sulla località richiesta se si tiene presente che tra San Biagio Saracinisco e Irkutsk corrono quasi 8.500 chilometri ed un migliaio in più se si vuole raggiungere Čita.

Se rapportiamo il tutto ad un paio di secoli or sono, vengono i brividi. Brividi di ammirazione per quelli come i Donatella di San Biagio che ebbero il coraggio di compiere un’avventura del genere con tutti gli annessi e connessi e facendo affidamento solo sulle proprie forze.

Ma questa, naturalmente, non è l’unica storia di emigrazione che nasce in questo caratteristico scorcio della Valle di Comino. E Claudio Vettese si sta dedicando proprio ad esse per poi raccontarle in un libro.

A me sarebbe piaciuto raccontarne una in particolare. Solo che, mi è stato detto da fonti bene informate, la sua protagonista pare disdegni far sapere in giro di queste sue ascendenze sanbiagesi tant’è che nelle sue biografie si parla di una nascita avvenuta sulle rive della Senna il 14 gennaio 1931. Come dire: noblesse oblige!

Purtroppo anche dalle parti di San Biagio la Seconda guerra mondiale ha fatto quello che ha fatto. E, fra l’altro, ha mandato disperse quelle carte che avrebbero potuto chiarire il tutto, ammesso che questa faccenda avesse avuto una diversa valenza. Ma, grazie a Dio, così non è. E, allora, di che preoccuparsi? In fondo, chi non apprezza non merita.

© Costantino Jadecola, aprile 2020

ripubblicato da Claudio Vettese

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