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Concilio di Costanza

Posted by on Nov 20, 2019

Concilio di Costanza

Il Concilio di Costanza risponde allo scisma che si era creato nella cristianità, si svolge dal 1414 al 1418, e in questo periodo la Chiesa era divisa in tre obbedienze papali, erano stati infatti nominati tre pontefici. Il concilio destituisce i tre pontefici con l’accusa di aver minato il primo articolo del Credo che è quello dell’unità, quindi vengono destituiti come eretici e scismatici, e in modo del tutto originale lo stesso concilio diventa conclave per il nuovo pontefici, e in modo ugualmente originale non parteciparono unicamente i cardinali. Tra le finalità del concilio c’era anche quella di affrontare le eresie.

La storia

Parte tutto dal conclave del 1378, il primo conclave che si teneva a Roma dopo molto tempo, questo conclave ebbe uno svolgimento piuttosto agitato, la maggioranza dei cardinali erano francesi, in ragione della forza dei numeri si poteva aspettare un nuovo papa francese e questo il popolo romano non voleva, reclamava a gran voce, e anche in maniera minacciosa, l’elezione di un papa romano, o almeno italiano. Per compiacere la folla, i cardinali elessero un italiano Bartolomeo Prignano che prese il nome di Urbano VI. Ben presto questo nuovo pontefice perse il sostegno di gran parte dei cardinali, dimostrò all’inizio una volontà di riforma e un comportamento un po’ arrogante, quindi si mise contro gran parte dei cardinali e volevano annullare questa elezione, ritenuta invalida perché era stata forzata e così non si era potuto scegliere il giusto. I cardinali così elessero l’anti-papa, Clemente VII, il quale cercò di stabilirsi a Roma, ma perse la battaglia e andò ad Avignone. Lo scisma era consumato e doveva purtroppo attraversare tre generazioni, fino a che sarà risolto nel Concilio di Costanza. Il mondo cristiano subito si è diviso, alcuni stati hanno scelto di seguire la legittimità del papa romano, altri dalla parte di quello avignonese. Dalla parte di Urbano VI, l’imperatore Carlo IV, l’Italia centrale e settentrionale, i regni scandinavi, l’Inghilterra, l’Ungheria, e la Germania settentrionale. Dalla parte di Clemente VII la Francia, il re di Napoli, il re di Spagna, la Sicilia, la Scozia e tutta una parte della Germania meridionale. Questo scisma ebbe delle conseguenze piuttosto negative, la prima l’indebolirsi dell’autorità papale, con un pericoloso rilassamento dei costumi e della disciplina. L’estensione dell’influenza dello stato nelle cose ecclesiastiche, entrambi i papi per avere l’appoggio degli stati dovevano fare delle concessioni, ampie concessioni ai poteri, ai principi, tutto ciò ha portato ad aumentare l’influenza dello stato.

Quando morì Urbano VI, fu eletto un nuovo papa romano Bonifacio IX. La prima soluzione era che uno dei due o i due avessero accettato di abdicare, questa prima soluzione ben presto si rivelerà impraticabile, si pensava di ristabilire l’unità ma solo in termini di vittoria del proprio campo. La seconda via è quella del compromesso, si è cercato di fare ma non ci fu nessun risultato. Quindi si arrivò alla via conciliale, dopo un incontro fallito a Savona nel 1407, questa sarebbe stata una soluzione di compromesso. Indignati dall’atteggiamento dei due pontefici che non avevano voluto incontrarsi questi cardinali decisero di convocare per l’anno seguente un concilio a Pisa, c’erano 24 cardinali di entrambe le obbedienze. La prima decisione importante fu di deporre i due papi e nominarli eretici e scismatici, e la seconda di eleggere un terzo papa Alessandro V, il quale prese dimora a Bologna e fu riconosciuto quasi da tutta la cristianità, ma la situazione non si risolse, i due altri papi non riconoscevano questo nuovo papa, dal 1409 in poi ci sono non più due ma tre obbedienze papali, situazione ancora peggiore di quella di prima. L’unica via rimaneva comunque la via conciliare, fu il nuovo imperatore Sigsmondo di Lussemburgo che convocò il concilio di Costanza, da difensore della chiesa. Riuscì a convincere Giovanni XIII, successore di Alessandro V, che non è stato contato nella lista dei papi, a convocare un grande concilio di unione, il concilio di Costanza che si riunì dal 1414 al 1418. Tre i motivi del concilio:

  1. Il primo quello dell’unità
  2. Il secondo di difendere contro le eresie
  3. E il terzo la riforma della chiesa.

I tre papi furono dichiarati eretici per aver negato l’articolo del credo “credo nella chiesa una, santa e apostolica”, e per aver rifiutato di anteporre l’unità della chiesa al loro proprio interesse. Il papa Pisano Giovanni XXIII che aveva convocato il concilio fu processato e deposto, pensava che il concilio l’avrebbe legittimato, il papa Gregorio XII di Roma fece conoscere la sua abdicazione, Benedetto XIII di Avignone invece si rifiutò di riconoscere questa deposizione e quindi fu deposto come spergiuro, scismatico ed eretico. Fu durante questo concilio che fu fatto un conclave, un conclave straordinario, perché sebbene si riunì durante il concilio, e per la prima volta l’assemblea si componeva non soltanto dei cardinali, ma anche dei rappresentati di ogni nazione. Questo conclave riuscì ad eleggere un nuovo papa Martino V, che fu universalmente riconosciuto, è la prima e l’ultima volta che un concilio ha partecipato all’elezione di un Papa. Un conclave del tutto straordinario non solo per la composizione che non era solo di cardinali, ma anche per il fatto che si è tenuto in un concilio.

Questo grande scisma ha avuto un impatto decisivo nello sviluppo delle teorie conciliariste, il successo di queste teorie, legato alla situazione del papato, l’idea di per se non era del tutto nuovo, evocata dai canonisti nel momento del conflitto tra Filippo il Bello e Bonifacio VIII, si era chiesto un concilio per giudicare il papa eretico. Il conciliarismo si può presentare come un corpo di dottrine ecclesiologiche che affermano un ruolo fondamentale al concilio nella vita della Chiesa e tengono a fare del concilio, lo strumento di un processo di riforma permanente. Dal punto di vista teologico i sostenitori delle tesi conciliaristiche sostenevano che la plenitudo potestatis, il potere supremo della Chiesa non apparteneva di per sé al Papa, ma alla Chiesa, la Chiesa è più grande del Papa, alla Chiesa quindi apparteneva il potere supremo e più esattamente al concilio, visto come istanza rappresentativa della chiesa universale. Dentro tutto questo c’è l’idea di limitare i poteri del Papa, di qualcosa di meno monarchico, di una monarchia costituzionale, nel quale il potere del papa è limitato dall’autorità del concilio. Le origini del movimento sono da ricercare nel mondo delle università, che per primo ha sviluppato queste teorie, in particolare le università di Parigi. Cristo fondatore della Chiesa aveva voluto che la Chiesa fosse una; tale volontà di Cristo aveva valore di legge e quando il papa viola tale legge il concilio è abilitato a riportare il papa sulla retta via. Quindi il potere del concilio era superiore a quello del Papa. La via conciliare viene consigliata dalle università per uscire dalla Chiesa, l’unica via valida era, Cristo fondatore della Chiesa aveva voluto che la Chiesa fosse una, questo aveva valore di legge, era impegnativa, se il Papa non rispettava più questa legge il concilio aveva il dovere di riportare la Chiesa nel retto cammino dell’unità.

La corrente moderata, che è quella che ebbe successo al concilio di Costanza, è rappresentata da Pietro d’Ailly e Giovanni Gerson (1363-1429). Pietro d’Ailly cardinale francese, discepolo di Guglielmo di Occam e definiva la chiesa come la totalità dei fedeli che vivono in un corpo mortale. Nel 1409 in uno scritto precisava che il Papa è il capo della chiesa, ma che il suo potere, anche se viene praticamente esercitata da lui, non gli appartiene in proprio, ma è di Cristo. Proponeva un altro modello di chiesa il potere del papa stemperato da quello dell’aristocrazia e dalla forma di democrazia che è il concilio, queste teorie saranno riprese e formalizzate dall’alunno Giovanni Gerson.

Giovanni Gerson era considerato uno dei maggiori teologi della chiesa del suo tempo. Egli non contesta la struttura gerarchica della chiesa e riconosceva la necessità di avere un capo visibile per la Chiesa, solo che il vero capo sposo della Chiesa, non era il papa ma Cristo, unico principio di unità. La chiesa poteva quindi in ogni momento giudicare e deporre il papa in quanto vicario del suo sposo, cioè riprendere per se stessa la potestà che concretamente esercitava il papa ma non gli apparteneva in quanto tale. Questi due autori ebbero un ruolo importante nel concilio di Costanza. Questo pensiero di Gerson è importante, è la chiesa come tale che ha la potestà, anche se il papa l’esercita. Le sue idee saranno riprese nel concilio di Costanza con i decreti Haec Sancta synodus (1415) e Frequens (1417), con questi si affermava che il concilio doveva essere convocato ogni 10 anni e che il concilio ha il pieno diritto di sospendere il papa in caso di scisma. Il primo decreto ricordava che l’autorità del concilio, in quanto legittimamente convocata tutta la chiesa cattolica era superiore a quella del papa, riceveva questa autorità direttamente da Cristo, in virtù di questo dichiarava poter in qualche modo esigere obbedienza e sottomissione da ogni membro della Chiesa compreso il Papa, fu in virtù di questo decreto che il concilio poté in qualche modo procedere alla deposizione di Giovanni XXIII. Il secondo decreto riguardava la periodicità dei concili, faceva obbligo al papa di convocare periodicamente un concilio generale. All’indomani di questo concilio ci fu un forte conflitto tra papa e concilio, si discusse molto sull’interpretazione da dare a questi decreti, la maggioranza ha sempre dato una portata particolare, non generale, una legislazione di emergenza, ma ci sono anche fino ai nostri giorni, chi sostiene una validità generale di questo concilio.

Il fatto è che dopo il concilio di Costanza ci fu una corrente molto più estremista che si affermò nel 1431: si riunì un concilio a Basilea, ben presto portò a un conflitto tra il concilio e il papa Eugenio IV. Per questi autori conciliaristi, il potere apparteneva al concilio, definito infallibile e non era limitata ai casi estremi di eresia o scisma, ma in qualsiasi altra circostanza. Un braccio di ferro tra Eugenio IV e il concilio, nel 1437 si arriva a un conflitto, il papa decise di spostare il concilio da Basilea a Ferrara e poi a Firenze, dove si cercherà di ricomporre l’unità con la chiesa di oriente. La maggior parte dei membri dell’assemblea di Basilea si rifiutò di ubbidire al papa e continuò i suoi lavori. Il papa secondo il concilio non poteva né sciogliere né trasferire il concilio senza il consenso del concilio stesso, perché l’autorità del concilio era superiore a quella del papa, nel momento in cui questa verità venisse trasgredita il papa poteva essere giudicato eretico, e quindi il concilio depose il papa e fece papa Felice V regnò 5 anni e poi abdicò. Con questa decisione il movimento conciliarista era nel suo momento culminante. Tuttavia a partire dal 1440 si assiste a un’inversione di tendenza, un certo numero di autori conciliaristi si convincono che non si poteva andare avanti con un atteggiamento così intransigente che finiva per andare a minare l’unità della chiesa e quindi iniziarono a cercare un compromesso tra le due posizioni. Il papa doveva riconoscere che la sua autorità andava esercitata all’interno della chiesa e non sopra e dall’altra parte il concilio doveva rinunciare a essere considerato tutta la chiesa. C’è un ritorno del principio monarchico soprattutto dopo lo spostamento del concilio a Ferrara, c’è un autore in particolare che portò avanti il pensiero monarchico, ed è Giovanni Torquemada (1388-1468). La mediazione del papa è fondamentale, non è giusto il principio secondo il quale la sovranità della chiesa apparterrebbe alla massa, perché la Chiesa è corpo mistico di Cristo e non di una società umana e di conseguenza a quelli che lo hanno ricevuto da Dio: i vescovi e i sacerdoti.

fonte http://www.testimonianzecristiane.it/teologia/vocabolario/conciliocostanza.htm

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