Controstoria dell’impresa dei Mille 1/ Da Quarto a Messina
Oggi iniziamo a pubblicare la Controstoria dell’impresa dei Mille. Si tratta di un’inchiesta in nove puntate che ripercorre la storia di questa volgare sceneggiata che solo la storiografia ufficiale italiana – nota per le ricostruzioni storiche fasulle – poteva trasformare in un’impresa ‘epica’. Ripercorreremo le tappe raccontate da Cesare Abba nel libro “Da Quarto a Volturno”. Ma lo faremo raccontando la verità: ovvero i tradimenti organizzati dagli inglesi e dai piemontesi ai danni del Regno delle due Sicilie. Naturalmente in collaborazione con il blog I nuovi Vespri
Cronaca di oggi, dell’8 maggio 1860.
Se Titti, il canarino stizzosissimo dei cartoni di Tom e Jerry, potesse leggere la vera storia dell’impresa dei Mille che cosa direbbe?
Semplice: “Mi è semblato di vedele un altlo gatto!”, non quello stampato nei libri di storia risorgimentale, scritti dai vincitori.
E non farebbe come quei disperati che a Marsala, il 4 maggio scorso, si sono riuniti per festeggiare un evento tragico per noi siciliani, la partenza da Quarto di Garibaldi e dei Mille.
Ebbene, poiché quasi tutti i siciliani hanno studiato la storia del Risorgimento nei libri ufficiali, con il risultato che arriviamo a festeggiare un colossale autogol, abbiamo deciso di scrivere un contro diario di quell’epopea, da Marsala a Messina, utilizzando un libro scritto da un perfetto cretino che non capì nulla di quello che succedeva attorno a lui, Cesare Abba, e qualche documento storico che la dice la verità, eccome se la dice!
Preparatevi. Oggi è l’8 maggio e le due navi, su cui in questo blog avete avuto qualche informazione (come potete leggere qui – e come potete leggere anche qui) il Piemonte e il Lombardo,con a bordo “i liberatori”, dopo tre giorni di navigazione, sono giunte nel porto di Talamone.
Che le navi siano state rubate per finta lo sapete già. Che sono state in realtà comprate da Cavour e “noleggiate” a Garibaldi ve lo dico io, prove alla mano.
Che ci fanno dunque i nostri “eroi” a Talamone? Ce lo dice Abba. I Mille hanno in tutto qualche fucile e un vecchio cannone; avrebbero dovuto essere riforniti di armi subito dopo la partenza da alcune scialuppe che però non si fecero vedere. Quindi le navi furono dirottate a Talamone, dove esisteva fortezza sabauda.
Qui i Mille furono riforniti di armi piemontesi. Garibaldi, per l’occasione, ci dice Abba, è “vestito da generale dell’esercito piemontese (il buffone!). Perché? Perché le armi gli vengono consegnate nella qualità di generale piemontese, come lui stesso si qualifica (il buffone!).
Abba, ebete tenerissimo, ci dice che “i lunghi capelli e la barba intera combinavano male con quei panni”. Altro che camicia rossa! Questo qui è meglio di Fregoli, di Mastelloni, i grandi trasformisti!
In tanto che si svolge questa delicata operazione di carico, alcuni “mille” vengono fatti sbarcare e “invadono” lo Stato pontificio; in realtà, si danno alle tipiche razzie dei pirati, ma vengono ricacciati a bordo dai contadini infuriati.
Le carte, anche se parzialmente, vengono scoperte e sessantaquattro mazziniani che ci avevano creduto, lasciano la spedizione.
Scrive Abba l’ingenuo: “Non vogliono più seguire il Generale, perché al grido di guerra ha mescolato (lui, il buffone!) il nome di Vittorio Emanuele”.
fonte https://www.inuovivespri.it/2016/05/08/controstoria-dellimpresa-dei-mille-da-quarto-a-messina/