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COSÌ HANNO COSTRETTO IL BANCO DI NAPOLI AL FALLIMENTO

Posted by on Mag 19, 2025

COSÌ HANNO COSTRETTO IL BANCO DI NAPOLI AL FALLIMENTO

Intorno al 1980 la Cassa per il Mezzogiorno, nel quadro dei suoi programmi per il Sud, ebbe ad assegnare a numerose aziende vari lavori, impegnandosi a versare loro i corrispondenti finanziamenti. E in questo quadro chiese al Banco di Napoli di anticipare intanto a dette aziende quei fondi, come prestiti che sarebbero stati rimborsati appena la Cassa per il Mezzogiorno avrebbe loro versato materialmente quei finanziamenti.

E in effetti il Banco di Napoli erogò a quelle imprese circa 7 miliardi di lire con pressoché 40.000 pratiche creditizie. Sennonché il 6 agosto 1984 la Cassa per il Mezzogiorno, come per caso, venne soppressa di colpo con decreto del presidente della repubblica dell’epoca, Sandro Pertini…

Sicché non poté erogare a quelle aziende i fondi che aveva loro garantito, e che erano stati intanto anticipati dal Banco di Napoli come prestiti. Quelle aziende si vennero quindi a trovare nella situazione di dover rimborsare al Banco di Napoli quei crediti coi propri mezzi.

Al riguardo l’allora governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e il ministro del tesoro Carlo Azeglio Ciampi espressero la convinzione che quelle aziende non erano in grado di rimborsarli, per cui li dichiararono senz’altro “crediti inesigibili”.

In base a questa dichiarazione – che era in realtà del tutto falsa poiché quei crediti erano invece ben esigibili, come dettagliamo più oltre – il Ciampi concluse che il Banco di Napoli, non potendo recuperare quelle somme, era a rischio immediato di fallimento. Per evitare il quale la Fondazione Banco di Napoli, proprietaria del Banco, doveva procurarsi i necessari fondi cedendo il 60% del suo capitale.

La Fondazione a dire il vero non ne era affatto convinta, sapendo bene che quei crediti erano in realtà esigibili, ma di fronte alle pressioni perentorie del governatore della Banca d’Italia e del ministro del tesoro non ebbe scelta. 61 miliardi invece di 400…

Tanto più che lo stesso ministero del tesoro Ciampi a un certo punto (si era intanto giunti al 1997) aveva organizzato un’asta pubblica specifica per detta cessione. Asta nella quale furono presentate due Opa (offerte di acquisto) l’una da Mediocredito Centrale (banca del Mezzogiorno) per 400 miliardi di lire e l’altra molto inferiore, per 61 miliardi, dalla Banca nazionale del lavoro Bnl congiuntamente all’Istituto nazionale di assicurazione Ina.

Era dunque ovvio che la vendita fosse aggiudicata a Mediocredito per quei 400 miliardi ma invece, incredibile, il ministero del tesoro l’aggiudicò a Bnl e Ina per quei 61 miliardi, svendendo quindi scandalosamente quel 60% del capitale del Banco di Napoli, con grave danno per la Fondazione che ne era proprietaria. Questo capitale così svenduto andò per il 49% a Bnl e per il 51% all’Ina.

Ma come aveva potuto quel ministero del tesoro, cioè appunto il Ciampi, realizzare una così evidente impostura… e perché? Aveva semplicemente escluso dall’asta Mediocredito, adducendo che non aveva indicato una banca da associare all’operazione per occuparsi della nuova gestione operativa del Banco di Napoli… pretesto del tutto incongruo trattandosi di una semplice formalità alla quale era ben facile ovviare.

“Se intervenite vi distruggo!”

Ed alla più che legittima reazione di Mediocredito, il Ciampi intervenne personalmente: fonti autorevoli riferiscono di una sua telefonata con la quale lanciò ai responsabili di Mediocredito un bel monito “se intervenite vi distruggo!”

Comportamento del Ciampi davvero sorprendente, che però sorprende meno considerando che il suo ministero del tesoro deteneva la totalità delle azioni di Bnl, per cui aveva interesse diretto a che la vendita fosse attribuita ad essa e non a Mediocredito, e tanto più per quella cifra inferiore…

Ciro Borrelli

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