Crisi: tasse sul reddito e tagli alle indennità (1831)
Sapevi che molte istanze e numerosi provvedimenti economico-finanziari in discussione nell’Italia di oggi, e altrove (si pensi al caso di Cipro), erano già stati affrontati nel Regno delle Due Sicilie, in particolare nel 1831. Al principio di quell’anno, in effetti, per via della crisi che attanagliava il suo regno, Ferdinando II promulgò una serie di decreti specifici.
Sulla scorta di una situazione triste per le casse dello Stato borbonico, con un debito che – e per trasparenza non lo nascose ai sudditi – ammontava a circa 4 milioni e 345 mila ducati, il sovrano – come illustrò in un decreto introducente una nuova ritenuta su soldi e pensioni – effettuò dei tagli, partendo da se stesso: si decurtò dalla propria borsa privata 180 mila ducati e dall’assegnamento della Real Casa 190 mila ducati (un po’, mutatis mutandis, come pochi giorni fa hanno dichiarato di fare i presidenti di Camera e Senato Boldrini e Grasso). Già riordinate le armate di terra e di mare, e riorganizzati i diversi ministeri, e non volendo incidere oltre né sulla proprietà, né sull’industria, per non arrecare grave ferita a queste sorgenti della pubblica prosperità, egli abolì il cumulo delle indennità e introdusse una nuova ritenuta sulle spese materiali, sui redditi delle classi medio-alte e sulle pensioni di grazia e di giustizia, quelle concesse cioè in virtù di onori e benemerenze. Detta tassazione non avrebbe gravato su impiegati e pensionati con un reddito minimo (fino a 25 ducati al mese), mentre sarebbe aumentata in proporzione per i redditi superiori. Del resto, secondo il terzo re duosiciliano, i soprassoldi, le gratificazioni, le indennità cumulate…sono un favore di eccezione, che per qualunque titolo conceduto non può essere continuato ne’ gravissimi bisogni dello Stato, tanto più che la prosperità precedente aveva arricchito alcune classi, le stesse che ora ben avrebbero potuto vivere con nuove tasse. Il peso di tali provvedimenti era bilanciato, nello stesso decreto, dal dimezzamento del dazio sul macinato, dimezzamento favorito dalle economie operate dai diversi ministeri. Con un altro decreto, promulgato nella stessa data del primo, Ferdinando II tra l’altro diminuì stipendi ed emolumenti degli amministratori comunali, dimezzò i diritti di contabilità che gli enti locali pagavano alle intendenze, limitò le spese per le feste civili, che potevano essere svolte soltanto nei capoluoghi di provincia, fissandone un tetto massimo. Come precisava l’art. 9 di quest’ultimo decreto, il risparmio dovuto ai previsti tagli alla pubblica amministrazione doveva essere “investito” nella riduzione delle tasse comunali e provinciali.
fonte
http://decretiamo.blogspot.com/2013/03/crisi-tasse-sul-reddito-e-tagli-alle.html
Saggezza e trasparenza di un tempo… che oggi non esistono per la moltiplicazione degli addetti e la faraggine dei rivoli di uscita delle risorse racimolate da imposte piu’ o meno onerose che sembrano pero’ non bastare mai… senza tener conto della stratosferica spesa per la burocrazia e i cosiddetti legisllatori… Ne hanno diminuito il numero? vedremo se calera’ la spesa!… a beneficio delle tasse non si sa… speriamo almeno della funzionalita’!… caterina ossi
Sembra che non dovremmo inventare nulla se si conoscesse nei dettagli come qui riportati come si regolava gia’ oltre tre secoli fa chi aveva responsabilita’ sull’economia, giustizia e benessere del popolo, che comprendeva tutte le classi, un tempo come oggi ma tutti avevano diritto di campare… Lo leggessero questo articolo anche i governanti o aspiranti tali di oggi… caterina ossi