Cronache dal brigantaggio e dintorni di Valentino Romano (XXI)

Il fiume della Storia trascina e sommerge le piccole storie individuali, l’onda dell’oblìo le cancella dalla memoria del mondo; scrivere significa anche camminare lungo il fiume, risalire la corrente, ripescare esistenze naufragate, ritrovare relitti impigliati sulle rive e imbarcarli su una precaria Arca di Noè di carta.
Claudio Magris
Fumel e i Reali Carabinieri.
Cosenza, aprile del 1863
Nell’aprile del 1863 il Comandante della Divisione dei Reali Carabinieri di Cosenza invia un rapporto confidenziale al Maggior Generale Ispettore delle Legioni Meridonali di Napoli sull’attività del colonnello Pietro Fumel. Costui, con il grado di colonnello, era stato mandato in Calabria alla fine del 1861, appena dopo la fucilazione di José Borges. Troppo grande era stato il pericolo di una generalizzata insurrezione armata nella regione perché le autorità governative non vi avessero subito posto rimedio: bisognava assolutamente debellare alla radice la mala pianta del brigantaggio nel quale aveva sempre allignato il germe della rivolta. Per la riuscita del disegno occorreva un personaggio che avesse il pelo sullo stomaco e questo Fumel parera proprio la persona adatta alla bisogna. Dal canto suo il piemontese, giunto sul posto e forte dei pieni poteri ricevuti, non aveva mancato di adoperarsi per meritare ampiamente sul campo la fiducia accordatagli nelle stanze del potere.
Racconta l’ufficiale dei Reali Carabinieri come, tra le prime cure di Fumel, vi fosse stata quella di disinfestare il cosentino dalla presenza di numerose bande di briganti. Era perciò partito da Cosenza alla volta di Bisignano con un apparato di forza composto d’una compagnia di Guardia Mobile, d’altra del 18° e di nr. 10 Carabinieri. Da Bisignano, rinforzato con la presenza della locale Guardia Nazionale, si era poi diretto alla Macchia così detta della Tavola che è divisa dalla strada che accenna a Napoli; ivi fattala circuire e perlustrare dalla forza distruggeva una banda d’otto ladroni ch’erasi colà annidata e colle sue depredazioni rendeva pericoloso il transito delle corriere e vetture nella detta strada.
Sempre nel medesimo rapporto viene fuori il modus operandi di Fumel che resterà tanto tristemente famoso da far impallidire persino quello del generale Manhès d’infausta memoria: uno dei malandrini rimase ucciso nel conflitto, altro ferito fu arrestato e gli altri sei sottrattisi colla fuga, avendo il sig. Fumel fatti carcerare i loro parenti, otteneva la presentazione di essi colle loro armi, e li faceva quindi fucilare nel luogo dei commessi misfatti ed attaccare poscia all’antenne del telegrafo che fiancheggiano la strada con un cartello al collo indicante i delitti che avevano commesso, ad esempio dei tristi.
L’esempio atterrisce non solo i tristi ma l’intera popolazione, dal momento che tale energica misura, non men che salutare esempio, produsse timor panico misto a terrore nelle popolazioni di quei paesi limitrofi e qui cominciò ad essere temuto e ad incutere timore il nome del Sig. Colonnello Fumel che sapevano fornito di pieni poteri.
Fumel però non si ferma e, come sinistro angelo vendicatore volteggia ovunque: si trasferì infine ad Acri colla forza che fece sussidiare dalla G.N. stanziale; poi raggiunge Corigliano per distruggere la comitiva dei Vulcanis; di seguito è la volta del comune di Saracena, Circondario di Castrovillari e quivi fece arrestare e fucilare un’orda di 11 malfattori appartenenti quasi tutti a quella G.N.le i quali avevano depredati e sequestrati quattro negozianti di Rossano… ed ultimamente portavasi nel Comune di Santa Caterina ed ivi faceva arrestare e fucilare altri 10 malfattori di quel Comune, i quali avevano tempo addietro ricattato un sacerdote dello stesso Comune.
Il colonnello non va certo per il sottile: minaccia, promette la grazie della vita e subito dopo fucila chiunque gli capiti nelle grinfie: molti altri briganti e malfattori vennero dal Sig. Fumel fatti arrestare e fucilare alla spicciolata, e ciò dietro propalazioni di altri briganti arrestati, cui prometteva la vita.
Il Comandante dei Reali Carabinieri, per un verso ammette che il colonnello ha ottenuto distinti ed importanti servizi in questa Provincia sia nella repressione dal brigantaggio che delle mene reazionarie.
Ciò è indubbiamente dovuto alla sua innegabile energia, a’ suoi eccezionali poteri, all’informazioni, indicazioni ed all’appoggio morale e materiale di questo Sig. Prefetto.
Non ci scordiamo però che ai “successi”ha contribuito pesantemente anche la zelante ed operosa cooperazione de’ Carabinieri sotto i di lui ordini, non che alla Guardia Mobile conoscitrice delle località e delle persone.
Insomma, onore al merito ma riconosciamolo a tutti i protagonisti.
Il rapporto pare un sincero tributo al valore e alla fermezza dell’inviato governativo ma, come talvolta succede, contiene una postilla finale che la dice lunga sugli umori dei Reali Carabinieri che, evidentemente, si sentono defraudati dei loro compiti istituzionali: la truppa di linea ed in ispecie i Carabinieri godono meritatamente in generale in questa Provincia la simpatia e la fiducia del pubblico per gl’importanti servizi da essi resi e che rendono all’ordine ed alla pubblica sicurezza e tanto più al presente in quanto che le Stazioni di questa Divisione sono quasi tutte attivate ed al completo della rispettiva forza, per cui sono in grado di potere con successo perseguitare il brigantaggio, tutelare la sicurezza pubblica, la vita e le sostanze de’ proprietari ove vi sia un forte impulso alle Guardie Nazionali stanziali a concorrere in tale importante servizio.
Allora, conclude il Real Carabineire, grazie per quello che ha fatto, ma basta così; visto che ha portato a termine la sua missione, non c’è nessun bisogno che ritorni in zona: senza togliere nessun merito al Sig. Colonnello ho l’onore di accertare la S.V. Illma che tranne piccol numero, i proprietari e signori sì di questa città che de’ singoli Circondari, non ravvisano necessario il ritorno del medesimo in questa Provincia per la repressione del brigantaggio.
E, se proprio i vertici lo vogliono sapere, chi ne reclama a gran voce il ritorno, non lo fa certo per amor della Patria e dell’ordine: infatti e le strombazzate e contumelie contenute nei giornali per le descrizioni da lui date, derivano più particolarmente dall’essere stata disciolta, a causa di queste, la Guardia Mobile ch’era sotto i di lui ordini, ascendente a 300 circa uomini.
Da costoro è rimpianto l’energico Fumel, ma unicamente perchè erano ben pagati e ben pasciuti, particolarmente i Sigg. Uffiziali, ed ora trovandosi privi di tali mezzi mormorano e fanno di tutto perché sia rimandato.
Come dire che, anche tra meridionali, pecunia – benché grondante di sangue spesso innocente – non olet!