Dalla Provvidenza alla Suprema Mano, alla Mano Invisibile e all’Astuzia della Ragione

Giuseppe Gangemi
Strano destino quello di Giambattista Vico. Di lui si è troppo spesso detto che è rimasto ignorato per tutto il Settecento e, invece, il consenso ottenuto da alcuni suoi concetti, mutato nomine, hanno contribuito a rinnovare i domini semantici più innovati del suo secolo: nell’economia politica, dove la dinamica sociale che Vico sintetizza come Provvidenza viene indicata con l’espressione Mano Invisibile;
nello speciale intreccio che Vico intuisce tra etica naturale e diritto naturale e che viene riproposto da Antonio Genovesi, Gaetano Filangieri e Mario Pagano. Conclusesi il 1799, il suo concetto di Seconda Barbarie, viene posto alla base delle interpretazioni storiografiche di Vincenzo Cuoco e Francesco Lo Monaco. Ce n’è abbastanza per concludere che Vico ha avuto molta più influenza sul Settecento Europeo di quanto si sia voluto affermare dopo. Siccome l’influenza di Vico su Genovesi, Filangieri, Pagano, Cuoco e Lo Monaco è nota, concentrerei la mia attenzione solo su Galiani, Smith ed Hegel.
Dichiarando che “l’uomo ignorante si fa regola dell’universo”, Vico intende che l’uomo ignorante, che presume di sapere quello che non sa, per non guastare l’opera della Provvidenza, deve procedere con cautela per poterla assecondare o dare piccoli aggiustamenti. Egli si riferisce a tutti gli ambiti dell’attività umana e non a una sola singola scienza.
L’idea di Vico, con nome diverso, ma non del tutto ancora laicizzato, Suprema Mano, sarà rilanciata da un suo allievo, Ferdinando Galiani, detto anche l’Abate Galiani, un anticipatore dell’utilitarismo e delle moderne teorie economiche smithiane. Galiani utilizza l’espressione in due parti del suo volume Della Moneta: “l’aiuto della Suprema Mano che alle virtuose imprese particolarmente si presta, e di cui sola ho bisogno” (1780, 2) implica che la Suprema Mano (o Provvidenza) aiuta le imprese virtuose e si ritrae di fronte a quelle meno virtuose o del tutto viziose che potrebbero portare verso la Seconda Barbarie; “Benedico al contrario la Suprema Mano ognora, che contemplo l’ordine con cui il tutto è a nostra utilità costituito; e nelle opere sue ovunque io mi rivolga non incontro altro, che giustizia, ed egualità”(1780, 53) implica che la Suprema Mano sia l’artefice di tutto ciò che, nel mondo, risponde ai principi di equità e giustizia (il resto è frutto dell’azione ignorante).
Galiani pubblica a Napoli il Della Moneta nel 1751 e nel 1759 va a Parigi come segretario d’ambasciata. Qui suscita ammirazione sia per il suo ingegno, sia per la qualità dell’illuminismo napoletano che lo ispira. Al punto che si dice che la duchessa madame de Choiseul, che teneva un apprezzato salotto parigino, abbia dichiarato a questo proposito:” noi francesi non abbiamo che gli spiccioli dell’Esprit de Lumière, a Napoli hanno i lingotti”. Giudizio che, sia o meno vero che sia stato pronunciato, personalmente condivido, attribuendo la superiorità all’aver molti di essi tratto ispirazione dalla grandezza di Vico. Giudizio che considero valido fino al momento in cui gli illuministi napoletani non hanno cominciato, per contingenze politiche che potrei comprendere, ma non giustificare, a imitare i Francesi mutando le proprie posizioni vichiane con quelle giacobine spinte dalla massoneria e dalla punta delle baionette francesi.
Anche immaginando che gli intellettuali Europei, perlomeno quelli non interessati al tema della circolazione monetaria, non abbiano avuto motivo di apprezzare il concetto di Provvidenza di Vico o quello di Suprema Mano di Galiani fin quando relegato nei libri (di Vico e Galiani) pubblicati a Napoli, rimane il fatto che, perlomeno tra gli economisti, il concetto di Suprema Mano deve essere circolato già dalla pubblicazione di Della Moneta. Tanto è vero che il concetto di Mano e l’azione che questa svolge si trova in un’opera di Adam Smith pubblicata lo stesso anno in cui Galiani viene mandato a Parigi. Dato il tempo che ci vuole per farsi una solida reputazione, difficile che il concetto di Mano sia rimbalzato da Parigi in Scozia, raggiungendo Smith, in pochi mesi per l’attività di frequentatore dei salotti parigini del brillantissimo Galiani.
Così, quando Smith rilancia il concetto, decisamente laico, di Mano Invisibile non c’è bisogno di molta immaginazione per ipotizzare che riprenda riflessioni napoletane presenti Vico e riproposte da Galiani. Fondamentale è l’operazione linguistica di Smith che toglie il riferimento religioso, implicito nell’aggettivo Suprema, e aggiunge un aggettivo, Invisibile, che sposta l’attenzione sulla caratteristica della religione cristiana paragonata a quella pagana. Nella Storia dell’Astronomia, uno dei saggi che compongono un’opera postuma che tratta di argomenti filosofici, pubblicata nel 1795, Smith ci tiene a precisare che il concetto di Mano Invisibile non è adatto a spiegare l’intervento degli dei precristiani nelle cose umane: “Si può infatti osservare che in tutte le religioni politeiste, tra i barbari, così come nei primi secoli dell’antichità pagana, sono solo gli eventi irregolari della natura ad essere attribuiti all’azione e al potere dei loro dei. Il fuoco brucia e l’acqua rinfresca; i corpi pesanti scendono e le sostanze più leggere volano verso l’alto, per necessità della loro stessa natura; né si pensò mai che la mano invisibile di Giove fosse impiegata in tali questioni. Ma tuoni e fulmini, tempeste e sole, quegli eventi più irregolari, erano attribuiti al suo favore o alla sua ira” (1795, 25).
Nella Teoria dei sentimenti morali del 1759, il concetto è applicato ben oltre l’economia politica, e questo rende poco comprensibile il fatto che, ancora oggi, qualcuno creda che il concetto di Mano Invisibile non abbia a che fare con il concetto di Provvidenza di Vico perché ha a che fare solo con il Mercato. In questa opera, in cui usa il concetto per la prima volta, Smith all’attività dell’intera specie umana: “Sono guidati da una mano invisibile a realizzare quasi la famosa distribuzione dei beni necessari alla vita … e così, senza volerlo, senza saperlo, promuovere l’interesse della società e fornire i mezzi per la moltiplicazione delle specie” (1761, 273-274). Dato il riferimento alla specie, è evidente che si intende indicare attività che generano dinamiche che non sono limitate al mercato, ma si estendono a tutti gli ambiti sociali. Solo, nella Ricchezza delle Nazioni, del 1776, Smith utilizza il concetto di Mano Invisibile con riferimento all’operatore economico che, perseguendo il proprio personale interesse, “è guidato, in questo, come in molti altri casi, da una mano invisibile che promuove un fine che non apparteneva alla sua intenzione” (2007, 349).
Ultimo a poter immaginare (e Benedetto Croce e Giovanni Gentile lo hanno immaginato e gridato forte a tutti i venti) che possa essere stato influenzato da Vico è il filosofo Georg Wilhelm Friedrich Hegel che riprende, ulteriormente laicizzata, l’idea originaria di una Provvidenza che agisce nel mondo e la chiama Astuzia della Ragione: quel fattore invisibile che fa che le azioni, che singoli individui compiono per il proprio vantaggio personale, finiscano per volgersi a vantaggio di tutti. Hegel cita Napoleone che, perseguendo la propria cupiditas di potere e fama, diffonde in Europa l’amore per la libertà predicato da Illuminismo e Rivoluzione Francese. Va sottolineato, però, che l’azione di Napoleone nella storia somiglia più all’intervento di un dio precristiano (tuoni, fulmini e saette che deviano la storia dal suo corso naturale) che a quella dell’Onnipotente Cristiano che interviene nella storia senza farsi notare troppo.