Dalle Poste ai Trasporti:l’Italia in svendita
Dopo Telecom, ora tocca alle Poste, un tempo baluardo e simbolo dello Stato italiano. Il processo di svendita delle grandi aziende della nostra penisola, che procede di pari passo con quello dei beni monumentali e immobiliari, continua senza sosta.
E si sa, dietro grandi svendite ci sono grandi interessi, rappresentati il più delle volte dalle grandi lobbies economiche e bancarie mondiali. Nel caso delle Poste Italiane, di cui per il momento sarà ceduto il 40 per cento delle azioni, si profila all’orizzonte un interesse della Deutsche Bank, che non a caso nel 2010 in un report aveva valutato il gruppo a dieci miliardi di euro.
Forse non tutti sanno che le Poste sono già una Società per azioni e quindi quotata in Borsa. La sua privatizzazione fu pianificata, assieme a quella delle Ferrovie dello Stato, negli anni Novanta del secolo scorso, quando lo Stato, riconosciutosi incapace di gestirle entrambe ne decise la trasformazione in società di diritto privato, conservandone però l’intera proprietà. Da allora, le dirigenze di queste due aziende hanno cominciato a ragionare in termini privatistici e di profitti, a scapito del servizio pubblico, presupposto per cui erano nate. I risultati oggi sono sotto gli occhi di tutti: limitazioni, disservizi e aumenti di prezzi continui a danno dei cittadini. Lo ha spiegato bene di recente Ernesto Galli della Loggia in un articolo pubblicato dal “Corriere della sera”: «Le Ferrovie hanno tagliato le linee dovunque fosse possibile, hanno trasformato gli spazi architettonicamente pregiati di grandi stazioni (come Roma) in una caotica fungaia di esercizi commerciali e di cartelloni pubblicitari, hanno scaricato tutto il traffico pendolare sulle Regioni; e alle tratte poco frequentate e poco redditizie dell’Italia meridionale hanno riservato un efferato servizio da Terzo Mondo di una volta. Allo stesso modo le Poste hanno chiuso dappertutto uffici postali a centinaia; in quelli oggi rimasti riservano la maggioranza degli sportelli ai clienti dei nuovi servizi nei quali si sono gettati per fare soldi (assicurazioni, servizi finanziari, carte di credito, telefonia mobile: come se in Italia ci fosse carenza di banche o di compagnie di assicurazioni). Naturalmente a scapito dei servizi tradizionali (pagare un bollettino di conto corrente in una grande città italiana può richiedere facilmente un’ora) e dei loro utenti (in genere la parte più anziana e disagiata della popolazione), costretti spesso ad attese interminabili e per giunta quasi sempre in piedi».
Per non parlare poi delle tariffe. Al cospetto di un servizio sempre più scadente, la dirigenza delle Poste non si fa scrupoli ad aumentare continuamente il costo delle “prestazioni” offerte. Ultima in senso cronologico la decisione di innalzare, sia pure nel giro di due anni, il prezzo della posta prioritaria da 0,70 a 0,95 centesimi e, soprattutto, quello delle raccomandate, di cui si servono frequentemente gli italiani, che passerebbe da 3,60 a 5,40 euro.
E tutto questo è accaduto e continua ad accadere con una Società, sia pure privata, controllata al 100 per cento dallo Stato italiano. Cosa dovremmo aspettarci invece da una sua svendita, per giunta ad una azienda estera che ha solo l’interesse a produrre risorse e fare profitti? E i politicanti, di governo e di opposizione, perché tacciono e non muovono un dito?
Mauro Finocchito
ps leggere ogni tanto cose di qualche anno fa e sempre utile….