Alta Terra di Lavoro

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DAMNATIO (O DEPOPULATIO) MEMORIAE? di Erminio De Biase (II)

Posted by on Lug 30, 2020

DAMNATIO (O DEPOPULATIO) MEMORIAE? di Erminio De Biase (II)

A questo articolo, pubblicato nel 2006 su l’Alfiere, nel corso degli anni, sono seguite numerose segnalazioni, solleciti, telefonate, ecc. ad ogni organo di Napoli e provincia, competente per i beni artistici. Silenzio assoluto.

Negli ultimi due anni, ho spedito numerose mail alla direzione del Museo Archeologico Nazionale, oltre a recarmici numerose volte di persona, sempre per sollecitare un interessamento da parte di chi di competenza. Sempre senza successo. Poi, finalmente, all’improvviso, la mattina del 19 febbraio scorso, mi è pervenuta questa risposta:

Gentilissimo dr. De Biase,

sono Andrea Milanese, conservatore-storico dell’arte del Museo Archeologico Nazionale.

Mi scuso del ritardo col quale la contatto, dovuto in parte a una serie di disguidi burocratici.

Provo a rispondere ai quesiti che ci sottopone, e lo faccio dopo aver letto il suo articolo su “L’Alfiere” del settembre 2006, nonché il fascicolo dell’Archivio Storico da lei citato in quella sede (III D8, 52).

Lei in sintesi si chiede, e ci chiede: possibile che non si trovino due statue certamente trasferite al Museo Nazionale nell’ottobre 1860, per quanto ben relegate in un deposito del palazzo («il Magazzino 4 al lato orientale del Museo» dice Raffaele Gargiulo)? Possibile, quando si tratta di due statue di marmo, per altro di due sovrani napoletani?

E poi ancora si e ci chiede: siamo sicuri che non siano state murate, e quindi restino ormai pienamente invisibili ai nostri occhi?

Ora – coi documenti che conosco (ho anche provato a cercarne altri ma senza successo), e con la competenza che ho sulla storia del Museo (dove peraltro lavoro ormai da tanti anni) –, almeno alla prima domanda, io le rispondo che è senz’altro possibile. 

E’ passato dal 1860 più di un secolo e mezzo, e in tanti decenni si sono succedute, oltre a due guerre, tantissime trasformazioni all’edificio del Museo, tanti lavori edilizi, tanti cambiamenti di allestimenti, tanti imponenti trasferimenti (dell’Accademia di Belle Arti, della Biblioteca Nazionale, della Pinacoteca oggi a Capodimonte) che a me pare difficile ipotizzare che due (non piccole) statue in marmo, con quel soggetto, stiano ancora da noi a nostra insaputa. Non so dirle cosa esattamente, ma possono essere successe tante cose, la più facile delle quali è il trasferimento, in un momento imprecisato (ma direi il Novecento), a sedi con competenza sull’arte moderna. 

Se poi le statue – ed è la seconda domanda, o la seconda ipotesi –, dopo essere state protette dietro un “tamburo di legno” (come dice la relazione di Gargiulo), siano state in un momento successivo letteralmente murate, allora la risposta deve necessariamente farsi più dubitativa.

Che dirle? Non posso certo escludere che dietro un muro possano ancora celarsi le due statue. Posso dirle però che è improbabile. Per due ragioni innanzitutto. La prima è che, nell’arco di 160 anni, ci sono stati nel Museo tanti di quei lavori edilizi che mi pare difficile – seppur non impossibile in linea teorica – che ci siano ancora due statue di marmo nascoste dietro un muro. La seconda ragione è che non vedo il motivo di una tanto radicale ‘reclusione’. Non è successo così ad altre testimonianze iconografiche d’età borbonica, a cominciare dalla statua di Canova, rimossa dallo scalone principale ma già riesposta come opera di Canova verso il 1890. Certo, le due statue in questione non saranno state di un artista di tale rinomanza, ma comunque erano pur sempre due sculture in marmo. Per questo mi pare più naturale pensare a un trasferimento, persino a un’accidentale rovina, piuttosto che a un’obliterazione ‘perpetua’ dietro una parete.

Un’altra difficoltà è che purtroppo noi non sappiamo precisamente a quale locale si riferisse Gargiulo quando parlava di «Magazzino n.° 4 al lato orientale del Museo». Devo presumere che si trattasse di uno dei locali a pianterreno del Museo prospicienti su Piazza Cavour (quindi il lato orientale del palazzo). Sono locali usati come deposito, in un caso come garage. E ancor oggi, come un tempo, sono noti col nome di “Cavaiole” (non usato però da Gargiulo).

Posso dirle che nelle prossime settimane andrò personalmente, insieme a qualcuno dei miei collaboratori (che ci leggono per conoscenza), a fare un sopralluogo per vedere se ci sia qualche dettaglio che si concilia con la sua ipotesi di nascondimento dietro una parete.

Ovviamente eventuali saggi dipenderebbero totalmente dalla volontà del Direttore del Museo.

Ad ogni modo la contatterò non appena fatta questa ispezione.

Per qualunque questione, non esiti a scrivermi personalmente.

Le mando intanto i miei saluti più cordiali,

Andrea Milanese

Che dire? A chi ci legge, l’ardua sentenza!

Io posso solo augurarmi che, fra qualche lustro, i miei nipoti che verranno a Napoli in viaggio di piacere, davanti a queste statue finalmente rinvenute, potranno finalmente esclamare non senza una certa soddisfazione: “Queste le ha fatte ritrovare il nonno!

Erminio de Biase

1 Comment

  1. Meglio tardi che mai! Intanto si e’ rinfrescata la memoria, sia nostra che conta assai poco, che degli “addetti ai lavori” come si dice… e chissa’ che invece non sia andata a finire in qualche collezione privata di qualche, si fa per dire, addetto ai lavori… e poi magari trasferitasi ovviamente non con le sue gambe! Intanto ben e’ stato fatto rinfrescare la memoria… chi lo sa che improvvisamente non salti fuori, ovviamente casualmente! da qualche parte… convuene insistere…. caterina OSSI

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