Detti popolari di Terra di Lavoro
Ce sta gl’addìtto (C’è il detto): I ritti antichi nun fallisceno maje (I detti antichi non falliscono mai)
Introduzione
Il campo della cultura popolare è molto vasto e tocca tutti gli aspetti della vita di un popolo: la religione, la politica, l’economia, la vita quotidiana.
Il sentimento del popolo si esprime per esempio attraverso la musica, la danza e i canti; la sua saggezza si esprime nei proverbi; e ancora nei racconti (i Cunti) nelle fiabe e nei componimenti poetici (d’altra parte, i testi dei canti popolari, non sono altro che delle poesie, con in più una melodia che cerca di meglio esprimere certi sentimenti); e ancora c’è il parlare del popolo, un parlare spontaneo naturale immaginifico. E c’è poi il teatro popolare, che mette in scena personaggi appunto del popolo, che spesso diventano caratteristici come nel Sud Pulcinella. C’è (meglio c’era) infine il fenomeno dei cantastorie, i quali erano dei letterati popolani che girovagavano per le piazze dei paesi dove si fermavano a raccontare vicende d’amore e di sangue o le storie dei paladini.
Insomma il repertorio è vastissimo. Il ricchissimo materiale della cultura popolare generalmente veniva tramandato oralmente e si può facilmente immaginare come, passando di bocca in bocca, fosse soggetto a modifiche, trasformazioni e deformazioni, a varianti, a tal punto che certi testi attualmente risultano in alcune parti incomprensibili.
Soprattutto a partire dall’Ottocento si è pensato di raccogliere questo materiale prezioso, per evitare che andasse definitivamente perduto.
Sono innumerevoli le raccolte di proverbi, di Canti popolari (ce ne siamo interessati anche noi, come ben sanno i lettori di questo mensile), i dizionari dialettali (anche noi abbiamo pubblicato alcuni anni fa un Dizionario etimologico della civiltà contadina).
Non è questo il luogo per fare qualche cenno bibliografico su queste raccolte; ci limitiamo a fare solo qualche esempio: per i proverbi si può consultare il Dizionario Garzanti di Boggione e Massobrio del 2004 (di circa un migliaio di pagine); per i proverbi napoletani, si vedano quelli raccolti da Altamura e Giuliani nel 1966.
Per i canti popolari i volumi di G. Vettori o Leydi o Savona-Straniero. Non è il caso di andare oltre.
Veniamo ai “Detti” di questa nuova rubrica. E qui sorge un problema grosso: cosa si deve intendere con questo termine? Come risposta facciamo nostre le parole che B. M .Quartu riporta nella introduzione al suo “Dizionario dei modi di dire della Lingua Italiana” (BUR 1993): “Motti, proverbi, modi di dire, locuzioni e frasi fatte sono tutte categorie che sfuggono ad una definizione precisa, anche se molti ricercatori, in epoche diverse, hanno spesso tentato di classificarli”.
La questione è molto complessa e non crediamo sia opportuno affrontarla in un mensile come “il Sidicino” che non è rivolto ad un pubblico di specialisti. Cercheremo perciò di volta in volta di collocare il materiale raccolto nella propria categoria.
Come abbiamo fatto per i canti popolari, riporteremo il “detto” così come espresso dal popolo, nella forma dialettale, ne faremo poi una traduzione prima letterale poi a senso; infine analizzeremo il detto sul piano fonetico, morfologico, sintattico e lessicale.
Nel dare il via a questa nuova rubrica, vorremmo rivolgere un caloroso invito ai gentili lettori per renderli partecipi di questo lavoro di ricerca: saremo veramente lieti se essi ci facessero pervenire “detti” da loro raccolti accompagnati da eventuali annotazioni; in lavori del genere è importante citare la fonte: perciò li invitiamo a fornirci il proprio nome e cognome, l’anno di nascita e il luogo di residenza.
Antonio Martone (da Il Sidicino – Anno XI 2014 – n. 2 Febbraio) |
fonte
http://www.erchempertoteano.it/Teano/Tradizioni/Detti_pop/Detti_pop001.htm