Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Diario di un eroe borbonico

Posted by on Mag 25, 2022

Diario di un eroe borbonico

Dal “taccuino” personale dell’anno 1900
del duca Giovanni Maria d’Alessandro
Il duca d’Alessandro di Pescolanciano era solito trascrivere notizie dell’epoca in cui è vissuto in agende e taccuini annuali. Questo del 1900 è la prima pubblicazione inedita. Il testo è stato riportato in forma più comprensibile.

Nono anno Funestissimo della mia vidovanza, avvenuta il 27 maggio 1892.

E’ passata la Mezzanotte, questo nuovo secolo di grande progresso si apre in tutto il mondo con grandi festeggiamenti! Il ricordo dell’amata consorte, del carissimo primogenito figlio Nicola,morto a soli 37 anni nel dì 26 Aprile 1894, e della compianta figlia Carlotta, venuta a mancare l’11 ottobre 1889 a 36 anni!

FIAT Voluntas Tua

In questo triste momento,la gente celebra questo grande evento di passaggio al nuovo Secolo.

Addio, romantici momenti di gioventù; il bel tempo che fù!

L’economia del Casato è sempre in crisi: il sequestro degli ex feudi – la “mano occulta” dello Stato Piemontese – l’esproprio del palazzo Pescolanciano (Napoli,attuale corso V.Emanuele) con sentenza del 1891, che volli per dar degna dimora alla Famiglia dopo la vendita degli agnatizi palazzi di Casa d’Alessandro. Le terre si spopolano: Collemeluccio, quel gioiello di bosco di nostra secolare proprietà è perso…Il vil denaro.

E’ questo un secolo di grandi speranze, ma quali per me ed i miei figli. Scrivo, ancora, con la luce irradiata da questo moccolo di candela. Il nuovo Mondo ha ormai la Luce, l’Energia. Energia per le macchine e li motori delle industrie delli piemontesi. Ivi è ormai segnato il futuro e il progresso economico di questo paese.

Italia, il tuo nuovo secolo saluta e lascia a Noi vecchi canuti “veterani” il ricordo di uno splendore di civiltà che dalla Magna Grecia inestimabili tesori artistici ha generato. Quei nostri tesori per riempire le sale delle case della ricca Borghesia ed Aristocrazia del Nord.

Le mie greggi pascoleranno in queste mie terre molisane! Me le vedrò portare via. I contadini, cosa festeggiano? La miseria più acuta, più triste(pg 2).

Le famiglie emigrano nelle Americhe. Salpano le navi, le sbuffanti locomotive portano via tante persone. Anche a Pescolanciano sono iniziati i lavori di una rete ferroviaria. La “Carrozza a motore” si è affacciata nelle città. Che malefico marchingegno che intende prendere il posto del nobile Cavallo. Così direbbe quel mio antenato Giuseppe, autore di un famoso trattato settecentesco “Arte del Cavalcare”.

Il motore, il volante, il gasoline come possono essere al pari di quelle articolazioni, quelle briglie, gli zoccoli con il calpestio. E quell’odore animalesco come può essere simile a quello nauseabondo di simil macchiana? Il nuovo Stato, la nuova Era le nuove conquiste. E questa è la Civiltà, decantata dal nuovo ceto sociale, il nuovo potere economico che va accentrandosi in poche provincie d’Italia e tra gli ELETTI del nuovo Governo! Cosa dire dell’affannosa corsa al riconoscimento di un titolo nobiliare, da parte di chi nel sangue non scorre una goccia di nobiltà d’animo e di progenie. Ma la nuova compagine Sabauda la impone. E’ un volere del Re (d’Italia) che necessita una corte riconoscente e alla moda(pg.3).

Consenso sociale, riforme, problema della miseria o dell’istruzione, della camorra tanti bei propositi di quei galantuomini, sostenitori di uno Stato progredito e avanzato, quale quello dei Savoia.

Noi, invece, abbiamo vissuto nell’oscurantismo, nell’era primordiale del feudalesimo, nello sfruttamento delle masse. Il nostro Regno era indegno per la civiltà dettata da (?) evoluti quale la Francia, l’Inghilterra. Cosa dire dei tesori d’Arte che ci hanno lasciato le varie monarchie da quella Angioina alla nostra ultima dei Borbone.

Il nostro Re era napoletano conosceva il suo popolo, la sua gente. Negletto – Assolutista –Bigotto..accuse diffuse dalla propaganda Sabauda e da chilli “lacché” invidiosi di riconoscimenti sociali.

Sotto Carlo di Borbone si è avuto sviluppo economico, sociale ed è arrivato – già da prima- quel tanto decantato “progresso”.

Il primo battello a vapore! Il primo “tratto ferroviario”! E non solo, i nostri re delle Due Sicilie ci hanno lasciato:

1. Teatro S.Carlo, 1737

2. Reggia di Capodimonte, 1748

3. Fabbrica di Capodimonte, 1743

4. Albergo dei Poveri, 1751

5. Reggia di Caserta, 1752

6. Gabinetto di Portici di Maioliche, 1771

7. Real Teatro del Fondo, 1778

8. Stabilimento di S.Lucio, 1789

9. Teatro S.Ferdinando, 1790

10. Orto botanico, 1804

11. Villa Floridiana, 1817

Manc’ gli uocchi ci hann lasciati,chisti Piemuntesi! FIAT..

In questa sera di feste e gioia mi ritiro in questi tristi pensieri, ed i ricordi affollano la mente! Abbiamo perso la nostra felicità. Le note di Paesiello risuonano nelle mie orecchie. E’ questo un inno dei toni trionfalistici di eterna risonanza e di indimenticabili emozioni. I posteri delle nostre terre sappiamo ricordare la musica della loro vera patria. Cosa è questo Inno di Mameli che si insegna nelle scuole ai giovani scolari? Questa è la musica del nuovo secolo che si accompagna alle marcie trionfali del Verdi. “O cuore chiuditi a riccio a queste note!”

Popolo delle Due Sicilie non dimenticare la melanconica musica di quei suonatori, ora ridottisi a mendicare.

Re Francesco, in un incontro a Roma, nel funesto esilio mi rivolse queste parole: “Giova’, Noi napuletani adoriamo ritmi (musicali) autentici e romantici, comme l’Inno nuost!”.

Dalle note musicali ai colori delle nostre Terre. Il giallo è quello dominante.

Il blasone dei d’Alessandro è ricco nei suoi quarti del colore giallo, ciò riprova la sentita fede per il nostro Regno Due Sicilie.

Ricordo nei giovanili anni di Corte gli incontri avuti con S.M. per gli incarichi e gli impegni da svolgere in Terra di Molise. Sua Maestà voleva il “risveglio” delle nostre terre, della gente nostra.

Arte, Sviluppo economico erano gli obiettivi voluti per la provincia di Molise.

La nomina che ebbi da S.M. di Sovrintendente Regio agli scavi archeologici di Pietrabbondante…(pg.6)

Il caro amico Principe di Bisignano, Sovrintendente Generale di Casa Reale mi designò per questo incarico. Coadiuvato da Francesco Sforza, che ricevette nomina di addetto alla Sorveglianza, e dall‘Architetto Gaetano Genovese iniziammo le operazioni di scavo e recupero di tutti gli oggetti archeologici. Quel tesoro di oggetti, di pietre, di antichi siti sannitici ci dava carica e l’impegno nell’impresa crebbe progressivamente. Giorno, dopo giorno, con animo trepidante vedevo affiorare sotto i colpi di zappa e piccone dei lavoranti, elementi architettonici ed oggetti che venivano inventariati… Il mosaico dei ritrovati archeologici si andò completando in poco tempo.

Un civiltà tornava a rinascere e dava spunti di riflessione. Un’attenta analisi sull’origine del sito fu fatta dal famoso studioso e amico T.Mommsen nel 1846. Allora, il tedesco, fu ospite nel nostro castello in Pescolanciano durante un suo viaggio di studio nelle nostre terre. S.M. Re Ferdinando II lo volle nel suo Regno ,invitato a compiere studi e ricerche sui siti archeologici in cantiere. Uomo dall’aspetto scarno, tenebroso, molto esile ma dagli occhi vivi e luccicanti mi accompagnò nei miei sopralluoghi a Pietrabbondante.

Re Francesco, in un incontro a Roma, nel funesto esilio mi rivolse queste parole: “Giova’, Noi napuletani adoriamo ritmi (musicali) autentici e romantici, comme l’Inno nuost!”.

Dalle note musicali ai colori delle nostre Terre. Il giallo è quello dominante.

Il blasone dei d’Alessandro è ricco nei suoi quarti del colore giallo, ciò riprova la sentita fede per il nostro Regno Due Sicilie.

Ricordo nei giovanili anni di Corte gli incontri avuti con S.M. per gli incarichi e gli impegni da svolgere in Terra di Molise. Sua Maestà voleva il “risveglio” delle nostre terre, della gente nostra.

Arte, Sviluppo economico erano gli obiettivi voluti per la provincia di Molise.

La nomina che ebbi da S.M. di Sovrintendente Regio agli scavi archeologici di Pietrabbondante…(pg.6)

Il caro amico Principe di Bisignano, Sovrintendente Generale di Casa Reale mi designò per questo incarico. Coadiuvato da Francesco Sforza, che ricevette nomina di addetto alla Sorveglianza, e dall‘Architetto Gaetano Genovese iniziammo le operazioni di scavo e recupero di tutti gli oggetti archeologici. Quel tesoro di oggetti, di pietre, di antichi siti sannitici ci dava carica e l’impegno nell’impresa crebbe progressivamente. Giorno, dopo giorno, con animo trepidante vedevo affiorare sotto i colpi di zappa e piccone dei lavoranti, elementi architettonici ed oggetti che venivano inventariati… Il mosaico dei ritrovati archeologici si andò completando in poco tempo.

Un civiltà tornava a rinascere e dava spunti di riflessione. Un’attenta analisi sull’origine del sito fu fatta dal famoso studioso e amico T.Mommsen nel 1846. Allora, il tedesco, fu ospite nel nostro castello in Pescolanciano durante un suo viaggio di studio nelle nostre terre. S.M. Re Ferdinando II lo volle nel suo Regno ,invitato a compiere studi e ricerche sui siti archeologici in cantiere. Uomo dall’aspetto scarno, tenebroso, molto esile ma dagli occhi vivi e luccicanti mi accompagnò nei miei sopralluoghi a Pietrabbondante.

Con il Mommsen riuscivo ad intendere le sue intuizioni, nonostante le difficoltà linguistiche che si frapponevano nelle nostre conversazioni(pg.7).Rileggendo le sue opere “Romische Gischichte” non posso credere di aver avuto questa grande opportunità di conoscere una così importante personalità accademica. Ancora conservo gelosamente la sua preziosa corrispondenza e mantengo buoni rapporti. Un suo caro ricordo lo custodisco gelosamente nella mia biblioteca. Trattasi della sua pubblicazione “Inscriptiones Regni Neapolitani Latinae”.

Siamo due anime pellegrine di un mondo che sta scomparendo. Due dannati in un paradiso di splendida civiltà.

Mi lascio alle spalle, tante conoscenze, avventure coronate di romantiche visioni. Come non ricordare le nostre ultime speranzose battaglie di ridare il carpito Regno a S.M. Re Francesco.

Gli scontri nei boschi, i nascondigli nelle caverne delle alture, le fughe a cavallo nella notte con l’esercito Regio alle calcagne. Un solo pensiero poi…alla moglie, ai figli in difesa della propria Patria. Fiat..!

Non posso dimenticare la morte di tante vittime innocenti per mano dei piemontesi. Le feroci e crudeli leggi di polizia per reprimere col fuoco quelle voci del popolo, che vollero giustizia(pg.8). E quegli ipocriti Bugiardi che fecero credere alle nostre genti di avere in promessa “Terre, giustizia”. Il colore rosso delle loro camicie fu pari al colore di quei campi macchiati dal sangue dei contadini, donne, anziani e fanciulli.

Pontelandolfo è una delle tante tombe di questa violenta repressione. Quelli (deceduti) forse non erano italiani? Figli di nessuno, Briganti!

Il nuovo secolo nasce con tante falsità raccontate, con tante vittime immolate a questi nuovi sovrani. Un giorno, forse, qualcuno parlerà di quei nomi di tali persone che vollero credere, realizzarono di essere stati ingannati e manifestarono il loro tipico sentimento napolitano. Noi, non “ci scurdamm ddo’ passat”. I Gigli della beneamata bandiera Napoletana sono rimasti nel cuore. Il pesante sacrificio economico-finanziario è frutto di queste “iniquità”, derivante dall’essere dalla parte dei Vinti!

Rientrato nel 1866 a Napoli, dopo l’esilio di Roma a seguito dei noti fatti di cui sopra, mi trovai con la Famiglia ad abitare in San Giovanni in Carbonara, sotto lo stretto controllo delle forze di Polizia. Maturai in quegli anni una sentita idea di ridare dignitosa dimora alla Famiglia(pg.9). Difatti, non possedevamo più tutti gli aviti palazzi, da quello di via Nardò a quello di S.Lucia a mare. La funesta vendita derivò per coprire quei debiti contratti dal duca Pasquale, mio nonno, a seguito della ben nota impresa manifatturiera (fabbrica di ceramiche 1780-1795) in Pescolanciano, del dannoso terremoto del 1805 che fece crollare il castello.

Nel 1870 iniziai, così, la costruzione di un imponente palazzo gentilizio all’attuale corso Vittorio Emanuele. Il palazzo fu edificato su un terreno acquistato a Luigi Gargiulo. Parte del terreno rimase come feudo rustico. La spesa totale per la costruzione del palazzo ammontò a circa un milione di lire. Solo per le decorazioni del salone da ballo furono spese circa cento mila lire.

Per finanziare questa operazione contrai con Nicola M.(figlio primogenito) vari mutui con l’Istituto di Credito Fondiario del Banco di Napoli. Ormai questa importante Banca, di secolare origine, è soggiogata alla politica monetaria della Banca Nazionale. E’ alquanto noto che quest’ultimo Istituto di Credito ha sottratto, con l’Unità, gran parte delle ricchezze monetarie depositate presso le nostre Banche del Regno. Il governo piemontese per saldare i propri danni di guerra ha provveduto con una vendita obbligata dei titoli del debito pubblico alle varie banche italiane, in cambio delle loro riserve auree. Queste riserve sono finite presso la Banca Nazionale, i cui diffusi sportelli applicano ottimi tassi di finanziamento agli imprenditori-costruttori dell’Italia settentrionale. Una sì tale iniqua politica vide la contrazione delle riserve auree del Banco di Napoli che ha dovuto ridurre la propria attività di prestito e finanziamento, nonché ad applicare tassi elevati costringendo noi clienti debitori a non poter far fronte più alle nostre obbligazioni. Questa politica governativa occulta ha mandato sul lastrico molti imprenditori del Sud. Il 30 dicembre 1891 il Tribunale Civile di Napoli sentenziò la vendita- a mezzo asta giudiziaria- del Palazzo Pescolanciano a favore del Credito Fondiario del Banco di Napoli. Fiat…!

L’ultima corrispondenza con S.M. re Francesco riferisce di queste mie sciagure che sono gravi quanto quelle Sue. S.M., ormai, mi scrisse che i suoi interessi non sono più di questo mondo. L’unica sua speranza avvenuta nel 1894 fu quella di rivedere la sua Napoli e venerare San Gennaro.

Un secolo si apre dimentico di questi illustri personaggi!!. Un grazie solo a Ferdinandiello Russo che ha saputo immortalare quell’eroina nel suo poema “O’surdato’e Gaeta”(pg.11).

Lascio alle mie spalle queste sciagure e tanta tristezza di non poter rivedere più la mia amata sposa Anna, venuta a mancare il dì 27 maggio 1892. Donna virtuosa, modesta, umile e caritatevole non avvezza al lusso e a quelle lusinghe seducenti del moderno progresso.

Lascio l’amaro ricordo di aver perso il mio primogenito Nicola Maria, morto il 26 aprile del 1894 (un giorno prima, un mese prima, due anni dopo) alla giovane età di anni 37, lasciando quattro piccoli orfani.

Lasciavo altro triste pensiero per altra mia figliola, Carlotta venuta a mancare l’11 ottobre 1889 a soli 36 anni. Fiat..

Il 6,9 maggio 1898 ricevo notizia di tumulti scoppiati a Milano a seguito dell’aumento del prezzo del pane, conseguenza di quella assurda guerra ispano-americana. Il popolo nella più assoluta miseria si rivolta a questa politica di un governo despota. Ovunque, in Puglia, Marche, Romagna sono scoppiati tumulti.

Questo governo risponde per mezzo del suo “taglia teste” Bava Beccaris, il grande generale che ha ordinato di far fuoco, in quei giorni, contro umili dimostranti nelle piazze e strade di Milano.

Altra risposta: emanazione di leggi eccezionali contro la libertà di stampa, dritti di riunione e associazione come stabilito dal governo Pelloux(pg.12).

Questa volta, questa gente come la si vuole chiamare? Briganti, dicevano quelli che erano assoldati dai Borbone per compiere assassini e rapine. Oggi il Regno d’Italia giustifica questi “massacri di strada”, sostenendo che trattasi di sobillatori anarchici e socialisti. Allora, chi erano quei fratelli d’Italia che indossarono “camicie rosse” portando nei vari Stati morte e distruzione. Emissari giustificati per una Santa causa: l’espansione del Regno di Sardegna su tutto il territorio peninsulare. Il tricolore che sventolarono nelle diverse capitali forse non era il vessillo di altro Re che furbescamente, mascherandosi dietro una Rivoluzione di Opportunità, si appropriò di un Regno.

Oggi quella stessa gente che acclamò quel vessillo scende nelle piazze per manifestare un disagio, dei diritti a sfamarsi. L’ingrata risposta di un Re che si dice erede del “liberatore” dei sovrani despota. I Borbone sovrani “oscurantisti”? E questi fatti di sangue, voluti dal capo di quella dinastia di combattenti, come definirli?

Fucilazioni sommarie sentenziate da quei tribunali militari, organi amministrativi di uno stato progredito, per quei umili contadini tacciati di ““brigantaggio”(pg.13); piogge di proiettili su una folla di donne, anziani e bambini che protestavano per la mancanza di pane. Ma niente deve meravigliare circa questo Regno, ove i rivoluzionari di ieri sono oggi i più accaniti anti-populisti, violenti assassini di inermi.

Questo è il Crispi!

Un caro amico Antonio Trombetta(noto fotografo-artista di Campobasso) è un mio confidente di questi pensieri circa la politica ed i fatti di questo secolo che si chiude. Egli intento a immortalare le più svariate immagini di questi tempi. Adoro i suoi lavori che sanno cogliere l’amara ed aspra realtà. Approva e condivide le mie riflessioni e spesso sa indicarmi la giusta risposta a questa mia inquietudine dicendomi che appartengo ormai ad altro mondo. Una razza in via di estinzione! E’ senza dubbio così. Il caro Antonio è sincero ed onesto, dice sempre tutto ciò che pensa senza riguardi. Per questa sua limpidezza, che riscontro poi negli stessi suoi lavori, io sono a Lui vicino e lo stimo. Ha ragione, io non potrò mai immedesimarmi con questo Regno, non riuscirò a capire un tale progresso, accettare nuovi valori, mode.

Sono l’ombra di un’epoca che si perde nelle pagine di qualche sussidiario scolastico(pg.14).

In questi ultimi anni del secolo che si chiude abbiamo sentito parlare di “Internazionale Socialista”, di masse popolari che prendono coscienza dei loro diritti rivendicando una possibilità di riscattare le proprie condizioni sociali. Con la crisi dei commerci sui mercati mondiali, a far data dal 1873, l’agricoltura -secolare mezzo di sostentamento di tutti i popoli- ha subito un grave tracollo, anche nelle nostre terre. Fu il settore più penalizzato che riportò un calo dei guadagni senza precedenti. La depressa economia agricola ha prodotto conseguenti problemi sociali, emigrazione ed abbandono delle terre verso quelle aree urbane e paesi ad economie più fiorenti.

In Molise sono stati contati circa 177 casi di espatrio nel 1876. Anche dalle mie terre se ne sono andati “bravi coloni”, partiti per le Americhe.

A Sprondasino ho dovuto abbandonare in quel periodo il mio progetto economico di gioventù. Quella tanto amata attività di coltivazione del gelso, che si estendeva per alcuni ettari intorno alla nostra Casina di caccia (quasi mille piante),con il rispettivo allevamento di bachi da seta è stata abbandonata per i motivi di cui sopra. Dava lavoro a circa 20 persone della zona (e restanti nuclei familiari). Era mio proposito nei 16 anni di impegnante attività, lo sviluppare per quelle zone una fiorente produzione di seta, tanto richiesta anche a Napoli. Proprio nel 1873 persi uno dei miei più valenti collaboratori terrieri, che seguiva tali coltivazioni, perché emigrò in Argentina!(pg.15)

29 luglio 1900 è stato giustiziato Umberto I di Savoia.

Apprendo la notizia nella confusione delle voci, dei giornali, tra la gente. Grande trepidante momento di panico sociale e politico. In questo nascente Regno d’Italia, tanto ambito e voluto dalle forze progressiste e liberali si annovera nella storia un primo Regicidio, mai riuscito come questo. Il secondo re d’Italia cade sotto i colpi di un mortale anarchico, il Bresci!

Questa notizia ci ha fatto incontrare al “Circolo”(il Whist in Napoli?).Abbiamo discusso e valutato la situazione. Il delegato di S.M. la nostra amata regina (Maria Sofia) ci ha portato buone notizie dall’estero.

Qualcuno dei più agguerriti soci ha sostenuto di entrare in azione partendo da Portici. Ivi, il gruppo del principe di……(non indicato) è alquanto attivo. Hanno pensato di proclamare una manifestazione di piazza. Questa volta potrebbe riuscire! Con il Passannante non si raggiunse l’obiettivo e non potevamo esporci.

Dalla questura ci sono,però, giunti segnali di stare in guardia da mosse azzardate. Hanno intensificato i controlli su tutti i sospetti. Dobbiamo cavalcare tutto questo malcontento esistente in città e fuori provincia.

L’altra sera ho visto un gruppetto di “brava gente” del rione di S.Ferdinando (Napoli), accompagnati da uno dei nostri soci. Erano ben armati, ma pochi per fronteggiare un esercito!

La speranza sopravvive, nonostante i 30 anni ormai superati(pg.16).

Il governo teme questa situazione sociale in Napoli e non intende “abbassare la guardia”. Sono, per questo, un sorvegliato speciale. Qualche socio ha proposto di far sventolare una grande bandiera con i nostri Gigli da uno di quei “dirigibili”, simile a quello di Von Zeppelin che ha trasvolato in questi giorni sul lago di Costanza.

Che straordinaria idea affiora in questo secolo nuovo che nasce all’insegna di un passato di passioni patriottiche – per una Patria che ormai esiste nei soli nostri cuori – e di un futuro di tecnologie che fanno sognare.

(Segue una serie di appunti di luoghi e persone, riferite forse alla benamata regina M.Sofia e suoi conoscenti)

Villa Hamilton

· Neully

· Sentire Don Angelo Insogna

· Malatesta…scrivere lettera

Ettore d’Alessandro

fonte

http://www.adsic.it/2005/02/04/diario-di-un-eroe-borbonico/#more-554

Il duca Giovanni Maria d’Alessandro a Roma dove rimase per diversi anni al seguito del re Francesco II dopo la caduta di Gaeta.
Il duca Giovanni Maria d’Alessandro in una foto molto particolare. Siamo infatti a ridosso del nuovo secolo e, pur a distanza di tanti anni, decide di farsi ritrarre indossando la sua divisa da ufficiale borbonico, volendo, con questo gesto, testimoniare la sua incrollabile fedeltà verso le antiche ed indipendenti istituzioni delle Due Sicilie
Un invito molto importante da parte del re Francesco II, per il duca
Decreto di nomina a Comandante dello Squadrone delle Guardie d’Onore
Bando emesso dal duca Giovanni Maria per richiamare alle armi i suoi concittadini in difesa del Regno delle Due Sicilie

1 Comment

  1. Quanta amarezza e quanto dolore in questo diario di un fedele borbonico… ha perso tutto ma non la lucitdita’ della memoria e degli eventi che hanno sconvolto il mondo intorno a lui in una deriva totale!.. caterina ossi

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