DIARIO FERDINANDO IV DI BORBONE
Con il recupero del nucleo archivistico che Francesco II, l’ultimo re delle Due Sicilie, nell’allontanarsi dal Regno, aveva portato con sé a Roma prima ed a Monaco di Baviera poi, l’Archivio di Stato di Napoli ha aggiunto ai suoi preziosi fondi una raccolta documentaria di particolare importanza per la storia del nostro Mezzogiorno durante la monarchia borbonica; e – con l’accurato riordinamento avvenuto tra il 1955 ed il 1960 – ne ha reso ormai possibile la completa, e sempre fruttuosa, consultazione.[1]
Di questo « Archivio Borbone» fa parte l’inedito Diario di Ferdi nando IV (poi I) che – con l’antico titolo di « Collezione del Giornale di operazioni di S.M. il Re Ferdinando» assegnatogli nel 1832dalla Segre- teria della Casa Reale – occupa nell’attuale inventario i numeri III-138, corrispondenti ai 28 volumi autografi che vanno dal 12 maggio 1796 al
3 gennaio 1825, con la sola lacuna dell’intero anno 1823.[2]
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Ferdinando IV cominciò a compilarlo, in modo continuo ed organico, appunto dal 12 maggio 1796. Pare che vi attendesse anche prima di tale data; ma di precedenti scritture del genere, per quanto sappiamo, non è rimasta altra traccia fuorché un cenno molto vago fattone nel 1836 da un Segretario borbonico[3] Il Re lo ha scritto tutto di propria mano. La grafia – solo in apparenza chiara ed ordinata nei suoi tratti alquanto elementari e tracciati forse lentamente – non è di agevole lettura; anzi, con l’avanzare dell’età del Sovrano, diviene sempre meno comprensibile. Tanto più che l’ortografia non è affatto corretta ed i segni d’interpunzione si riducono quasi alle sole virgole, usate un po’ per tutti gli altri e – per giunta – in parte sbiadite dal tempo.
La diversità d’inchiostro che si nota tra i gruppi di giorni, la diffe renza grafica che ad essa corrisponde, le cancellature che talvolta s’incon trano per errori di trascrizione cronologica, l’immediatezza o meno delle notizie, sono elementi che inducono a supporre che il Diario non venisse scritto proprio quotidianamente ma che, assai spesso, il Re prendesse appunti o compilasse una minuta da ricopiare in forma definitiva, appena possibile.[4]
La severità di talune note e di certi giudizi – specie nei riguardi
della moglie, la regina Maria Carolina – rivelano la segretezza nella quale riposavano queste pagine. Tuttavia, forse per naturale diffidenza o perché
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non troppo persuaso dell’altrui discrezione, Ferdinando IV ricorreva anche a parole o segni convenzionali, dei quali abbiamo cercato e, quando possibile, fornito la spiegazione.
La consuetudine dei diari o delle memorie era diffusa, a quel tempo particolarmente, in tutta l’Europa, presso uomini politici e letterati, ari stocratici e borghesi. Nella stessa Napoli, Maria Carolina scriveva -in un miscuglio di lingue che non inficiava di certo né il calore né il colore delle espressioni – il suo Journal, purtroppo andato distrutto 5; e ad analoga occupazione attendevano, com’è noto, Carlo De Nicola e Diomede liJ.arinelli, proprio e solo per questo passati alla posterità.
Ma il Diario di Ferdinando IV – l’unico vero diario di un monarca che noi conosciamo-, sul piano morale o politico, non si eleva dalla generalità, anzi è deludente e rimane di gran lunga inferiore ai Giornali, Journals, Mémoirs, ecc. di altri Sovrani o di contemporanei. Non può reggere, ad esempio, al confronto con le memorie – non del tutto originali – di Luigi XIV, il Re Sole, dense di meditazioni ed avvertimenti politici; o con il Tagenbücher del Goethe – con il quale ha in comune la laconicità enunciativa – destinato, in fondo, ad essere un rendiconto di pensieri e di opere dal quale trarre una forza per divenire migliori.
Nelle pagine del Sovrano napoletano vi è, invece, una semplice elen cazione di fatti, in parte abituali, ridotti tutti sullo stesso piano d’impor tanza e, perciò, racchiusi in uno schematismo arido e monotono, appesan tito da una prosa scialba, fredda e distaccata. Molto di rado vi si ritrova una lieve orma di passione o una vivacità descrittiva o un rapido com mento, quasi che questo inventario delle faccende e degli avvenimenti giornalieri di 29 anni di vita e di fortunoso – e pur fortunato – regno non riguardasse affatto l’assiduo estensore delle migliaia di pagine per sonali ed intime.
5 Il noto incendio appiccato dai Tedeschi alla Villa Montesano, dove erano stati trasportati i documenti più importanti dell’Archivio di Stato di Napoli per preservarli dai pericoli delle incursioni aeree che martoriavano e martoriarono la città, distrusse anche 25 volumi del Journal di Maria Carolina. Nell’Archivio Borbone sono serbati ora (f. 96) solo le parti che vanno dal 1°.1.1781 al 31.12.1785.
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Appunto per questo, abbiamo cercato d’integrare il più possibile la cronaca quotidiana del Diario stralciando dalla documentazione più opportuna – soprattutto inedita o trascurata – quanto, anche di meno importante, potesse concorrere, a nostro avviso, a far maggiore luce nella vita interiore ed esteriore di Ferdinando IV. Perché, purtroppo, al di fuori dei seri contributi storici – ma frammentari o sommari – destinati alla ristretta cerchia degli studiosi, la letteratura relativa a Ferdinando IV, pur copiosa sin dall’ultimo ‘700, non è valsa ad offrire diffusamente un preciso giudizio su questo Sovrano, proprio per la varietà troppo difforme della gamma di scopi e di toni, che va dalla satira più violenta alla più incauta apologia.
Se il Diario non può sodisfare – come documento – le ansiose e quasi sempre inappagabili esigenze degli storici, esso nondimeno è importante perché – offrendoci il modo di seguire giorno per giorno la vita del Sovrano, di scoprirne pensieri ed impressioni generali o particolari, di verificarne inclinazioni ed abitudini, sentimenti e risentimenti – ci consente di ricavare un profilo storico, umano, psicologico, di Ferdinando IV di assoluta attendibilità. E di creare, cosi, un concreto puntello per una ricostruzione storica organica del regno di Ferdinando IV sulla base di una problematica nuova, pit, rispondente ai rinnovati metodi ed alle larghe finalità della ricerca scientifica. Di questo studio, non certo lieve, è già da qualche tempo additata la necessità; anche noi – nel muoverci nell’àmbito di questo periodo storico, pieno di problemi non ancora esaminati od approfonditi – ne avvertiamo l’urgenza ed insieme la suggestione.
E la suggestione è giustificata, oltre tutto, dal fatto che il periodo del regno di Ferdinando IV rappresenta senza dubbio un momento decisivo del rinnovamento politico, sociale e culturale del Mezzogiorno. Il quale – contro i principi dello stesso Monarca e la spietata volontà dell’assolutismo europeo — si libera dai viluppi anacronistici di un mondo ormai scaduto ed in disfacimento per imboccare, sia pure a costo di un ulteriore e nobile martirio, il cammino verso alti ideali umani e verso uno Stato moderno.
Lasciando a ciascun lettore la libertà di trarre dalla lettura del Diario quelle conclusioni che noi rimandiamo ad altra sede, ci auguriamo che questa nostra nuova fatica riesca utile, il più largamente possibile, non solo ai fini della conoscenza della nostra Storia, ma anche al consolidamento di una coscienza civile. Ché il passato, per quanto oscuro e doloroso possa essere, ci porge sempre una benefica luce per proseguire più degnamente sulla strada dell’avvenire.
Napoli, dicembre I965
UMBERTO CALDORA
[1] Cfr. Archivio di Stato di Napoli, Archivio Borbone: inventario sommario, vol. I, Roma 1961 (in corso di ristampa). È prossima la pubblicazione anche del 2° volume. Per le vicende ed il riordinamento di questo nucleo documentario, che era conservato a Monaco di Baviera, v. l’introduzione della prof. Mazzoleni al citato inventario a stampa.
Ringrazio molto cordialmente la prof. Mazzoleni, Direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli, che, con la consueta comprensione e cortesia, mi ha agevolato in modo particolare anche in questo lavoro.
[2] I volumi III-I28 comprendono ciascuno – per gli anni 1796-1814 – un periodo di tempo che inizia dal 12 maggio di un anno e finisce l’11 maggio dell’anno successivo; il vol. 129 va dal 12 maggio r814 al 31 dicembre 1814; i voll. 130-z38 comprendono ciascuno un anno solare (1° gennaio – 3l dicembre) dal 18z5 al 1824, escluso il 1823 che, come si è detto, manca. Nel vol. 138, oltre all’intero anno 1824, data in cui il Diario si arresta definitivamente per la morte di Ferdinando IV.
[3] Giuseppe Caprioli scrisse, il 19.4.1836, al ministro Del Carretto: « Ogni giorno, e specialmente dal 1796, [Ferdinando IV ] scriveva un Giornale tutto di suo Sacro carattere, nel quale registrava le azioni della giornata »; Archivio di Stato di Napoli, Archivio Borbone, f. 928, cc. 86-88.
[4] È stato pertanto indispensabile, al solo scopo di rendere intellegibile il testo, ammodernare l’interpunzione e gli accenti; ma è stata rispettata la ortografia dell’originale, fuorché nel caso dell’ingiustificato uso di iniziali maiuscole. Ad esempio, è stata accentata la «a» nel caso di voce verbale, è stato eliminato l’accento sulla «a» di «qua», tolto l’apostrofe dopo « un», aggiunto il punto e virgola ed il punto fermo dove opportuno, ecc. Avvertiamo sin d’ora che tutte le parole tra parentesi quadre sono nostre; e che i tre puntini tra parentesi quadre indicano omissioni.
A proposito della calligrafia di Ferdinando IV, stupisce l’elogio che la Craven ne fece a suo tempo. Essa non regge al confronto, ad esempio, con quella nitida ed elegante del segretario Frilli o anche con quella poco chiara, si, ma ricca di personalità di Giovanni Acton.