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DOMENICO SCARLATTI UN GENIO NAPOLETANO

Posted by on Feb 3, 2018

DOMENICO SCARLATTI UN GENIO NAPOLETANO

E’una splendida sera dell’autunno del 1685, precisamente il 26 di ottobre alle ore 20,57 in via Toledo, nella casa del grande Alessandro Scarlatti, Maestro della Real Cappella del Viceré di Spagna Don Gasparo de Haro Guzmann, Marchese del Carpio, dal ventre di Anna Maria Vitto-ria Ansalone nasce Giuseppe Domenico sesto di dieci figli, che della musica sarà un grande ge-nio riconosciuto. 1685, anno fortunato per la musica, Domenico Scarlatti nasce alcuni mesi do-po Georg Friedrich Händel ( 23 febbraio ) e Johann Sebastian Bach ( 21 marzo ); Domenico viene battezzato nella Chiesa di San Liborio a Montesanto madrina e padrino, donna Eleono-ra del Carpio principessa di Colobrano viceregina di Napoli, e don Domenico Martio Carafa Duca di Maddaloni. Domenico cresce in un ambiente dove la componente musicale era fuori dall’ordinario. Oltre al padre Alessandro, uno dei fondatori della scuola musicale napoletana, il fratello Pietro Filippo è compositore, gli zii, tutti fratelli e sorelle del padre: Anna Maria Scarlatti, cantante, Francesco Scarlatti, violinista e compositore, Melchiorra Brigida Scarlatti, cantante, Tommaso Scarlatti, cantante. In questa atmosfera dove si vive un grande fermento musicale, si forma il piccolo Domenico che già da bambino, mostra incredibili doti musicali, ma non ha bi-sogno di esibirsi come enfant prodige né di girare l’Europa per affermarsi, lui è il figlio di Alessan-dro Scarlatti e la sua carriera di musicista è già predestinata. Infatti, a soli 16 anni, nel 1701, ot-tiene l’incarico di organista nella cappella reale di Napoli. Nel 1702, Domenico segue il padre a Firenze per entrare al servizio del granduca Ferdinando III de’ Medici. Alessandro Scarlatti in una lettera del 30 maggio del 1705 al Granduca di Toscana così scrive riferendosi al giovane “Mimmo”:
Questo figlio ch’è un’Aquila, cui son cresciute l’Ali, non deve star’oziosa nel nido, ed io non devo impedirle il volo
L’improvviso allontanamento da Napoli rende necessario in seguito alla Guerra di Successione spagnola, che vede in conflitto i Borbone con gli Asburgo. La permanenza a Firenze però dura poco: nel 1705, Domenico è a Roma dove assieme al padre Alessandro riceve dal cardinale Ot-toboni l’incarico di dirigere le sue cappelle musicali, tra cui la Cappella di Santa Maria Maggiore. Domenico resterà a Roma per 12 anni tranne alcune puntate a Napoli, dove nel 1703, a 18 anni, debutta al Teatro San Bartolomeo con l’opera “Ottavia ristituita al trono” e a Palazzo Reale con l’Opera “Giustino”. Da questo momento la carriera di Domenico Scarlatti è in continua Ascesa.
Di nuovo a Roma, divenne maestro di cappella della regina Maria Casimira di Polonia. Nella ca-pitale, fra il 1709-15, compose una quindicina d’opere, tra le quali: Tetide in Sciro (1712), Ifigenia in Aulide (1713), Ifigenia in Tauri (1713), Ambleto (1715), ed il suo intermezzo La Dirindina.
Nel 1713 fu nominato coadiutore in San Pietro, e l’anno successivo Maestro della Cappella Giu-lia in Vaticano, carica che mantenne fino al 1719. Nel 1715 si trasferì a Lisbona al servizio di Giovanni V – Re del Portogallo e dell’Algarves, in Africa, Signore della Guinea, d’Etiopia, Persia e delle Indie – dove compone musica sacra per cerimonie e occasioni varie, incaricato inoltre all’istruzione musicale di don Antonio fratello minore del Re e di Maria Barbara, figlia del Re e più tardi Regina di Spagna.
Ritorna in Italia nel 1724, ma senza lasciare l’incarico in Portogallo. Nel 1728 tre anni dopo la morte del padre, Domenico Scarlatti a quarantatre anni sposa una bellissima sedicenne romana, Maria Caterina Gentili. Nel 1729, per seguire la corte nei suoi spostamenti, lo troviamo a Siviglia e poi a Madrid alla corte di Filippo V Re di Spagna. Nel 1738 Giovanni V dichiara Domenico Scarlatti degno di ricevere il manto dell’ordine portoghese di Santiago. Domenico, nello stesso anno, dedica a Carlo V gli “Essercizi per Gravicembalo di Don Domenico Scarlatti Cavaliero di San Gia-como e Maestro de’Serenissimi Prencipe e Prencipessa delle Asturie”. Nella presentazione del libro Do-menico ci fa capire esattamente la sua alta personalità e il suo stile di vita imperniato sulla cono-scenza, la competenza, l’umiltà e l’amore:
“Non aspettarti, o Dilettante o Professor che tu sia, in questi Componimenti il profondo Intendimento, ma bensì lo scherzo ingegnoso dell’Arte, per addestrarti alla Franchezza sul Gravicembalo. Né Viste d’Interesse, né Mi-re d’Ambizione, ma Ubidien¬za mossemi a pubblicarli. Forse ti saranno aggradevoli, e più volentieri allora ubi-dirò ad altri Comandi di compiacerti in più facile e variato stile. Mostrati dunque più umano. che critico; e si accrescerai le proprie Dilettazioni. Per accennarti la disposizione delle mani, avvisoti che dalla D viene indicata la Dritta, e dalla M la Manca: Vivi felice”.
In questo anno muore la moglie Caterina lasciando Domenico solo con cinque figli. Tra il 1740 ed il 1742 sposa in seconde nozze la spagnola Anastasia Ximes. Nel 1746 alla morte di Filippo V, Fernando VI e Maria Barbara gli succedono al trono e Domenico corona la sua carriera con la nomina di maestro dei Re Cattolici. Domenico Scarlatti, durante il suo percorso artistico intri-so di successi, conosce i maggiori musicisti e personaggi dell’epoca quali Metastasio, Farinelli, Antonio Vivaldi. Celebre è la gara con George Friederic Haendel, svoltasi nel 1708 in casa del Cardinale Ottoboni, dove Domenico risulta incontrastato vincitore al clavicembalo. Interessante anche l’incontro con Thomas Roseingrave, importante clavicembalista inglese, documentato da una cronaca dell’epoca:
………giunto a Venezia sulla via di Roma, Roseingrave, fu invitato, in quanto forestiero e virtuoso, ad una academia che si teneva in casa di un nobile, dove gli fu chiesto insieme ad altri di sedere al cembalo per dar sag-gio della sua virtù in una toccata, per godimento della compagnia. “Trovandomi più in forma e meglio esercitato del solito”, dice Roseingrave, “mi diedi da fare, caro amico, e l’applauso ricevuto mi fece credere che la mia ese-cuzione avesse fatto un certo effetto sulla compagnia”. Dopo che un’allieva di Gasparini ebbe eseguito una can-tata del maestro, presente ai cembalo per accompagnarla, fu la volta di un giovane d’aspetto severo, vestito di nero e con una parrucca nera, che se ne era rimasto in un angolo della stanza, silenzioso ed attento mentre Ro-seingrave suonava; pregato di sedere ai clavicembalo, bastò che cominciasse a suonare perché Roseingrave avesse la sensazione che mille diavoli stessero allo strumento: mai prima di allora aveva ascoltato passaggi cosi effica-cemente realizzati. L’esecuzione era tanto superiore a quella sua e a qualsiasi grado di perfezione che mai avrebbe potuto raggiungere, che si sarebbe mozzato le dita, se avesse avuto a portata di mano un qualsiasi strumento con cui farlo. Avendo chiesto chi fosse lo straordinario esecutore, gli fu risposto che si trattava di Domenico Scarlatti, figlio del celebre Cavalier Alessandro. Roseingrave disse di non aver potuto toccare stru-mento per un mese;dopo tale incontro, comunque, divenne intimo amico del giovane Scarlatti, lo segui a Roma e a Napoli e non si staccò quasi mai da lui, sinché rimase in Italia, e cioè sino alla pace di Utrecht.
Oltre all’imponente corpus delle circa 555 Sonate per Clavicembalo, che ci consente di definire il genio napoletano come il più originale compositore per tastiera del suo secolo, la qualità, la varietà, la difficoltà tecnica e musicale delle sue Sonate hanno consentito una grande diffusione delle stesse, che ha permesso all’opera clavicembalistica di Domenico Scarlatti di assumere un ruolo primario all’interno della formazione pianistica già dall’Ottocento, tramandata poi fino ai nostri giorni grazie alle edizioni a stampa di cui va ricordata come una delle prime quella di Carl Czerny (1791-1857), considerato tra i maggiori esponenti della didattica pianistica dell’Ottocento. Anche anche nel Novecento un grande didatta e pianista, Alfredo Casella, at-tribuisce un importante rilièvo musicale e tecnico alle Sonate di Domenico Scarlatti, tanto da permettere alle stesse di diventare insieme al Clavicembalo ben temperato di Johan Sebastian Bach epicentro della formazione pianistica. Iinnumerevoli sono le opere di Domenico, che investono tutti i generi sia nel sacro che nel profano: Sonate, Sinfonie, Opere, Intermezzi, Oratori, Cantate, Arie, Musica Sacra: Miserere, Stabat Mater, Messe, Salve Regina, Te Deum, Magnificat, Salmi. Gran parte di questi lavori attende ancora di essere conosciuta; la speranza, è che la curiosità e la noia nell’ascoltare l’ennesima interpretazione dei soliti noti faccia sì, che in un prossimo futuro possa avviarsi una corretta e concreta rivalutazione delle opere di Domenico Scarlatti e di tutti i com-positori della mitica Scuola Napoletana del Settecento. Ultima sua composizione di cui si ha co-noscenza è Salve Regina del 1756. Tra le sue produzioni sacre di maggior spicco v’è pure da an-noverare la Messa di Madrid (1754) e la sequenza Stabat Mater . Negli ultimi anni si dedicò all’insegnamento: tra i suoi allievi, degno di nota è padre Antonio Soler, compositore e imitato-re dello stile scarlattiano. Il 23 Luglio del 1757 muore nella sua casa di Madrid in Calle de Lega-nitos e fu seppellito “de secreto” nel convento di San Norberto, che, oggi distrutto, non ci permette di avere tracce del sepolcro di Domenico. La figura e le opere del genio napoletano hanno affascinato più di uno scrittore; Gabriele D’Annuzio lo ricorda nel suo racconto del 1916 La Leda senza cigno e nell’opera narrativa Memoriale del Convento del premio Nobel Josè Sa-ramago troviamo Domenico Scarlatti tra i personaggi. La grandezza di Domenico viene espres-sa in questa sua esternazione epistolare:
“Davvéro non mi posso lamentare della vita che ho vissuto. Ho colto tanti applausi a Roma, a Napoli, nelle sabbie di Londra, nella luce ardente della Spagna, perché sapevo fare bene i capricci sulla tastiera… A 24 an-ni entrai in gara con un giovane che si chiamava Haendel e che era stimato un prodigio e lo vinsi al cembalo, come lui mi vinse all’organo… Vissi sereno e festeggiato, e forse ebbi un po’di vena e molta fortuna”.
e le sue volontà testamentarie che riportiamo in parte:
“Il miserabile mio corpo, fatto che sia cadavere, voglio che sia avvolto nel mio manto dell’Ordine di Calatrava, secondo sta prescritto dalle Costituzioni del detto Real Ordine Militare e che le sia data sepoltura senza pompa con accompagnamento di poveri in numero di cinquanta con candela di cera alla mano d’ongie tre l’una, e che ad ognuno di detti poveri se li dia un paulo moneta per ciascheduno doppo di aver accompagnato il mio corpo nella chiesa dei Padri Cappuccini dove eliggo lo mia sepoltura …..voglio che siano celebrate per l’Anima mia nell’altari del Santissimo quattrocento messe cioè duecento nella detta chiesa dove sarò seppellito, cinquanta nella mia parrocchia di Bertalia, cinquanta nella parrocchia della Beverara, e le restanti cento messe nella chiesa dell’Ospitale della vita lungo il canale del Reno…
Domenico Scarlatti, figura per fama e talento musicale tra i benemeriti della Congregazione di Santa Cecilia di Roma.

Enzo Amato

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