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DOMINAZIONE NORMANNA NEL SUD ITALIA

Posted by on Gen 9, 2020

DOMINAZIONE NORMANNA NEL SUD ITALIA

Nel 1009 il nobile longobardo Melo guidò una rivolta contro i Bizantini che occupavano Bari.  Dopo  alcuni  successi, nel 1018, l’insurrezione fu  soffocata e Melo abbandonando la città chiese aiuto ad un gruppo di 40 Normanni che si erano recati in pellegrinaggio al santuario dell’arcangelo Michele, presso Monte Sant’Angelo.

I Normanni promisero e ritornarono con rinforzi in primavera ma, dopo qualche successo furono duramente sconfitti da Basilio Boiannes.

Melo fuggì e morì poco dopo a Banberga in Germania. Gilberto, il capo normanno, fu ucciso e il fratello Rainolfo prese il suo posto.

Nel 1035 scesero, approdando ad Aversa, tre dei dodici figli di Tancredi d’Altavilla: Guglielmo, Drogone ed Unfredo.

Nel 1044, Guglielmo Braccio di Ferro con Guaimaro IV, principe di Salerno, conquistarono la Valle del Crati, poi fortificarono il castello di Stridula affacciato sulla valle dell’Esaro, in territorio di Spezzano Albanese.

Intorno al 1047 giunse in Italia Roberto d’Altavilla, soprannominato il Guiscardo per la sua astuzia. Il fratello di Roberto, Drogone, non volle subito investirlo di un feudo per non ingelosire gli altri Normanni che da diverso tempo erano al suo servizio.

Tra il 1047-1048, i Cosentini si ribellarono; Drogone, succeduto a Guglielmo, inviò sul posto suo fratello Roberto con il compito di sedare la rivolta.

Il Guiscardo scelse il Castrum Scribla, o Stridula, come centro delle operazioni che condusse con astuzia e senza alcuno scrupolo. Poi, nel 1054 si trasferì a San Marco Argentano, da dove iniziò diverse azioni piratesche.

Nel 1057 arrivò in Italia Ruggero, ottavo fratello di Roberto, che ottenne dall’altro fratello Guglielmo un castello a Scalea, in un posto adatto ad esercitare facilmente il brigantaggio. I Normanni, con i bottini ottenuti nel meridione, arricchirono i monasteri e i castelli del loro paese. Nello stesso anno il conte Ruggero da Mileto, scelta come capitale della sua contea, tentò la conquistare della città di Reggio, ma fu respinto dalla resistenza degli abitanti. Fu proprio sulla via del ritorno, in direzione della Valle del Crati, che Roberto il Guiscardo conquistò Nicastro, Maida e altri paesi.

Nel 1059 Roberto si recò a Melfi per ricevere l’investitura ducale del Mezzogiorno ma fece rapidamente ritorno in Calabria, dove le sue armate tenevano sotto assedio Cariati.

Al suo arrivo la città si arrese e prima dell’inverno anche Rossano e Gerace caddero nelle sue mani nonostante le ribellioni capeggiate dal vescovo greco di Cassano e dal preposito generale di Gerace.

Con l’avvento del papa Niccolò II, nel 1059, Riccardo venne acclamato principe di Capua e Roberto duca di Puglia e di Calabria e successivamente duca di Sicilia. In cambio Roberto giurò di sostenere e proteggere la Santa Romana Chiesa.

 Il Guiscardo nel 1061, dopo una serie d’incursioni, conquistò tutta la regione ponendo così fine alla dominazione bizantina in Calabria; l’ultima roccaforte dei Bizantini a cadere, protetta dalle sue mura poderose, fu Reggio.

Nello stesso anno Roberto e Ruggero iniziarono l’invasione della Sicilia, conquistata completamente nel 1072 quando, dopo un lungo assedio, capitolò Palermo. Finì così  anche il dominio arabo in Sicilia.

Roberto il Guiscardo, per evitare il ritorno dei Bizantini, spostò la guerra in Oriente con l’intento di arrivare fino a Bisanzio per conquistare il trono bizantino. Roberto salpò da Brindisi nel maggio del 1081 con un esercito di 16.000 uomini e nel mese di ottobre inflisse una dura sconfitta all’imperatore bizantino Alessio  nella battaglia di Durazzo.

Nel 1083 papa Gregorio VII, assediato a Castel Sant’Angelo dalle truppe tedesche di Enrico IV, chiese aiuto a Roberto.

Durante la sua assenza dai campi di battaglia in Oriente suo figlio Boemondo, per qualche tempo signore della Tessaglia, aveva perso le conquiste fatte in terra greca. Roberto ritornò, rioccupò l’isola di Corfù e mise sotto assedio Cefalonia. Ma proprio durante quest’ultima battaglia, colto da una violenta febbre, morì il 17 luglio 1085 all’età di circa 60 anni. Il suo corpo fu portato a Brindisi per le onoranze funebri e poi a Venosa, dove fu sepolto nella chiesa della Santissima Trinità, nella stessa tomba di altri illustri membri della Casa d’Altavilla: i fratelli Guglielmo “Braccio di Ferro”, Drogone e Guglielmo di Principato.       

Nel 1086 Benavert, già capo dei Musulmani di Sicilia, tentò una rivincita sui Normanni in Calabria: assalì Nicotera, distruggendola e deportando molti prigionieri. Quindi, sulla via del ritorno in Sicilia, saccheggiò le chiese di S. Nicola e di S. Giorgio di Reggio, profanandone gli arredi e frantumando le immagini sacre. Assaltò, inoltre, il monastero \della Gran Madre di Dio, deportando le monache nell’harem di Siracusa. Ruggero lo inseguì e lo uccise durante la battaglia.

I Normanni, cessato il pericolo saraceno, si dedicarono alla riorganizzazione politica e religiosa del Regno: introdussero il feudalesimo con le sue cariche nobiliari, i vassalli, i castelli e i diritti feudali.

Venuti a mancare, l’uno dopo l’altro, i membri della casa Altavilla rimase al potere solo Ruggero I fino alla sua che avvenne a Mileto il 22 giugno del 1101, all’età di settant’anni. Ruggero I fu un re ricco e potente anche se al suo Regno mancava ancora il senso della stabilità; essendo un nomade, come i suoi antenati, passò la sua vita viaggiando con la sua corte, la sua amministrazione e il suo tesoro. Dopo la sua morte rimase reggente la sua terza moglie, dalla quale aveva avuto due figli: Simone e Ruggero. Simone, il primogenito, morì fanciullo lasciando erede il piccolo Ruggero. Il normanno, che era nato a Mileto il 22 dicembre 1095, divenne Gran Conte di Sicilia dal 1105 e poi duca di Puglia e di Calabria. Nel 1130  estese il dominio normanno in quasi tutto il meridione così la notte del 25 dicembre del 1130 sancì a Palermo, con una fastosa cerimonia, l’unificazione e la nascita del Regno di Sicilia, con capitale la stessa città. Il nuovo sovrano Ruggero II creò un Regno tra i più potenti d’Europa e meglio funzionanti. Fu molto tollerante nei confronti delle differenze etniche e religiose esistenti tra i suoi sudditi; stimolò le attività artistiche e culturali e lanciò le basi per la nascita culturale, artistica e politica, che raggiunse il massimo livello con Federico II. Ruggero II morì il 26 febbraio del 1154 e gli succedette il suo quarto figlio Gugliemo I, detto “il malo”, essendo morti i suoi fratelli maggiori; cresciuto e educato nella sfarzosa corte di Palermo subì moltissimo l’influenza della cultura araba diffusa nell’isola. Guglielmo I morì il 7 maggio del 1166, all’età di quarantasei anni; gli succedette il figlio Guglielmo II, “il Buono”. Il nuovo re viene ricordato per la sua benevolenza verso il popolo.    Il 27 gennaio 1186, su interessamento di Guglielmo II, si celebrò a Milano il matrimonio tra Enrico VI, figlio dell’imperatore Federico I e Costanza, sorella di Guglielmo I. Durante il Regno di Guglielmo II si ebbe un periodo particolarmente proficuo nel campo delle arti. Tra le opere avviate: lo splendido Duomo di Monreale, iniziato nel 1174, l’Abbazia di Santa Maria di Maniace, fortemente voluta dalla regina madre Margherita e il completamento del bellissimo palazzo della Zisa, avviato da suo padre. Il re normanno, però, a soli trentasei anni e in modo inaspettato morì a Palermo il 18 novembre 1189. Guglielmo II e la moglie Giovanna non ebbero figli, anche a causa della scomparsa prematura del re. Ciò porterà al trono di Sicilia, prima Enrico VI e dopo suo figlio Federico II di Svevia. Subito dopo la morte di Guglielmo II, a Palermo, sotto spinta di una parte della corte, fu incoronato re di Sicilia Tancredi; l’incoronazione fu contestata dall’imperatore Enrico VI di Svevia, in virtù del suo matrimonio con Costanza d’Altavilla, il quale scese in Sicilia per  conquistare il Regno. Palermo fu assoggettata nei primi giorni di dicembre del 1194 e il 25 successivo Enrico VI di Svevia s’incoronò re di Sicilia, annettendo il Regno all’impero. Il giorno seguente Costanza, in procinto di giungere dalla Germania in Sicilia, diede alla luce a Jesi Federico II. Il 28 settembre del 1197 morì Enrico VI e sua moglie Costanza affidò il figlio di soli tre anni a Pietro da Celano, conte della Marsica; poi, prima di morire, pose suo figlio sotto la tutela del papa Innocenzo III.

Nel 1210, uscito dalla tutela del Papa al sedicesimo anno di età, Federico II assunse direttamente il potere del Regno di Sicilia nelle sue mani.

Il nuovo sovrano, conosciuto come “meraviglia o stupore del mondo” o “fanciullo di Puglia” per il suo amore profondo per i Sud della Penisola e soprattutto per la Puglia, attirò l’attenzione degli storici e del popolo per le sue ottime iniziative in tutte le direzioni; il suo Regno fu caratterizzato da un’efficiente attività legislativa e da una forte innovazione artistica e culturale, anche se fortemente contrastata dalla Chiesa per aver messo in discussione il potere temporale. Federico II fu anche uno stimato letterato: divulgò con successo la poesia della Scuola siciliana; la sua corte fu luogo d’incontro fra le diverse culture: greca, latina, araba, ebraica e germanica che gli permisero di parlare sei lingue     (latinosicilianotedesco, francesegreco e arabo).

Federico II morì, per un attacco di dissenteria, nel mese di dicembre del 1250; nel suo testamento nominò come suo successore il figlio secondogenito Corrado IV, che però morì di malaria dopo soli quattro anni di regno.

Corrado IV, che si era sposato con Elisabetta di Wittelsbach, \figlia del duca di Baviera Ottone II ebbe un solo figlio Corrado, detto Corradino, re di Sicilia dal 1258.

Il 26 febbraio 1266  le truppe guelfe di Carlo d’Angiò, fratello di Ludovico IX re di Francia, su invito di papa Urbano IV si scontrarono e quelle ghibelline di Manfredi di Sicilia, figlio illegittimo dell’imperatore Federico II di Svevia e di Bianca Lancia, reggente per il nipote Corradino dal 1254. Lo scontro decisivo avvenne nei pressi di Benevento, dove la sconfitta e la morte di Manfredi consentirono la conquista angioina del Regno.

Terminò così la monarchia normanna nell’Italia Meridionale.

Francesco Antonio Cefalì

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