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Economie inclusive ed economie estrattive di Giuseppe Gangemi

Posted by on Feb 3, 2025

Economie inclusive ed economie estrattive di Giuseppe Gangemi

L’amico Claudio Saltarelli mi suggerisce di utilizzare come punto di partenza per una riflessione sul Giacobinismo napoletano il fatto che questi, nel 1799, hanno elevato la corruzione a sistema di governo. A suo dire, questo emerge da un’attenta lettura della Carmagnola nella versione sanfedista e dall’incipit della commedia Napoli Milionaria di Edoardo De Filippo.

La canzone della Carmagnola, cantata dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare, recita così: “So’ venute li francise/ aute tasse n’ci hanno mise,/ liberté … egalité/ tu arruobbe a mme/ io arruobbo a tte!”. Per quanto riguarda De Filippo, si tratta di leggere sulla base della Carmagnola il discorso che Amedeo, figlio di Gennaro Jovine, tranviere disoccupato, fa al padre: “Si uno vedesse che la classe dirigente filasse deritta, allora sarebbe l’uomo più malamente se vi parlasse come vi sto parlando io … Ma quanno tu vide ca chille chi avessere ‘a da’ ‘o buono esempio songo na mappata ‘e mariuole …  allora uno dice:   «Vuò sapé ‘a verità … Tu magne buono e te ngrasse e io me moro ‘e famma? Arruobbe tu? Arrobbo pur’io!».

Sono, ovviamente, deliziato da questa chiave di lettura della canzone di una compagnia e di un autore che ho amato tantissimo e amo ancora, ma preferisco citare Daron Acemoglu, professore di Economia al MIT, e James A. Robinson, scienziato politico a Harvard. Questi due studiosi inseriscono la violenza rivoluzionaria francese e del 1799 napoletano in categorie più generali: “La Rivoluzione francese generò molta violenza, sofferenza, instabilità e guerra. Eppure, grazie a questi eventi, i francesi non rimasero intrappolati in istituzioni estrattive che bloccavano la crescita economica e la prosperità, come fecero regimi assolutisti dell’Europa orientale quali l’Austria-Ungheria e la Russia”. I cambiamenti istituzionali realizzati dalla Rivoluzione Francese “crearono in Europa il tipo di istituzioni economiche inclusive che permise alla società industriale di attecchire”. Intanto, gli émigrés brigavano presso le corti d’Europa per bloccare il processo di passaggio, in Francia, da una economia estrattiva a vantaggio di nobili e clero a una inclusiva a vantaggio del Terzo Stato. Acemoglu e Robinson indicano come “inclusive” le economie che favoriscono il benessere del maggior numero possibile dei cittadini e insieme alla crescita economica, lo sviluppo umano e civile; definiscono “estrattive” le economie che “estraggono” rendite a beneficio di una minoranza di privilegiati: i nobili, la Chiesa, i grandi proprietari terrieri e gli intellettuali più influenti. La corruzione elevata a sistema di governo è solo uno dei modi di costruire un’economia estrattiva.

Dalle pressioni degli émigrés, ma anche dalle paure di contagio rivoluzionario delle minoranze privilegiate dei Paesi europei, nasce la guerra contro la Francia del 1792. “Ci si attendeva che gli improvvisati eserciti schierati dai rivoluzionari crollassero in breve tempo. Ma dopo alcune sconfitte iniziali le forze armate della neonata Repubblica francese uscirono vittoriose [a Valmy] da una guerra nata come difensiva”. Nel frattempo, però, la paura di perdere i diritti costituzionali inclusivi e persino il progetto, che necessitava di tempo, di un’economia inclusiva produsse tanta paura, nelle classi sociali emergenti e nella popolazione francese, da creare una reazione che ha portato al prevalere dei Giacobini. Questi governarono utilizzando la violenza, non solo al giusto fine di rafforzare l’economia inclusiva e l’altrettanto inclusivo sistema dei diritti, ma anche al fine di liquidare i rivoluzionari che non fossero favorevoli all’estrema violenza considerata necessaria dai Giacobini.

Quando Napoleone comincia la sua prima Campagna d’Italia, raccontano Acemoglu e Robinson, la Francia sta già frenando il processo di realizzazione dell’economia inclusiva e ancor più continua a rallentarlo, negli anni successivi. All’estero, quindi, la Francia realizza economie e istituzioni esclusive nei Paesi cosiddetti liberati (dal Regno di Napoli alla Repubblica Serenissima). Lascio da parte la questione del Regno di Napoli dove i Giacobini napoletani hanno costruito un’economia estrattiva e non una inclusiva (questo tema suscita ancora molte controversie) e mi limito alla narrazione della vicenda delle Pasque Veronesi – quando la popolazione veronese cacciò dalla città l’esercito invasore, provocando, secondo fonti francesi, 500 vittime tra i militari francesi. Malgrado le difficoltà, attribuite alla cultura marxista e alla Lega Nord. gli storici veneti locali sono riusciti a imporre le pratiche estrattive dei Francesi come fondamentale chiave di lettura decisiva della ribellione.

Già nel 1797, prima della Pace di Campoformio, a Verona, la popolazione capisce che i Francesi stanno distruggendo quel poco di istituzioni inclusive che l’autonomia municipale concessa dalla Serenissima aveva permesso di realizzare. I generali francesi si comportano come razziatori che estraggono risorse dalla loro città e appaiono, agli occhi dei Veronesi, come gli aristocratici apparivano al Terzo Stato prima del 1789. Francesco Vecchiato, storico accademico veronese, definisce le Pasque Veronesi “una sollevazione di popolo contro lo straniero, venuto non per liberare, ma per depredare ed asservire ai propri disegni la penisola italiana”. Significativamente, il suo saggio, ha per titolo: La resistenza antigiacobina e le Pasque Veronesi. Ancor più significativamente, egli spiega che “nel Novecento ad impedire una lettura univoca delle Pasque veronesi ha contribuito la continuità ideale esistente tra giacobinismo e marxismo” e successivamente, nell’anno del secondo bicentenario, lo spauracchio di una Lega Nord animata da sentimenti antiunitari. Conseguentemente, Vecchiato invita a prendere atto che si sono create le condizioni per formulare una lettura storiografica più rispondente al vero e riguardante anche altre rivolte simili a quella veronese (tra le tante quella di Lazzari e Sanfedisti).

Il Giacobinismo italiano continua a respingere l’ipotesi che, in Italia, gli eserciti francesi abbiano realizzato economie estrattive e non quelle inclusive che erano state realizzate in Francia, con più impeto dal 1789 al 1795 e con meno impeto dal 1796 al 1815. Acemoglu e Robinson insegnano che Paesi ad economia estrattiva possono continuare a prosperare e progredire anche mantenendo un’economia estrattiva al proprio interno, purché riescano a imporre economie ancora più estrattive a proprio vantaggio, all’esterno con trasferimento di risorse forzate da altri Paesi che, per questo, si configurano come colonie. La tesi dei due studiosi riesce perfettamente a spiegare la crescita economica che Piemonte, Liguria e Lombardia hanno realizzato estraendo risorse dalle province meridionali e dalle due isole maggiori.

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