Ennio Morricone, un artista che non perse la fede
Il maestro Ennio Morricone, a 91 anni, è tornato alla Casa del Padre all’alba del 6 luglio a Roma «con il conforto della fede», così hanno scritto e detto tutti i media, così tutti hanno saputo che Morricone era credente.
Talvolta i geni artistici conducono vite sregolate, non così è avvenuto per il compositore di eccelsa musica: fede nella Santissima Trinità e attaccamento appassionato ai valori inscritti da Dio nell’uomo, ed ecco che Morricone, che ha conosciuto la moglie Maria nel 1950, è rimasto con lei fino all’ultimo dei suoi giorni, 70 anni senza scalfitture. Il 25 febbraio 2007, dopo cinque candidature agli Oscar non premiate, gli fu conferito l’Oscar alla Carriera «per i suoi magnifici e multiformi contributi nell’arte della musica per film», a consegnarglielo l’attore Clint Eastwood, protagonista dei film western di Sergio Leone, per i quali Morricone ha composto colonne sonore indimenticabili. In quell’occasione disse: «Dedico questo Oscar a mia moglie Maria che mi ama moltissimo e io la amo alla stessa maniera e questo premio è anche per lei». Insieme hanno avuto quattro figli, che nel suo cronologio, da lui stesso formulato, ha voluto salutare in questi termini: «Un saluto pieno intenso e profondo ai miei figli, Marco, Alessandra, Andrea e Giovanni, mia nuora Monica, e ai miei nipoti Francesca, Valentina, Francesco e Luca. Spero che comprendano quanto li ho amati. Per ultima Maria (ma non ultima). A Lei rinnovo l’amore straordinario che ci ha tenuto insieme e che mi dispiace abbandonare. A Lei il più doloroso addio».
Uomo semplice emolto umile è stato un dono d’arte alla terra. Componeva a casa sua, fra l’amore dei suoi familiari, e sono scaturite melodie intense, piene di bellezza, di poesia, talvolta icastiche, antiretoriche, mediterranee, cariche di effetti, sarcastiche, talvolta colte e sperimentali, talvolta struggenti. Poliedrico sullo spartito, ma uguale a sé stesso, sempre, nella vita privata come nella pubblica. Ha cavalcato palcoscenici per dirigere le sue opere, ha ricevuto moltissimi premi e onorificenze internazionali, ma parlava, se interrogato, il meno possibile. Non stupisce che abbia desiderato funerali privati: «non voglio disturbare» è stata la sua motivazione. Uno stile, anche questo, che lo contraddistingue per la nobiltà d’animo. Non ha voluto pompe, telecamere, riflettori, spettacoli, ipocrisie, passarelle per attori e attrici, politici e politichesse… niente affatto. Ha voluto gli amici più stretti e i familiari, ovvero chi lo ha amato e chi lo ama: «Io Ennio Morricone sono morto. Lo annuncio così a tutti gli amici che mi sono stati sempre vicino ed anche a quelli un po’ lontani che saluto con grande affetto».
Molti nel mondo lo piangono, perché Morricone è stato un cantore della bellezza, la bellezza la cui sorgente è in Dio, Uno e Trino, ed è evidente che molte delle sue composizioni denotano un sentire dal tocco soprannaturale. Nel film Mission del regista Roland Joffé (1986) ciò emerge con travolgente ispirazione: l’autore è entrato con l’anima nella storia missionaria dei Gesuiti fra la tribù degli indios Guaranì del XVIII secolo, ed è proprio in questa colonna sonora, ci pare di poter dire, che egli diede il meglio di sé.Con Mission Morricone raggiunge il vertice dell’evoluzione compositiva nel cinema, dando vita ad un connubio rimasto insuperato tra elaborazione formale, complessità linguistica e aderenza icastica alle scene, in cui la concezione modulare e l’abilità nel costruire un’interna dialettica tra le parti giungono al massimo grado di maturazione.
Talvolta i geni artistici conducono vite sregolate, non così è avvenuto per il compositore di eccelsa musica: fede nella Santissima Trinità e attaccamento appassionato ai valori inscritti da Dio nell’uomo, ed ecco che Morricone, che ha conosciuto la moglie Maria nel 1950, è rimasto con lei fino all’ultimo dei suoi giorni, 70 anni senza scalfitture. Il 25 febbraio 2007, dopo cinque candidature agli Oscar non premiate, gli fu conferito l’Oscar alla Carriera «per i suoi magnifici e multiformi contributi nell’arte della musica per film», a consegnarglielo l’attore Clint Eastwood, protagonista dei film western di Sergio Leone, per i quali Morricone ha composto colonne sonore indimenticabili. In quell’occasione disse: «Dedico questo Oscar a mia moglie Maria che mi ama moltissimo e io la amo alla stessa maniera e questo premio è anche per lei». Insieme hanno avuto quattro figli, che nel suo cronologio, da lui stesso formulato, ha voluto salutare in questi termini: «Un saluto pieno intenso e profondo ai miei figli, Marco, Alessandra, Andrea e Giovanni, mia nuora Monica, e ai miei nipoti Francesca, Valentina, Francesco e Luca. Spero che comprendano quanto li ho amati. Per ultima Maria (ma non ultima). A Lei rinnovo l’amore straordinario che ci ha tenuto insieme e che mi dispiace abbandonare. A Lei il più doloroso addio».
Uomo semplice emolto umile è stato un dono d’arte alla terra. Componeva a casa sua, fra l’amore dei suoi familiari, e sono scaturite melodie intense, piene di bellezza, di poesia, talvolta icastiche, antiretoriche, mediterranee, cariche di effetti, sarcastiche, talvolta colte e sperimentali, talvolta struggenti. Poliedrico sullo spartito, ma uguale a sé stesso, sempre, nella vita privata come nella pubblica. Ha cavalcato palcoscenici per dirigere le sue opere, ha ricevuto moltissimi premi e onorificenze internazionali, ma parlava, se interrogato, il meno possibile. Non stupisce che abbia desiderato funerali privati: «non voglio disturbare» è stata la sua motivazione. Uno stile, anche questo, che lo contraddistingue per la nobiltà d’animo. Non ha voluto pompe, telecamere, riflettori, spettacoli, ipocrisie, passarelle per attori e attrici, politici e politichesse… niente affatto. Ha voluto gli amici più stretti e i familiari, ovvero chi lo ha amato e chi lo ama: «Io Ennio Morricone sono morto. Lo annuncio così a tutti gli amici che mi sono stati sempre vicino ed anche a quelli un po’ lontani che saluto con grande affetto».
Molti nel mondo lo piangono, perché Morricone è stato un cantore della bellezza, la bellezza la cui sorgente è in Dio, Uno e Trino, ed è evidente che molte delle sue composizioni denotano un sentire dal tocco soprannaturale. Nel film Mission del regista Roland Joffé (1986) ciò emerge con travolgente ispirazione: l’autore è entrato con l’anima nella storia missionaria dei Gesuiti fra la tribù degli indios Guaranì del XVIII secolo, ed è proprio in questa colonna sonora, ci pare di poter dire, che egli diede il meglio di sé.Con Mission Morricone raggiunge il vertice dell’evoluzione compositiva nel cinema, dando vita ad un connubio rimasto insuperato tra elaborazione formale, complessità linguistica e aderenza icastica alle scene, in cui la concezione modulare e l’abilità nel costruire un’interna dialettica tra le parti giungono al massimo grado di maturazione.
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L’articolazione dei moduli si fa più ampia rispetto al passato, al punto che ogni voce della partitura racchiude uno sviluppo autonomo del tema, ma capace di interagire con gli altri in variegate combinazioni, che si fanno carico di precisi valori simbolici. La melodia più celebre della colonna sonora è fuor di dubbio Gabriel’s Oboe, che viene eseguita in più occasioni nel corso della pellicola da uno dei protagonisti – Padre Gabriel, appunto – e, nel suo sviluppo, raccoglie l’eredità di una tradizione post-rinascimentale, legata, nello specifico, all’epoca settecentesca in cui il film è ambientato. Non ci stupisce affatto che la benedizione della salma del compositore romano sia stata accompagnata dalle note di Mission, a cui era particolarmente legato.
Discreto e amabile, il maestro Ennio Morricone non lascia dietro di sé né gossip, né pettegolezzi, ma oltre cinquecento colonne sonore per il cinema e la televisione, nonché veri e propri capolavori, come le partiture Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965), Il buono, il brutto e il cattivo (1966), C’era una volta il West (1968), Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), Giù la testa (1971), C’era una volta in America (1984), Gli intoccabili (1987)…
Diceva che in Paradiso non sapeva se allearsi con Beethoven o con Mozart… certamente ha saputo mettere a frutto i talenti che Dio gli ha donato, seminando nel mondo melodie dal sapore eterno, ed è innegabile dirlo: la sua magistrale musica fa parte delle nostre vite.
Cristina Siccardi
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