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Equi e Volsci, l’antica Italia dei pastori e guerrieri

Posted by on Dic 2, 2019

Equi e Volsci, l’antica Italia dei pastori e guerrieri

Prima che Roma dominasse sulla penisola, salvo le zone etrusche e greche della Magna Grecia, l’Italia era un crogiuolo di popoli dediti alla pastorizia, all’agricoltura e al guerreggiare tra loro. Fra questi fieri e bellicosi pastori si distinguono gli Equi e i Volsci, ambedue di stirpe osco-umbra.
Gli Equi occupavano le alte valli dell’Aniene e dell’Imele, sulle montagne fra il lago Fucino e Rieti, in posizioni strategiche dalle quali, attraverso il passo dell’Algidus Mons (il territorio dei Colli Albani da Velletri al Tuscolo), potevano facilmente spingersi nel retroterra latino.

Tito Livio, nelle sue storie, ricorda un trattato di pace fra Tarquinio il Superbo, re etrusco di Roma e gli Equi.
Nel 494 gli Equi devastarono in un incursione l’agro romano. Nel 458 riuscirono ad attanagliare l’esercito romano, mettendo in serio pericolo anche la città di Roma. Fu allora eletto dittatore capo della città con pieni poteri Lucio Quinzio Cincinnato. Gli inviati del Senato che si erano recati a portargli le insegne del comando lo trovarono, secondo la tradizione, in atto di arare un suo campicello al di là del Tevere.
Cincinnato radunò l’esercito, liberò il console Minucio e gli uomini che erano circondati dagli Equi e dai Volsci. “Costrinse” dunque i nemici prigionieri, con il loro capo Gracco Clelio, alla dura umiliazione di passare “sotto il giogo”: l’asta sostenuta da due altre infisse nel terreno, posta ad un’altezza inferiore a quella di un uomo.

Nuovamente nel 443 a.C. un Equo, un certo Cluilio (che forse è lo stesso Clelio vinto da Cincinnato) guidò gli Equi all’assedio di Ardea, ma fu sconfitto e costretto a seguire il trionfo del console romano M. Gegario. E nel 431 i pastori-guerrieri subirono un’altra dura sconfitta, inflitta da Aulo Postumio Tuberto agli Equi guidati da Vezzio Messio sul monte Algido.

È da quest’epoca che lo spirito bellicoso degli Equi si affievolisce. Nel 389 è ricordata una vittoria di Camillo sugli Equi presso Bola (antica città del Lazio fra Palestrina e Monte Compatri, decaduta già alla fine della Repubblica e scomparsa del tutto durante l’Impero). In seguito, dopo un lungo silenzio, gli Equi sono ricordati al termine della seconda Guerra Sannitica quando, nel 304, sono vinti e soggiogati definitivamente dal console P. Sempronio Sofo.
Roma deduce allora nel loro territorio due colonie militari, a Carseoli e ad Alba Fucente, accordando agli Equi la civitas sine suffragio e istituisce la tribù Ariense.
Parte di questo popolo, gli Aequicoli, rimase nell’alta valle dell’Imele e da alcuni elementi epigrafici sembra si trattasse di una comunità socialmente abbastanza evoluta.

I Volsci, il cui ome nazionale deriverebbe dalla radice etrusca Vel, Velx (Vulci) abitavano la valle del Liri, nella regione pontina e precisamente la zona compresa tra le attuali Velletri e Formia, fino alle sponde del lago Fucino.
Con la fine dell’egemonia Etrusca, contemporanea alla caduta della monarchia in Roma, i Volsci riuscirono ad affacciarsi sul mare nel tratto compreso tra Anxur (Terracina) e Antium (Anzio) dopo aver respinto a Sudest gli Aurunci e a Nord i Latini; più a Nord fondarono Velletri,  presso i Monti Albani, in posizione strategica. Si formò così la distinzione tra Volsci Ecetrani e Volsci Anziati, cioè tra Volsci della costa e Volsci dell’interno.

L’isola del Monte Circeo fu unita alla penisola da un lento movimento bradisismico e dall’azione colmatrice dei detriti trasportati dai fiumi. L’antico seno, divenuto una vasta pianura fertile, fu a poco a poco colonizzato dai Volsci. Così nel territorio circostante al monte Circeo sorsero numerose cittadine.
Plinio ne ricorda ventiquattro, benché molte di esse fossero già distrutte ai suoi tempi. Al Circeo, in località le Crocette, esistono i resti di poderose mura ciclopiche attribuite ai Pelasgi, in realtà d’origine e d’epoca ignote. Di pianta poligonale, sono costituite da enormi blocchi di pietra che presentano superfici levigate all’esterno e grezze all’interno. Questi resti potrebbero appartenere all’antica città volsca di Circea.

Il luogo dove sorge Anzio fu abitato sin dall’Età del Ferro (circa IX secolo a.C.). Antium, città fortificata di cui restano tracce all’estremità settentrionale dell’insediamento moderno, divenne colonia romana nel 388 a. C. dopo sfortunate lotte.  Fu utilizzata dai romani come porto e luogo di villeggiatura estiva. Cicerone vi ebbe una villa e Orazio ricorda il Tempio della Fortuna Anziate.
La città di Terracina, con il nome di Tarcina fu una base etrusca durante l’espansione dei Rasenna verso Sud; presa dai Volsci ne divenne uno dei centri più importanti col nome del dio protettore, Giove Anxur.

A Terracina si trovava anche il frequentato Tempio di Venere Erycina.
L’introduzione del culto di Venus Erycina avvenne da parte dei romani in conseguenza della conquista della città di Erice e della Sicilia. Venere fu subito considerata come una dea della vittoria: fu rappresentata con corona d’alloro e aspetto sorridente, tanto che secondo alcuni studiosi è assimilabile alla Venus Victrix.
In Sicilia. il tempio più famoso fu innalzato appunto da Enea alla madre Venere, nella località di Erice sulla cima della collina che guarda Trapani. A Erice esiste ancora una parte delle mura ciclopiche, dove si trovano incisioni di lettere dell’alfabeto fenicio.

Nella valle del Comino esiste tuttora la città di Atina dei Volsci, sulla strada che congiunge Sora a Cassino, dove troviamo resti di sepolcreti. Nel secolo IV a.C. Atina fece parte della lega sannitica. Fu conquistata dai romani divenendo città popolosa e municipio. Virgilio la chiamò “potens” (Aen.VII, 630); resti di una villa romana con mosaici furono ritrovati in località San Marco.

La cattedrale di Atina, dedicata a Santa Maria Assunta, sorge sul luogo della primitiva chiesa paleocristiana edificata, secondo la tradizione, sui resti del tempio di Saturno. Virgilio inserì Atina tra le città che combatterono in aiuto di Turno contro Enea (Aen. VII,630).

La città di Formia, una delle più importanti tra Roma e Capua, sarebbe stata fondata dagli Aurunci e poi occupata dai Volsci. Secondo la leggenda corrisponderebbe alla città dei Lestrigoni dove approdò Ulisse. Secondo altre ipotesi fu una colonia di Sparta e una delle tappe di Enea nel suo viaggio verso Lavinio.
La città di Velletri al tempo di Anco Marzio, nella prima guerra latina, fu conquistata da Roma e detta Velitrae che in lingua volsca sembra si dicesse Velcester. Velletri diede origine alla famiglia Ottavia da cui sarebbe disceso Augusto.

L’espansione romana nel territorio dei Volsci iniziò nel 382 a.C. con la fondazione della colonia di Setia; nel 370 i romani combatterono contro Velletri e verso la metà del IV secolo venne presa la città di Satrico.
Negli anni successivi altre tribù italiche spezzarono l’unità volsca separandone i territori e dopo il 313 l’isolamento di questa popolazione diventò ancor maggiore in seguito alla costituzione di colonie romane lungo il fiume Liri per impedirne contatti con i Sanniti.

La prima Guerra Sannitica travolse le posizioni dei Volsci che persero l’indipendenza. Parte del territorio fu annesso, le città rimaste libere furono trasformate in colonie romane o latine.
La storia di Coriolano ci ricorda i Volsci e uno degli episodi più aspri dell’accesa lotta che si verificò a Roma all’interno delle classi sociali.
Secondo i libri di storia, Gaio Marcio Coriolano viene presentato come rappresentante della classe patrizia e quindi oppositore della libertà dei plebei. Esso si sarebbe rifugiato fra i Volsci dopo aver partecipato all’assedio della loro capitale Corioli, situata nei Colli Albani presso l’attuale Lanuvio.

Tra i Volsci, dove i diritti della nobiltà non erano stati minati dalla plebe, Coriolano ottenne grande influenza riuscendo a convincerli a portare guerra ai Romani. Poco prima dell’attacco a Roma, però, Coriolano fu trattenuto dalla madre e dalla moglie Volumnia che riuscirono a farlo desistere dall’azione. Il patrizio tolse quindi l’assedio e, secondo la leggenda, venne ucciso dai Volsci.

Cicerone, nel Bruto (X,41) scostandosi dalla tradizione, ci descrive la parte avuta da Coriolano nella guerra combattuta dai Volsci contro Roma. Ben lungi dal presentarlo come duce dei Volsci, egli si limita ad accennare la presenza dell’esule nel campo nemico: “Bellum Volscorum illud gravissimum cui Coriolanus exsul interfuit”.

Enio Pecchioni

fonte http://www.pressandarcheos.com/articoli/equi-e-volsci-lantica-italia-dei-fieri-pastori-guerrieri/

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