EQUITÀ FEDERALISTA ITALIANA. MENSE SCOLASTICHE: MONZA 100 STUDENTI SU 100, REGGIO CALABRIA 7 SU MILLE
Se sei del Nord o del Sud lo impari sui banchi di scuola. Molto presto: alle elementari. Gli alunni della scuola primaria che hanno il servizio mensa comunale sono a Torino l’81% e a Napoli il 36%. A Piacenza il 95% e a Salerno il 15%. A Monza il 100% e a Reggio Calabria lo 0,07%. Non che manchino le strutture – a Salerno come a Palermo il 100% delle scuole ha un locale mensa dedicato – scarseggiano i soldi per garantire il servizio.
La denuncia è di Save the Children che ha pubblicato ieri il rapporto «(Non) Tutti a Mensa». La media è salomonica: uno su due (il 48%) non riceve pasti a scuola. Ma le differenze territoriali, come si è visto, sono ampissime. La denuncia ricalca l’inchiesta pubblicata dal Mattino qualche giorno fa, il 2 settembre: «Autobus, asili e mense scolastiche, così il Sud sta perdendo un’altra volta». Non è un caso. Sia perché il tema è di stagione (le scuole stanno per riaprire) sia perché sulla mensa scolastica, come sugli asili nido e sugli autobus, si sta consumando l’ennesima beffa ai danni dei diritti dei cittadini che vivono nel Mezzogiorno.
Proprio questa mattina in Parlamento era in calendario l’audizione della Commissione tecnica fabbisogni standard nella Bicamerale sul federalismo fiscale, poi rinviata. E questa mattina, a Roma, si terrà l’ufficio di presidenza dell’Anci, l’associazione che riunisce i Comuni italiani. Appuntamenti caldi perché siamo a una settimana dall’approvazione dei fabbisogni standard comunali da applicare per il 2018. Save the Children chiede che il governo «modifichi la natura giuridica del servizio di refezione scolastica da servizio a domanda individuale a servizio pubblico essenziale». E si appella all’articolo 117, lettera m della Costituzione. Un tema, quello dei diritti minimi, in attesa d’attuazione da sedici anni. Cosa dice la Costituzione? Che va fissato un servizio minimo di mensa (e di asili nido, trasporto locale, servizi sociali…) e poi va garantita e finanziata l’erogazione uniforme sul territorio. Visto che tale operazione ha un costo, finora si è applicato il federalismo fiscale trattando il Sud come un bambino scemo, facendo finta che la Costituzione sia una favola.
Sulla mensa scolastica, in particolare, si è chiesto ai Comuni con un questionario: «Avete il servizio mensa? Per quanti bambini?» Le risposte sono diventate il diritto di ciascuno. Offri la mensa scolastica al 100% degli alunni delle elementari come a Monza e a Forlì? Il diritto del tuo territorio è il 100%. Garantisci il servizio a meno del 10% come a Foggia e a Reggio Calabria? Vuol dire che va bene così. Se il servizio e assente o carente i genitori ovviamente non lo richiedono e quindi manca la domanda individuale ed è «giusto», secondo i criteri seguiti finora, che chi ha meno riceva meno. L’assenza di un servizio si traduce in uno zero a quel Comune per il fabbisogno. Per esempio per decidere il fabbisogno di asili per il 2018 si vede se ne avevi nel 2015. No? E allora il fabbisogno sarà zero.
Attenzione, è facile confondersi. Si può dire: se un Comune non spende nulla per gli asili nido o per la mensa, perché devo finanziargli il servizio? In realtà i fondi non hanno una destinazione specifica e quello zero sugli asili nido, sulla mensa, sui trasporti locali taglia i soldi agli altri servizi comunali. Aumentando le differenze di anno in anno, come mostra il calo di fornitura di mensa scolastica, che tra il 2013 e il 2015 in Campania è stato del 10%.
Un caso clamoroso c’è a Cosenza, città che con 70 mila abitanti è, insieme a Caserta, Vibo Valentia e Trani, un capoluogo di Provincia che si vedrà assegnare – se non ci saranno ripensamenti – fabbisogno zero per il 2018 per il trasporto pubblico locale. Secondo la Commissione tecnica fabbisogni standard, l’autobus ai cosentini non serve perché il Comune non ha speso un euro per il servizio. «Zero? Fabbisogno di autobus zero a Cosenza? Ma lo sanno com’è fatta Cosenza? Siamo all’assurdo – sbotta il sindaco Mario Occhiuto, primo cittadino della città calabrese dal 2011 – noi siamo proprietari al 100% della società comunale di trasporto pubblico, la Amaco, alla quale non diamo un euro perché la paghiamo in natura, assegnando a loro gli incassi della gestione dei parcheggi con le strisce blu. Quello dei fabbisogni standard è un meccanismo distorto che alimenta le differenze. È un criterio assolutamente sbagliato». Occhiuto, che fa parte dell’Ufficio di presidenza dell’Anci, sarà oggi nella Capitale per la riunione convocata da Antonio Decaro.
La posizione del sindaco di Bari (a proposito: la città pugliese ha un servizio mensa limitato al 18% degli alunni della primaria) è delicata. Decaro è il primo meridionale alla guida dell’Anci dopo sedici anni. Cioè proprio da quando è cambiata la Costituzione in senso federalista. Negli anni decisivi per scrivere le nuove regole sul fisco territoriale, alla guida dell’Anci si sono alternati i sindaci dei Comuni di Firenze, Torino, Valgioie (Torino), Reggio Emilia, Pavia e Torino. Un 6-0 che ha lasciato il segno. L’azione del sindaco di Bari è quindi tesa sia a correggere le evidenti storture ai danni del Sud, sia a non spaccare un’associazione nella quale i sindaci del Nord contano e non hanno intenzione di arretrare di un centimetro, anzi di un centesimo. Decaro ha dalla sua la forza morale della Costituzione e la possibilità di puntare il dito contro il governo, sia per i tagli degli ultimi anni, sia perché l’esecutivo è venuto meno a un preciso dovere previsto dalla legge 216 del 2010: fissare di anno in anno in legge di stabilità gli obiettivi di servizio in base ai quali si devono calcolare i fabbisogni standard. Un meccanismo che cancellerebbe di colpo gli zeri sugli asili nido, sulle mense, sugli autobus. Perché se un servizio è essenziale, l’obiettivo di fornitura, e quindi il fabbisogno, non può mai essere zero. Anche chi difende l’attuale meccanismo degli zeri – come il presidente della Commissione tecnica fabbisogni standard, Luigi Marattin – ammette che se ci fossero gli obiettivi di servizio i fabbisogni attuali dovrebbero cambiare.
Un tentativo di mediazione arriva da Milano, dove l’assessore al Bilancio Roberto Tasca, sta seguendo con una certa apprensione il dibattito aperto dal Mattino. «Sono totalmente d’accordo che un grande Comune non può avere fabbisogno zero di asili nido o di trasporto locale – spiega – però è inesatto pensare che ciò dipenda dai più alti fabbisogni assegnati a Milano. Noi eroghiamo più servizi, è vero, ma il costo di tali servizi nel nostro territorio è in genere superiore. Quanto alla solidarietà, Milano è il primo contribuente del Fondo di solidarietà comunale con 59 milioni. Diciamo piuttosto che in questi ultimi anni i Comuni sono stati impoveriti dallo Stato. Tutti i Comuni. Fare una guerra tra noi sarebbe una guerra tra poveri». Ma lo scontro è nelle cose perché il federalismo fiscale è nato come un gioco a somma zero per cui se riconosci dei diritti a Cosenza (e si fa fatica a non riconoscerli) poi devi togliere qualcosa a chi ha di più. «Il saldo zero – replica Tasca – è una scelta politica e come tale la si può rivedere. Come Comuni dobbiamo essere uniti e non farci tentare da scorciatoie come mettere in bilancio crediti di dubbia esigibilità».
Marco Esposito
da IlMattino
pubblicato da Pino Aprile
segnalato da Lucia Di Mauro