Esposizione Universale di Parigi del 1855 rettifica di Lucio Castrese Schiano

La presente rettifica viene fatta per correggere la inesattezza relativa al terzo posto assegnato al Regno delle Due Sicilie nell’Esposizione Universale di Parigi del 1855(e non 1856 come riportato), in merito al quale, in nessun archivio sono stati trovati documenti a conferma.
Pertanto, sia per scongiurare il pericolo di offrire il fianco alle critiche degli unitaristi che già non sono né poche né benevoli, sia per non alimentare, proprio noi che andiamo alla costante ricerca di verità nascoste sul nostro passato, altri falsi storici, il Presidente del Movimento Neoborbonico, Gennaro De Crescenzo, ha fornito indicazioni preziose ai due ricercatori Roberto Della Rocca e Andrea Casiere, che hanno avuto la possibilità di consultare documenti dell’epoca presso l’Archivio Storico di Napoli. Questi documenti, recanti l’ intestazione “ Fondo del Ministero dell’Agricoltura – Industria e Commercio” – Fascio 246 “Mostra Industriale”, riportano notizie relative alle esposizioni di Londra del 1851, di Napoli del 1853 e di Parigi del 1855 e 1856. All’esposizione del 1855 il Regno delle Due Sicilie partecipò con stand espositivi nel settore Belle Arti e non in quello dell’Industria. A due napolitani furono assegnati un diploma per corde armoniche ed un diploma per la stamperia. (Notizie tratte dall’articolo dei citati Della Rocca e Casiere, intitolato “Interessante:la vera storia delle esposizioni del 1855 e 1856”, sul sito : https://forum.termometropolitico.it/75751, che si riporta integralmente.
INTERESSANTE:LA VERA STORIA DELLE ESPOSIZIONI DEL 1855 E DEL 1856
La vera storia delle esposizioni del 1855 e del
1856. Ovvero il mare magnum (pieno) del web pubblicata da Roberto Della Rocca
il giorno giovedì 19 agosto 2010 alle ore 7.19
Non pensavamo, io e l’amico Andrea Casiere in primis, di generare un dibattito
così ampio come quello scatenato sulla richiesta di precisazioni e maggiori
informazioni su un primato, quello dell’esposizione universale di Parigi del
1855, che ci pareva molto strano. Repetita juvant. Su numerosi siti,
praticamente su tutti i siti dell’area borbonica (neoborbonici, eleaml, il
brigantino, i comitati due sicilie, nelle discussioni di numerosi forum come
politica in rete, ecc.) compare la notizia che vede il Regno delle Due Sicilie
classificato al terzo posto come paese più industrializzato d’Europa, il primo
d’Italia. A prima botta, perdonatemi il linguaggio poco aulico ma efficace, ci
era sembrata una boiata pazzesca. Per quanto ci riguarda non inseguiamo, non lo
abbiamo fatto e non lo faremo mai, le chimere. A noi piace la verità nuda e
cruda, anche dura (e molte volte lo è). In fin dei conti dai nostri “amici”
unitaristi abbiamo da sempre preteso rispetto per la nostra storia che, al di
là di venti, trenta o novanta primati, è grande. Il riconoscimento della storia
napoletana è una questione fondamentale. Ma chi ama la storia come noi, che ci
rifacciamo ad una massima di Napoleone I (per scrivere la storia serve una
persona che regga la penna con cui scrive gli eventi con imparzialità come pure
senza alcun interesse), deve esigere onestà e rispetto anche e soprattutto da
alcuni amici borbonici. Non è una questione personale visto che la diffusione
capillare di questa vicenda specifica è enorme e non è nello stile di chi
scrive lavare panni privati in pubblico. Una nota su fb è parsa lo strumento
più utile per ottenere un rapido ristabilimento della verità e l’ampio
dibattito generato ci ha dato ragione. Ma passiamo ai fatti che sono la cosa
che veramente ci interessa di più.
Nella mattinata di ieri, mercoledì 18 agosto 2010, ci siamo recati all’Archivio
di Stato di Napoli. Lo abbiamo fatto immediatamente dopo aver ricevuto le
preziose precisazioni pervenuteci dal professore De Crescenzo che ci ha portato
al punto esatto della questione e ci ha indicato (come si può vedere tra i
commenti in calce al manifesto appello) il fondo del ministero dell’Agricoltura
Industria e Commercio, fascio 246. Un fascio che è chiamato “mostra industriale”
e che fa riferimento alle esposizioni di Londra del 1851, a quella organizzata
a Napoli del 1853, a quella, anzi a quelle di Parigi del 1855 e del 1856, e a
quella di Torino del 1857. Proprio così. Le esposizioni universali, o fiere
mondiali (come sarebbe opportuno definirle), svoltesi nella capitale
dell’impero francese sono state due. Una, quella dell’industria (con l’aggiunta
delle Belle Arti) svoltasi dal primo maggio al 31 ottobre 1855. L’altra,
concorso universale dell’agricoltura, che si è avuta l’anno successivo. Tenere
presente che sono stati consultati anche l’Almanacco Reale delle due Sicilie e
gli Annali Civili oltre che la Collezione dei Decreti Reali e nulla si è
trovato.
Non dimentichiamo mai qual è il nocciolo della questione: ovvero il terzo posto
come paese più industrializzato d’Europa. Ebbene, dopo la prima sensazione, è
arrivata la conferma dai documenti del fascio 246. Il terzo posto è un
artificio. Alla fiera mondiale del 1855 non si fece nessuna classifica. Tra i
documenti trovati vi sono:
– una copia del Moniteur Universelle numero 13 del 15 gennaio 1854 con cui si
celebra, in prima pagina, la fiera svoltasi a Napoli nel 1853 (poi si capirà
perché importante questa copia) – Una lettera del 25 aprile 1855 indirizzata a
Carafa dall’ambasciatore francese (cui seguono altre epistole tra legati
francesi e governo napoletano e tra quest’ultimo e i legati napoletani in
Francia)
– Foglio numero 5812 su carta intestata del ministero Affari Esteri dove si
annuncia al governo napoletano la corretta interpretazione dell’articolo 8 del
regolamento ufficiale elaborato dalla commissione francese. Errore che si
definisce diffuso in numerosi governi europei.
– Foglio numero 7049 intestato al ministero affari esteri dove si parla di uno
spazio di 150 metri quadrati richiesti dal governo napoletano alla commissione
francese.
– Foglio numero 8111 ovvero una lettera dell’11 novembre 1854 scritta dal
Carafa al direttore della mostra parigina con la richiesta di creare un
comitato nazionale rappresentativo della nazione duo siciliana come voluto
anche dal Re Ferdinando II che lo espresse nella seduta del consiglio di Stato
del 19 ottobre 1854. Importante il suggerimento di Carafa per insediare la
stessa commissione duo siciliana avuta durante la mostra del 1853 ed elogiata
dal Moniteur (adesso si capisce il perché della presenza della copia e la sua
importanza)
– Foglio numero 1579 intestato ministero affari esteri dove si dibatte ancora
sull’articolo 8 del regolamento.
– Nota del 14 dicembre 1854 del Real Istituto d’Incoraggiamento alle scienze
naturali dove si delinea la composizione della commissione permanente per la
esposizione con il compito di assistere gli eventuali partecipanti (ne fecero
parte il cavaliere Felice Santangelo, il marchese don Gianmaria Puoti, il
professor Giovanni Guarini, il professor Francesco Briganti, don Carlo
Santangelo, il professor Domenico Presutti, Cavaliere Francesco Del Giudice e
don Nicola Laurenzano)
– Foglio numero 958 lettera del 23 febbraio 1856 dove si cita l’opuscolo dello
Stato Pontificio.
La ciliegina sulla torta si raggiunge con la lettera del 16 ottobre 1856 con
l’elenco dei premiati alla fiera del 1855 che, per dovere di ricerca storica,
riportiamo integralmente:
“Signor Direttore,
il regio diplomatico in Parigi mi ha fatto tenere due diplomi fra’regi sudditi
che alla esposizione di quella metropoli hanno riportato dette ricompense. I
due sopraddetti diplomi sono diretti l’uno al signor Bartolomeo pel pregio
delle corde che ha esposte, e l’altro al signor Rieccio (nome di difficile
comprensione dal documento ufficiale dunque potrebbe essere altro, nda) per la
stamperia galvanoplastica applicata, che ha avuto gran successo. E io mi reco a
premura trasmettergli a lei, signor Direttore, perché si compiaccia di farli
tenere agli interessati. L’incaricato del portaglio del ministero degli Affari
Esteri. Carafa”.
Infine, il primo aprile 1857 (foglio numero 1798) si registra la lettera nella
quale il Carafa comunica al cavaliere Felice Santangeli, presidente della
commissione permanente e dell’Istituto di incoraggiamento alle scienze
naturali, l’arrivo di tre copie del rapporto del jurì internazionale con cui si
motiva il premio.
Per chiudere questa spiacevole diatriba è necessario fare un bilancio e una
analisi dei dati che sia seria. All’esposizione universale di Parigi del 1855
il Regno delle due Sicilie partecipa con stand espositivi nel settore delle
Belle Arti. Dal rapporto ufficiale redatto in copia francese e anche in quella
americana, non figurano nel settore dell’Industria. Due diplomi furono
consegnati a due napoletani. Uno per corde armoniche e l’altro per una
stamperia.
Ora questi due diplomi non sono un record né tantomeno un terzo posto. Ma, in
fin dei conti non lo diciamo noi che la storia del terzo posto è falsa. Lo dice
lo stesso professor De Crescenzo quando, nella sua perfetta e tempestiva
precisazione, ci ha scritto: “Nella notizia riportata da varie fonti sul “terzo
posto” a livello industriale europeo, è ovvio che si fa riferimento, semplificando
e sintetizzando in maniera efficace, a studi successivi alla data della mostra
e comparativi della produzione industriale oltre che per quantità, anche e
soprattutto per qualità e varietà dei prodotti realizzati. Lo stesso dato, tra
l’altro, è confermato dalla quantità dei prodotti esportati e verificabile
sempre presso l’Archivio di Stato di Napoli (Fondo Ministero Finanze)”.
Insomma semplificando uno studio posteriore (a quanto risalente non è dato
sapere così come non si conoscono gli autori e i criteri con cui lo studio è
condotto) si può sostenere che, più per qualità che per quantità, le due
Sicilie erano il terzo paese industrializzato d’Europa. Ci fa piacere che si semplifichi
per aumentare la percepibilità del problema ma gli unitaristi a furia di
semplificare sono arrivati a dire che i briganti erano sbandati mariuoli. Non
ci pare che sia proprio così … Secondo momento di questo nostro lungo e ci
auguriamo proficuo dibattito riguarda la fiera dell’ agricoltura del 1856. Si
fanno storie per una medaglia ricevuta dalla città di Napoli per la produzione
di pasta che resta un bel riconoscimento. Una sfogliata anche superficiale ai
documenti del famoso e già citato fascio 246, traccia un quadro molto roseo che
non è riportato da nessuna parte. Le paste del duca di Sant’Arpino (perché
erano sue e non del Cito) sono importanti ma procediamo con ordine. Il
segretario di legazione napoletana a Parigi, Luigi Cito dei Marchesi Cito,
inviò la seguente lettera al Carafa:
“Eccellenza,
ho l’onore di trasmetterle il rapporto che il regio commissario alla
esposizione agricola, duca di Sant’Arpino, in adempimento dell’onorevole
incarico confidatogli, indirizza al Direttore del Reale Ministero dell’Interno
Signor Commendatore Bianchini. Sua Eccellenza osserverà con soddisfazione che i
pochi esponenti sudditi del Re N. S. hanno tutti, senza raccomandazioni né
pratiche ottenuto un premio come anno a indicarle qui appresso. A don Ignazio
Florio una medaglia d’oro per il vino di Marsala; Al barone Onca una d’oro,
altra di bronzo per il vino, formaggi e cereali; ai signori Pavia e Rose due
medaglie di bronzo per la seta e l’essenza di limone ed una simile al signor
Brandaleone pel Sarmacco (o Sommacco ma non si capiva bene la grafia sul
documento). Avendo rimarcate che nulla — alla detta esposizione de regi
domini al di qua del faro e trovandosi una cassetta con collezione delle paste
napoletane per uso mio, pensai dovesse figurare in mezzo alle paste d’Italia e
di Francia. Lungi dall’augurarmi queste eccellenti produzioni sono state con
plauso ammirate ed alle altre preferite, di modo che si è dato la medaglia di
bronzo à la ville de Naples pour une collection de pates. Chiamo la benigna
attenzione di V. E. e del Real Governo sul zelo ed intelligenza che ha mostrato
il regio commissario del quale debbo elogiare l’indicato rapporto. In generale
poi sono state date agli esponenti di prodotti agricoli e d’instrumenti
d’agricoltura dodici grandi medaglie di oro, settantotto pure di oro ma di
ordinaria dimensione, 105 d’argento, 215 di bronzo, 95 menzioni onorevoli. Le
aggiungo che S. E. il Ministro dell’Agricoltura mi ha trasmesso delle — della
ministeriale con che si organizza il concorso agricolo ministeriale che avrà
luogo l’anno prossimo 1857 in questa capitale, pregandomi darle la più grande
pubblicità possibile. Di queste copie ne avevo a oggi 4 riservandomi spedire
tutte le altre nella cassa di libri che dirigerò alla Eccellenza Vostra. Le
rimetto pure accluso un opuscolo sull’agricoltura italiana che il barone de Havelt, già commissario pontificio
all’esposizione universale mi ha pregato di inviarle. Suo con alta
considerazione di Vostra Eccellenza. Pel ministro impedito l’umile, Luigi dei
Marchesi Cito”.
Tutto questo è quanto figura nell’Archivio di Stato di Napoli al fascio 246 del
fondo Ministero Agricoltura Industria Commercio. Alcune riflessioni finali sono
doverose:
1) Il Regno delle Due Sicilie non era il terzo paese industrializzato d’Europa.
Dispiace prima a noi dirlo. L’archivio di stato di Napoli non dice nulla e
insistere su questa strada è deleterio per due motivi. Innanzitutto mette in difficoltà tutti i meridionalisti.
In caso di dibattito pubblico la prima persona minimamente preparata
sull’argomento rischia di umiliarci confutando il dato artificiosamente
riportato. Seconda cosa, non si fa altro che gettare discredito sul nostro
ambiente meridionalista. Notizie infondate di questo tipo, quando sono smentite
da documenti di archivio di stato di Napoli, vanno soltanto cancellate. Solo in
questo caso si riesce a far emergere la verità storica desunta dalle fonti.
2) Se alla esposizione industriale il Regno delle due Sicilie prende due
diplomi (nell’industria) e due medaglie (nella pittura) mentre alla fiera
agricola incassa 12 grandi medaglie d’oro, 78 d’oro piccole, 105 d’argento, 215
di bronzo e 95 menzioni onorevoli, signori cari, ci vuole molto coraggio a
sostenere che era il terzo paese industrializzato d’Europa. Noi questo
coraggio, capace di ignorare i fatti concreti, non ce l’abbiamo e ne andiamo
fieri perché grazie alla verità storica non abbiamo rivali.
3) Il regno delle Due Sicilie era un regno ancora sostanzialmente agricolo. 4
premi contro 505 premi vorranno dire qualcosa? Altra cosa è dire che le Due
Sicilie si stavano industrializzando e avevano avviato il percorso di
formazione di una realtà industriale che si sarebbe potuta consolidare. Altra
cosa è raccontare le nostre eccellenze come Pietrarsa, la fabbrica Egg,
Mongiana, Ferdinandea, le industrie del Liri, quelle della seta di San Leucio.
Atteniamoci scrupolosamente ai fatti.
4) A questo punto l’unica cosa che si può obiettare è che oltre al rapporto
ufficiale hanno mentito anche i documenti dell’archivio di stato di Napoli. Per
questo motivo invitiamo coloro che hanno riportato questo primato, anche in
buona fede, a provvedere alle dovute correzioni.
Roberto Della Rocca e Andrea Casiere
Riportato nella Nota n. 1 a pag.6 di “Quando il Nord eravamo noi” di C. L. Schiano
Interessante la ricerca e la diatriba filoloogica circa i riconoscimenti internazionali all’esposizione di Parigi…a cui in realtà io non darei così grande importanza perché allora come poi sempre esistono interferenze e manipolazioni che lasciano in pratica il tempo che trovano, a fronte di veri primati di eccellenza esistenti all’epoca nelle grandi iniziative di organizzazione sia del lavoro che delle produzioni…la carta nella valle del Liri, la seta a San Leucio, ma recentemente ho letto su una documentata esposizione anche in Calabria… invenzioni tecniche e loro applicazioni e commercializzazioni per cui il Regno delle Due Sicilie all’epoca era senza dubbio nella fila dei primatisti, essendolo da secoli anche prima che si inventassero le fiere internazionali. caterina