“FABRIZIO RUFFO RIVOLUZIONE E CONTRORIVOLUZIONE DI NAPOLI” scritto da Barone Von HELFERT-LE NOTE (II)

(200) Coppi, Annali VI p. 45 parla di 700 persone passate per le armi in Guardiagrele.
(201) Secondo il Cuoco, Il p. 143 nota a) fu da principio destinato alrimpresa il nostro bravo Pignatelli.»
(202) Coppi, VI p. 49: La città fu in preda all’ira devincitori.» Il racconto di P. Colletta, IV, 18, è notevole soltanto per aver egli eccezionalmente riferito la data: «E quindi scoppiando Io sdegno in Duhesme mosse il 25 di febbrajo contro Sansevero.»
(203) Gli ultimi ordini sottoscritti dallo Championnet furono dell’8 e 10 ventoso (26 e 28 di febbrajo); i primi del Macdonald del 13 e 15 ventoso (3 e 5 di marzo); C. Colletta, Proclami p. 75 segg.
(204)Proclami’ p. 76 segg.
(205) Vedi la sentenza della Commissione militare presso C. Colletta’ Nocera 12 di marzo p. 119 segg. Il processo della precedente sommossa di Casoria fu fatto in Napoli il 9 di aprile p. 126 segg.
(206) Coppia VI p, 50.
(207) V. proclama dello Championnet 15 piovoso (3 di febbrajo) presso C. Colletta, p. 73.
(208) Cuoco, II p. 98: «Mentre si lasciavano i beni, si attaccavano lo opinioni; si avrebbe dovuto far precisamente il contrario, ed allora tutto sarebbe stato nell’ordine.»
(209) C. Colletta, p. 67, decreto della commissione del governo provvisorio per gli affari interni, del 26 piovoso (14 di febbrajo); ed ivi p. 6872 lettera pastorale del vescovo Della Torre.
(210) Ivi 23 ventoso (13 di marzo) p. 87; la circolare del Conforti e la notificazione del cardinale arcivescovo di Napoli ivi p. 89; confr. Franchiti, p. 386 segg.
(211) C. Colletta, p. 90-92.
(212) Franchetti, p. 387: «più di trenta vescovi… fra i quali Andrea Serao vescovo di Potenza, Michele Natali di Vico, e i due di Sarno e San Severo.»
(213) C. Colletta, Proclami del 25 di febbrajo art. l’p. 57, e del 18 di marzo art. I p. 92; per gli osti, caffettieri e vinaj rimase ferma l’ora delle 8 di sera «alle due ore d’Italia,» salvo che l’autorità di polizia consentisse un eccezione.
(214) Fu specialmente indicato il Bassal, già cittadino francese, fra quelli da citare. Il provvedimento doveva esser portato a conoscenza dell’universale, e il decreto del 7 ventoso anno VII (25 di febbrajo 1799) fu pubblicato in Napoli e nello stato romano in francese e in italiano. Il testo italiano è in C, Colletta, p. 80.
(215) Cuoco, II p. 3: «Si videro famiglie milionarie tassate in pochi ducati, e tassate in somme esorbitantissime quelle che nulla aveano. Ho visto la stessa tassa per chi avea 60,000 ducati all’anno di rendita, per chi ne avea 10, per chi ne avea 1000.»
(216) Già sotto lo Championnet vi era stato un «comitato militare della Municipalità» al quale appartenevano fra gli altri Clino Roselli, Giuseppe Pignatelli, Antonio Pineda, Ferdinando Ruggì, Gaspare Tschudv, e come segretario Concordio De Majo. Il Macdonald costituì una «commissione militare per l’organizzazione della truppa» composta dei generali Frane. Federici, Gius. Wirtz, Oronzo Massa, e dei cittadini Frane. Pignatelli, Vinc. Palumbo; il cittadino Gius. Marzo ne fu segretario. La commissione rivolse il 16 ventoso (6 di marzo) «a tutte l’uffizialità dell’ex-esercito ed a’ patriotti» l’invito di presentarsi per far esaminare la capacità loro alla fanteria, cavalleria, artiglieria; C. Colletta, Proclami, p. 88 segg.
(217) P. 118 del 7 di marzo; 79 segg. del 13, 99-102 del 31. Delle guardie nazionali i più benemeriti e coraggiosi dovevano essere scelti per la gendarmeria.
(218) C. Colletta riporta parecchi giudicati del tribunale militare; peres, p. 121 segg. del 21 di marzo contro due soldati che aveano assalito e derubato un oste. V. anche p. 95; severo ordine del Berthier, ajutante generale del Macdonald, contro il mal uso di foraggiare arbitrariamente nei dintorni della città, di fare requisizioni e simili.
(219) Cuoco, II p. 167 segg.
(220) Cuoco, anche lui copioso fraseggiatore, si fa beffe tuttavia (II p. 35 segg.) delle formule e maniere di dire, con cui i repubblicani credevano di pascere la moltitudine desiderosa di vantaggi materiali. V. anche II p. 7: «Le vedute de’ patriotti e quelle del popolo non eran le stesse, essi aveano diverse idee, diversi costumi, e finanche due lingue diverse.»
(221) Cuoco, II p. 84.
(222) Maria Carolina a Fabrizio Ruffo riferendosi a notizie venute di Procida sul principio di aprile; Marisca, XVIII p. 548 segg.
(223) C. Colletta, Proclami p. 74.
(224) P. Colletta, IV p. 4, vorrebbe in tal congiuntura lavare il Moliterno dalla macchia di aver avuto una condotta equivoca nei giorni dell’entrata de’ francesi, e lo chiama «capo sincero del popolo nella ultima guerra contro i Francesi, e quando la plebe imperversò, fuggitivo e non traditore.» Confr. Cuoco, Il p, 101: «Si tolse il comando della truppa a Moliterno che conosceva la guerra e che era amato dalla truppa, e si diede a Roccaromana, amabile imbecille che potea solo disorganizzarla.» È del resto da notare che tutto questo passo l’autore lo soppresse nella seconda edizione del 1806. La regina scrisse sarcasticamente alla Hamilton circa la deputazione a Parigi: «Moliterno est allé avec un grand faste à Paris comme ambassadeur extraordinaire pour remercier du bienfait de les avoir républicanisés, c’est-à-dire dépouillés;» Palumbo, LXVIII p. 192. Circa gli artifizj adoperati dai francesi per fare apparirò maggiori le loro forze militari che in realtà non fossero, ved. Rodino, 1. cit. p. 292.
(225) Cuoco, II p. 58 nominava nel 1801 «il virtuoso Vincenzo Russo, ed un altro uomo di genio che solo avrebbe potuto formar la salute della patria;» a chi vuol egli alludere con l’ultima frase? La quale nell’edizione del 1806 è alquanto variata e attenuata: «ed alcuni altri tra’ quali uno che in quelle circostanze avrebbe potuto essere utile alla patria..
(226) Cuocov II p. 60: «Chi ambiva una carica non doveva far altro che mettersi alla testa di un certo numero di patriotti e far dello strepito;» ivi p. 63, 69 ann.
(227) Cuoco, li p. 61 Segg.; P. Colletta, IV p. 8.
(228) P. Colletta, IV p. 4 conclude: «e solo effetto della legge fu il mal credito de’ legislatori.» Confr. Cuoco, Il p. 119-121: «una divisione ineseguibile, ridicola;» della quale era autore il francese Bassal che non aveva mai veduto il paese.
(229) C. Colletta, Proclami p. 95-97; il decreto firmato dal Macdonald avea la data del 7 germinale (27 di marzo).
(230) Cuoco, II p. 145 segg.
(231) Cuoco, Il p. 122-128.
(232) Cibalo, p, 76, 78 segg. Petromasi, p. 117 segg. 123 segg.
(233) Proclama ai suoi concittadini calabresi: «Winspeare infelice, infelicissimo Ruffo, dove vi trasse il desio di rapina!» C. Colletta, p. 118. Cuoco, li p. 138 paragona lo Schipani a Cleono di Atene e al Santerre di Parigi: «ripieno del più caldo zelo per la rivoluzione, attissimo a far sulle scene il protagonista in una tragedia di Bruto,» ecc.
(234) Jomini, XI p. 333-335, confr. Cuoco, II p. 141 segg. ann. a). Quanto alle date delle diverse vicende della campagna dello Schipani, della sua partenza da Napoli e della sua ritirata a Sarno, mancano ragguagli negli scritti da me consultati; e dipenderà solo dalla benevolenza del lettore se vorrà concorrere nella mia opinione, riferendo io la catastrofe di Castelluccia alla seconda metà di marzo, quando l’ajutante di Fabrizio Ruffo, presa e rimessa già da lungo tempo sotto il governo reale la capitale della Calabria citeriore, l’avea di nuovo lasciata e s’era rivolto verso la costa dell’Adriatico. Anche il Coppi, a cui siamo pur debitori di tante date importanti, in questo luogo ci lascia affatto al bujo; Coppi, VI p. 48 segg.
(235) Quest’ultima cosa non è chiaramente detta in nessun luogo; ma si rileva dal non avere né i Russi né il Ruffo, arrivando colà, trovato nessuno dei 12,000 uomini che si supponeva il Marulli avesse sotto le sue bandiere. La misera fine di lui dev’essere accaduta a mezzo marzo o in quel torno, poiché la regina dalla lontana Palermo già ne parla scrivendo il 29, Maresca, p. 342; e poi il 5 di aprile, p. 341: «il povero Marulli è morto, ma si dice che un suo nipote abbia assunto il comando.» Il che probabilmente non va preso alla lettera; il giovine Marulli lo incontreremo più tardi. Date sicure forse si troverebbero in un libretto che tratta degli avvenimenti occorsi l’anno 1799 nella provincia di Lecce; del quale la casa Faesy e Frick fecero ricerche per mio conto a Napoli e a Londra senza poterlo avere tra mano.
(236) Coppi, VI p. 50 fa ascendere gli abitanti d’Andria che persero la vita a 6000, e racconta della battaglia: «Si difesero gli abitanti coraggiosamente,,.. e si notò che dieci soli cittadini, circondati in una casa, resistettero ad un intero battaglione finché non mancò loro la polvere da sparare.» La narrazione del Carafa è presso C. Colletta, p. 120 segg. Dalla parte dei repubblicani vi furono, secondo quella, 12 ufficiali feriti, alcuni pericolosamente; dei soldati 7 morti e 30 feriti. Questo documento porge all’investigatore la rara occasione di segnare una data autorevole in questa storia; poiché altrimenti le affermazioni sono talmente incerte che, per esempio, il Miliutin-Schmitt, Il p. 154 reca la catastrofe di Andria al 20 di febbrajo dell’antico stile, 3 di marzo del nuovo. V. anche Petromasi, p. 119123, dove è pure riferita la iscrizione che l’imperatore Federico avea fatta mettere sopra una delle porte della città:
ANDRIA FIDELIS, NOSTRIS AFFIXA MEDULLIS.
ABSIT UT FEDERICUS SIT TUI MUNERIS EXPERS.
(237) Jomini, XI p. 330-333 confr. con Cuoco, II p. 133: «Una bella, popolosa e ricca città fu distrutta.» Ivi p. 131 è detto pure del vincitore francese per rispetto alla sorte delle tre città sventurate. Sansevero, Andria e Trani: «Si vuole però da molti che avesse abusato della vittoria, e che l’intemperanza del saccheggio e del massacro avessero disonorato una buona causa.» All’assalto di Bari cadde Franc. Pepe, membro del governo provvisorio; v.d‘Ayala, Vite p. 212.
(238) Coppi, VI p. 51 segg. confr. con Maresca, Carteggio della regina, p. 553: «Supponiamo che sia un Corso chiamato Boccheciampe» ecc.; e p. 557: «Mi rincrescerebbe molto che l’infelice Boccheciampe, che io non conosco affatto ma che ha servito, fosse sacrificato da que’ scellerati.»
(239) Cuoco, II p. 130 segg. ann. a); Petromasi, p. 118. V. anche Maretea. Carteggio della regina, p. 552. «Confesso che quello che è successo in Puglia mi rincresce, e non poco la scelleraggine del conte di Ruvo.»
(240) Cuoco, Il p. 138: «Nel dipartimento più democratico della terra, con le forze imponenti di Altamura, di Avigliano, di Potenza, di Muro, di Tito, Picierno, S. Fedele ecc. ecc. Mastrangiolo perdette il suo tempo nell’indolenza; i bravi uffìzi ali che aveva attorno lo avvertivano invano del pericolo che lo premeva.»
(241) Coppi, VI p. 45: Fra i quali 27 frati dei minori osservanti.»
(242) Troubridge a Nelson III p. 329 ann.: «I just learn that Caraccioli has the honour to mount guard as a common soldier, and was vesterdav a sentinel at the palace; he has refused Service.» (La lettera ha la data del 9 di aprile: ed io avrei de’ dubbj quanto al vcsterdav, poiché il nome del Caracciolo si leggeva già il 5 sotto una notificazione del «Comitato militare, sezione di marina.» 0 poteva forse essere insieme uflìciale nellarmata e soldato nellesercito o nella milizia? È più semplice il supporre che il Troubridge scambiasse una cosa dettagli vesterdav con una cosa accaduta vesterdav.) Ivi 334 ann. 13 di aprile: «I enclose your Lordship one of Caracciolis letters as head of the Marine. I hope he has been forced into this measure. This was intercepted at Capri» ecc. Il 18: «Caraccioli, I am assured by all’the sailors, is not a Jacobin, but forced to act as he does. Thev sign his name to printed paper without his authoritv.» Ivi p. 341 Nelson a Spencer 29 di aprile; «Caracciolo has resigned his situation as head of the marine. This man was fool enough to quit his Master when he thought his case desperate; vet in his heart, I believe, he is not Jacobin. The fishermen, a few davs ago, told him publiclv: We believe you are loval and sent by the King; but much as we love vou, if we find you disloval you shall’be amongst the first to fall.» Confr. Pettigrew, I p. 214 segg. Troubridge a lady Hamilton 13 di aprile.
(243) Maria Carolina a Fabrizio Ruffo: «… dei nostri bastimenti, fregate e corvette per far vedere il nostro padiglione;» Maresca,. p. 340. Quanto alle fregate, o la regina si sbagliava, o le cose non procederono secondo la primitiva intenzione; il conte Thurn non venne con la fregata siciliana Minerva se non alquanti giorni dopo la partenza del Troubridge.
(244) Nelson al St. Vincent il 20 di marzo, al Troubridge il 28 e 30, III p. 297 segg., 308 segg., 310; Esterhazy-Cresceri a Vienna 1 di aprile B. Anche gli ammiragli Usakow e Abdul Kadir bey furono dal Nelson informati (III p. 304 segg.); soltanto di una comunicazione qualunque al personaggio principale, al cardinal Ruffo, non si trova nel carteggio del Nelson traccia alcuna.
(245) Troubridge 3 di aprile: «Pour Lordship never beheld such loyalty, the people are perfectly mad with joy and are asking for their beloved master;» III p. 316 segg. ann.
(246) Troubridge a Nelson 4 di aprile: «Pray press tho Court to send the Judge by the return of the Perseus, as it will be impossible to go on else; the villains increase so fast on my hands, and the people are calling for justice; eight or ten of them must be hung.» Nelson a Troubridge 7 di aprile: «Minerva shall’bring the troops and the Judge. Send me word some propre heads are taken off, this alone will comfort me.» Nelson Dispatches, III p. 317 ann., 318.
(247) «In somma sono umanissimi e pieni di timore;» Maresca, Carteggio della regina, p. 346 segg. Confr. il proclama del Caracciolo in data del 16 germinale, anno VII della libertà; secondo il quale la spedizione di John Inelchi — così è riferito il nome dell’ufficiale inglese — sarebbe accaduta «jeri» il 4 di aprile; C. Collctta, p. 105.
(248) Maria Carolina a Fabrizio Ruffo 23 di aprile Maresca, p. 553: «Se mai 300 uomini scelti di cavalleria le fossero utili, il barone Acton… li sceglierebbe e glieli condurrebbe, desiderando vivamente essere utile e servire, scrivendomi lettere sopra lettere su di ciò.» Quando l’Acton giungesse a Ischia e quando ne ripartisse, non sono in caso di dirlo, e neppure se il Mattei fosse suo predecessore o gli succedesse. In una lettera della regina a lady Hamilton si raccomanda al Troubridge «il nuovo governatore d’Ischia Vincenzo Mattei;» di aspetto ripulsivo, odiato a morte dai giacobini, dei quali avea tratto parecchi in giudizio, ma uomo d’ingegno, abile e devoto alla corona. Il Pettigrew, I 213 non ha data; il Palumbo, p. 61 la riferisce al marzo 1799; il che difficilmente può essere esatto, dacché il Troubridge ebbe i pieni poteri dal re solamente il penultimo giorno del mese.
(249) Maria Carolina a Fabrizio Ruffo 12 di aprile: «I più rei sono a bordo di Troubridge, e si è mandato un giudice di qua, che passa per uomo severo, per giudicarli;» Maresca, p. 346.
(250) V. anche Troubridge a Nelson 27 di aprile (Dìspatchcs p. 358 ann.); «the most diligent active man I ever met with in this country; he studies his sovereign’s interest in everything, without the little dìrty policy of making money himself.»
(251) Troubridge a Nelson 7 di maggio; p. 358 ann.
(252) Esterhazy 1 di aprile E: «Le relazioni più recenti del Regno di Napoli sono, che il numero dei realisti cresce alla giornata, e che il cardinale Ruffo nelle Calabrie va facendo sempre nuovi progressi.» Dell’arrivo del Troubridge a Napoli e de’ suoi rapidi progressi sulle isole non si sapeva ancor nulla a Palermo il 5 di aprile: «Niente ancora sappiamo della squadra inglese avanti Napoli, e dell’effetto che quella loro comparsa vi avrà fatta;» Maresca, Carteggio della regina, p. 344.
(253) Maresca, p. 347: «So che il Re le manda la copia delle lettere dell’ammiraglio Troubridge.»
(254) Dispatches, III p. 314.
(255) C. Colletta,’ p. 125 ordine del giorno del Rusca in data del 1° di aprile, p. 126 sentenza contro Niccola Sovviero da Casoria per detenzione d’armi in data del 6, p. 126 segg. sentenza contro Antonio De Luca, Carmine e Mauro Grazioso da Casoria in data del 9 e simili. V. anche la lettera in data del 12 di Maria Carolina a Fabrizio Ruffo, su ragguagli avuti da Procida: «Si fucila spesso, ma tutto popolo basso, nessuno di conosciuto; vi sono rigori grandi e proibizioni se si parla d’inglesi, di russi, del bravo nostro cardinale o di altri;» Maresca, p. 549.
(256) Ivi p. 123 segg. «Il commissario di campagna (Lelio Parisi) ai cittadini del Comune» il 2 di aprile.
(257) Proclami p. 105 segg. (Comitato militare. Sezione marina.) Probabilmente questo scritto era fra quelli dei quali la regina scriveva al Ruffo il 23: «Chi mi ha fatto vera pena di trovarlo un briccone è Caracciolo nostro della marina. Abbiamo firmati di suo carattere gli ordini repubblicani contro di noi, e di più uno stampato dei più atroci e ribelli, caratterizzando il Re per tiranno vile, e giurando a lui ed alla sua famiglia la distruzione: in somma infame, e, confesso che da lui non me lo aspettava. Ma ciò mi fa conoscere quanto è grande ed estesa la corruzione nel ceto nel quale meno dovrebbe esserlo,» cioè fra i nobili; Maresca, Carteggio della regina, p. 519.
(258) «Giuseppe Maria Capece Zurlo p. 1. m. d. D. C. della S. R. Chiesa arcivescovo di Napoli — A tutti i fedeli della sua Diocesi e a tutti i popoli repubblicani del territorio napoletano» ecc. Proclami p. 106: «Il ministero a noi commesso da Dio c’impone di smentire una tale impostura che costantemente si afferma,» cioè la voce che il Ruffo si fosse posto nel luogo del papa; tale inganno essere ordito per far credere al popolo avversa la repubblica alla chiesa; ma ciò non esser vero: «or via, deponete le armi e cessate da una guerra che vi degrada e vi distrugge.» Ulloa, Annotamenti p. 115 segg., crede di poter sostenere che lo Zurlo appose il suo nome allo scritto senza che gli si facesse conoscer bene il contenuto e le parole di esso. Secondo me tale opinione manca di valido fondamento. Se il Conforti avesse fatto stender lui la lettera pastorale, 1avrebbe concepita diversamente; mentre all’angustiato cardinale conveniva benissimo l’attaccarsi a quelle dicerìe per accusare il suo collega, nella supposizione che la cosa fosse realmente vera. Confr. Cuoco, Il p. 230 ann., il quale fa grandissimo conto che il cardinale Zurlo osasse di contrastare al Ruffo: «Quest’uomo ai semplici abitanti delle Calabrie si fece creder Papa. Il cardinale Zurlo ebbe il coraggio di anatemizzare l’impostore.» Di certo suona assai diverso il giudizio della regina, che il 23 di aprile mandò al Cardinal Fabrizio «copia di una seconda bricconissima scempia pastorale dell’arcivescovo stupido nostro, in cui in giuria lo zelo di Vostra Eminenza» ecc. Maresca, p. 519.
(259) Maria Carolina su ragguagli avuti da Procida, il 12 di aprile, Maresca, Carteggio della regina, XVIII p. 549.
(260)«… ma tutto è detto di detto,» osserva la regina nella sua lettera del 23; Maresca, p. 550 segg.
(261) V. la mia Maria Carolina p. 289. Confr. Rodino, p. 305 segg. e Pepe, Memorie, I p. 60: (Panedigrano) «antico galeotto, e non mai prete siccome scrisse il fantastico Botta.»
(262) Sacchinelli. p. 144-146; Cacciatore, I p. 50-53; C. Colletta, Proclami p. 176 segg. Il documento portava la data del 17 di aprile.
(263) Maresca, Carteggio della regina, p. 556: «Abbiamo intercettate scelleratissime lettere di Calabria a Napoli» ecc. La lettera della regina è del 5 di maggio, e quindi le lettere intercettate, delle quali ella dà ragguaglio al cardinale, debbono riferirsi alle ultime settimane precedenti.
(264) Rehfues, Gemälde von Neapel (Zürich Gessnes 1808) II p. 312… Intorno alla deserzione dell’arcivescovo Capecelatro v. anche presso Maresca, p. 344 la lettera di Maria Carolina a Fabrizio Ruffo del 5 di aprile: «Da Micheroux si è saputo che Taranto sedotta dal suo poco pio arcivescovo aveva pure alzato l’albero della libertà.» Per contrario a salvar l’onore del Capecelatro è sorto il canonico Angelo Sgura, Relazione della condotta ecc. (Napoli 1826), secondo il quale la condotta dell’arcivescovo in quel difficile periodo sarebbe stata affatto diversa da quella che la regina, ingannata da false informazioni, gli rimprovera.
(265) Sacchinellì, p. 155: «Risonava nelle contrade della Basilicata il nome di S. A. R. il principe ereditario delle Due Sicilie, e guai a chi avea l’imprudenza di negare o mettere in dubbio quell’immaginario fatto, perché veniva subito perseguitato come giacobino.»
(266) Cuoco, II p. 239: «Ad onta della porpora onde appariva rivestito non era che un capo di briganti.» Palmieri, Moeurs de’ la Cour p. 46 chiama i soldati del Ruffo innanzi ad Altamura assassins, parla di essi innanzi alla fortezza di Vigliena come di 8 a 10,000 bètes fèroces e simili. Occorre egli attendere a confutare tali sfoghi di sdegno? Contentiamoci di prenderne atto.
(267) Tolgo queste cifre dal Sacchinelli, ma non posso trattenermi dal notare che, specialmente per rispetto alle milizie regolari, mi sembrano esagerate.
(268) Esempj presso Sacchinelli, p. 180 segg.
(269) Sacchinelli, p. 154: «Li comandava più coll’esempio che colla parola, e non permetteva che in sua presenza si tenessero altri discorsi che di guapperie, frase calabra dinotante azione di gran valore, mentre per dire in Calabria che uno sia valoroso, si dice: è guappo.»
(270) Cimbalo, p. 22 segg. «… ed io nel riferire il fatto sentomi in tal guisa elevato di mente che parrai di udire all’orecchio risonare le tenere espressioni proferite ad alta voce sonora: Viva Iddio, viva la fede, viva la croce, viva il re, e nel richiamarle a memoria sono costretto a sospendere la penna per la copia del caldo pianto che m’ingombra la vista ed obbliga a starmene alquanto sospeso a meditare l’esuberante gioja provata in quel giorno dii me segnato come il più memorando della mia vita.»
(271) Címbalo, p. 20: «Si fè in questa città militare giustizia con la fucilazione di due soggetti, uno de’ quali era stato Commissario democratizzatore di Cosenza e di molti altri luoghi di quei confini.» Forse il Mazza lo aveva preso in Cosenza e poi fatto condurre in prigione a Rossano. Nel citato «Notamento» p. 628 si trova: «D. Pietro Malena di Rossano» in vece di Cosenza..
(272) Saochinelli, p, 135 segg. 138 segg. 142-144. Secondo il Cimbalo, p. 20 segg. furon condannati a morte tre; «uno de’ quali perché sì esibisce a far da carnefice, vien condannato a venti anni di galea.» Confr. Notamente dei rei di Stato condannati dalla straordinaria delegazione ecc. Arch. stor. nap. 1883 p. 626-620.
(273) Sacchinelli parla di 200 uomini e di un picchetto di cavalieri» rimasti solamente in Matera. Cimbalo, p. 24 invece sa di «duemila uomini di retroguardia;» e questo è più verosimile.
(274) Circa i particolari della presa di Altamura, dalle due parti si è esagerato ed anche mentito. Cosi il Címbalo, p. 27 Noi) non si contenta di dire che molti fra i fucilati della sera del 9 furono non ancor morti del tutto messi sottoterra; vuole anche farci credere che gli autori di tal carneficina «per compimento di lom barbarie legarono a quei cadaveri esangui altrettanti ancor viventi e così due a due legati li seppellirono insieme». Il Cuoco, II p. 222, al contrario conosce le crudeltà e i misfatti degli assedianti, ma non quelli degli assediati, ai quali attribuisce inoltre una costanza che la storia ignora affatto: gli abitanti, poiché tutti i mezzi ordinarj di difesa furon venuti meno, avrebbero, secondo lui, seguendo gli esempj di antichi tempi, adoperato i ferri delle loro case e le pietre, e finanche la moneta convertito in uso di mitraglia. La quale ultima cosa, come apparisce dal nostro testo, è anche dall’altra parte confermata; ma in complesso il fuoco della fortezza non servì se non per coprire l’uscita dei difensori, ai quali si può quindi attribuire tutt altro che eroica costanza. Non occorre dire che gli scrittori della rivoluzione concordano tutti col Cuoco. Ma anche il russo Miliutin, II p. 158 segg., è pieno di descrizioni dei delitti e orrori commessi dall’armata del Ruffo, ed è largo di lodi verso gli assediati che disperatamente si difesero. Quanta fede del resto meriti lo scrittore militare russo in cose di tal fatta, il seguente passo lo dimostra: «Ogni giorno il cardinale vestito di porpora celebrava il servizio divino a un altare rizzato in mezzo al campo a vista degli assediati.» Il Miliutin non sa che il Ruffo non aveva grado sacerdotale, non sa che la presenza del Ruffo nel campo innanzi Altamura non durò neppure un giorno intero, essendo ivi giunto nel corso della mattinata, talché del suo dir la messa e dirla ogni giorno a vista degli assediati non c’è da discorrerne né anche. Della condotta del Ruffo ci ragguaglia il Címbalo, testimone oculare: «È degno di notarsi che l’Eminentissimo Cardinale durante l’attacco si vide sempre con ammirabile coraggio alla testa dell’esercito e ne’ luoghi più pericolosi, animando i soldati a ben combattere, ad onta della mitraglia nemica che fischiava continuamente d’intorno.»… Il Rodino, Arch. stor. nap. 1881 p. 468-471, racconta tutto solamente in encomio della causa repubblicana, e quindi tace del cannibalismo degli assediati, il qual fatto i tre testimoni della spedizione del Ruffo, il Címbalo, il Petromasi p. 37 annot. 1), ed il Sacchinelli p. 167 unanimemente assicurano.
(275) Sacchinelli, p. 167: «Disseppelliti all’istante se ne trovarono alcuni ancor boccheggianti che tosto spirarono.
(276) Cimbalo, p. 25… In un MS. americano trovo l’asserzione che queste monache meritavano il loro destino, perché resistevano all’entrata dei soldati del Cardinale: «si vide le monache armate di fucili far delle scariche sulla truppa dalle finestre e terrazze de’ monasteri.»
(277) Ruffo ad Acton, Altamura 13 maggio (Arch. nap. 1883 p. 639: «L’ affare sarebbe terminato se dalla parte dell’Adriatico le cose fossero andate come si erano disposte.»
(278) Presidente: Consigliere D. Angelo di Fiore; Fiscale: l’Avvocato Giampaolo; Giudici: Caporuota di Lucerà D. Carlo Pedicini, di Trani D. Gioa. Sandino, di Catanzaro D. Vincenzo Petroli, l’Assessore D. Saverio Laudari, l’Avvocato D. Gio. Batt. de Micheli; Avvocato de’ Poveri: l’Assessore D. Ant. Greco; Procuratore de’ Poveri: l’Avvocato D. Aless. Nava. — Il tribunal militare aveva, secondo il Sacchinelli, p. 173, proferito e fatto eseguire soltanto le seguenti condanne capitali: 4 in Cotrone, 2 in Corigliano; in Altamura nessuna.
(279) C. Colletta, Proclami p. 103. anche con la’ firma del Faypoult quale «commissario civile del Direttorio esecutivo di Parigi presso Tarmata di Napoli.»
(280) Ivi p. 102.
(281) Nel proclama del 13 germile (2 di aprile, C. Colletta, p. 104, firmati Abamonti presidente, Salfi segretario) son nominati Gius. Maria Pescara amministratore della cassa nazionale, e le cittadine Giulia e Maria Antonia Carafa collettrici, una moglie del duca di Cassano, e l’altra del duca di Popoli.
(282) Il Direttorio voleva che il Macdonald lasciasse presidj nei luoghi principali dell’Italia inferiore. Il Moreau era contrario: «Je ne vois pas à quoi pourraient nous servir dans ce pays 5 ou 6000 hommes pour garder des points que nous reprendrons quand nous aurons eu du succès.» Ma si fece, come il seguito mostrò, secondo gli ordini di Parigi.
(283) Troubridge a Nelson 25 di aprile: «the Cardinal is quite frightened; he appears to me to be very low and dejected.» Nelson a Troubridge con la stessa data: «he is now frightened at a thousand men going against him, which at one time is thirty thousand, at another not three thousand;» p. 334, 337 nota.
(284) 25 di aprile Disp. III R. 334.
(285) A tale apparizione si riferisce senza dubbio il Nelson, che fin allora non aveva sentito parlare di Fra Diavolo o di Michele Pezza, scrivendo al conte Spencer il 29 di aprile III p. 340. «The communication with Naples is so open that a General took a boat from the city and carne on board Troubridge to consult about surprising of St. Elmo, who where expected to make off on the 27h» Meglio informata era la regina quando scriveva il 23 di aprile al cardinale: «Per il Fra Diavolo si è spedito anche da Procida per vedere di averne una comunicazione diretta e tanto necessaria per dirigerlo e tirarne buon uso;» Maresca, Carteggio, p. 549 segg.
(286) Il Troubridge ne informò il Nelson mostrandosi dispiacente di non potergli mandare la testa del «jolly fellow» in natura, perché al caldo che faceva si sarebbe imputridita; III p. 347 segg.
(287) Il Nelson ne suoi dispacci al St. Vincent, a Charles Stuart e altri toccò leggermente di questi fatti; così in un PS. al conte Spencer del 1° di maggio (III p. 341) dice: «Much blood has been shed near Naples since the We have lost a few men near Salerno.» Gli storici napoletani esagerano dall’altra parte; cosi per es. il Colletta, IV 24, che anche questa volta riferisce la data precisa, parla di 6 bandiere, 29 cannoni, lunga fila di prigionieri, e assai più di 3000 morti!… Se la spedizione del Caracciolo in questa congiuntura fosse la stessa menzionata dal Colletta, IV 27, o dal Cuoco, II p. 158, mancando presso tutt’e due qualunque data, non sono in grado di giudicarne; e voglio solo avvertire che il secondo parla ugualmente del tempo sfavorevole, come della sola cagione che impedisse ai napoletani di battere gl’inglesi, sebbene prevalenti di forze, e di impossessarsi delle isole. Del procedere del Caracciolo era con ragione amareggiata in tal circostanza la regina: «quel birbo del Caracciolo» — la condotta di quell’ingratissimo furfante mi fa orrore» — «un ingrato forsennato;» Maresca, p. 557, 559.
(288) Un proclama di tal genere non poteva il Macdonald pubblicarlo che come generale in capo, e non fu tale se non nel marzo; la sua partenza dalla città fu effetto degli avvisi giuntigli a mezzo aprile, o nella seconda metà di esso mese, dall’alta Italia. Si trovano anche nei «Proclami e Sanzioni» (del resto assai incompleti) scritti di mano del Macdonald e con la indicazione: «Dal quartier generale di Napoli» sino a verso la fine di marzo; mentre il Coppi, fra i narratori italiani, a me noti, di tali avvenimenti il solo che riferisca con sufficiente esattezza le date, dice espresso (VI p. 52) che il general Wattrin — così egli scrive in luogo di Vatrennes — dopo i successi della Cava e di Salerno si ritirò a Caserta, «dove sul principio di maggio si ragunò tutto l’esercito francese.» La data del 12 di febbrajo indicata dal Palombo p. 68 è per me affatto incomprensibile; e poiché esi riferisce al Monitore napoletano N. 4 del 24 piovoso (12 di febbrajo), né ho potuto riscontrare questo giornale, lascerò agli studiosi italiani la cura ed il merito di far luce su questo punto di non poca importanza.
(289) Mi arrischio qui eccezionalmente a star con P. Colletta, IV p. 26, perché il racconto è verosimile, e perché da un lato menzionando i successi di Salerno e di Castellamare, e dall’altro non menzionando il Macdonald e quindi non facendolo assistere alla festività, porge dei dati certi per determinare il tempo. Tuttavia c’è una circostanza che mi confonde. Secondo il Colletta anche i trofei della guerra furono dati per mezzo del fuoco alla distruzione; non sarebbe questo un accrescimento o uno scambio dei particolari relativi alla solennità dell’8 di marzo? Intorno a ciò non potrebbe ragguagliarci se non il Monitore napoletano, dove si dovrebbe poter riscontrare chiaramente le feste repubblicane ordinate dal governo, e verificarne le fasi più rilevanti.
(290) «Ruvo era ultimamente in Napoli secondoché gente da lì venuta mi hanno detto;» 8 di maggio, Maresca, p. 557.
(291) Cuoco, II p. 143 per rispetto al progresso, rimasto senz altri effetti, del Macdonald il 28 di aprile: «Così gl’insorgenti di Lauro e di Sarno, non vinti ma solo irritati, si unirono a quelli della Castelluccia e delle contrade di Salerno già vincitori.» Confr. Maria Carolina a Fabrizio Ruffo 8 di maggio (Maresca, p. 557): «Salerno fu realizzata, poi di nuovo ripresa e saccheggiata, e partiti i giacobini di nuovo messo il padiglione del re.» I fatti precedenti fino al 28 di aprile sono disgraziatamente menzionati con troppa brevità dalla regina nella sua lettera del 3 di maggio (loc. cit. p. 554 segg.): Sorrento, Castellana are, Massa aveano inalberato la bandiera reale, avean dato addosso ai giacobini, e uccisili; erano stati mandati loro dalla Sicilia 100 esteri sotto il preside Micheroux; ma tornati poi i giacobini, il Micheroux era scappato lasciando al loro destino i 100 esteri; lo Tschudy con 70 esteri era andato verso Salerno, che con suo dispiacere avea trovata novamente in possesso de’ giacobini; cosa ne successe lo ignoro interamente; si vedeva da Procida faro fuoco.»
(292) Sacchinelli, p. 175-177.
(293) C. Colletta, p. 137-159: «Progetto di costituzione della repubblica napoletana del 1799 ecc. con note di Angelo Lanciotti. Circa le date, quando la commissione dei tre si riunisse e quando conducesse a termine i suoi lavori, siamo disgraziatamente al bujo.
(294) Ved. C. Colletta IV 9, e Botta IV p. 179-181, il quale paragona le disposizioni del Pagano in confronto alle condizioni attuali a bei colori su legni fradici.»
(295) Címbalo, p. 36 parla delle «ree massime che s’insegnano dalle pestifere tribune delle sale patriottiche (oh Dio, anche dalla gente di chiesa!).»
(296) Cuoco, II p. 207 segg. «Il voler difendere la repubblica Cisalpina, la Romana, la Napoletana colle sole proprie forze, il voler temere egualmente il nemico e gli amici, era la massima di un governo che vuol crescere il numero de’ soggetti senza aumentar la forza.»
(297) C, Colletta, p. 160166: «Organiszazione di quattro legioni di linea di fanteria» con indicazione di tutti gli ufficiali e così dello stato maggiore. Dei colonnelli è solamente menzionato uno di quei primi, Antonio Belpuzzi. Il decreto è firmato dal d Agnese, presidente della commissione esecutiva, e Careani segretario generale. V. anche ivi p. 160: «Disposizione generala di marcia per gli ufficiali che debbono formare le quattro nuove legioni.»
(298) Secondo ¿1 Pepe, I p. 52 la legione calabrese era «composta di studenti ed altri giovani nativi delle Calabrie ed ardenti amatori di libertà, i quali trovavansi nella capitale all’entrar che vi fece lo Championnet.»
(299) P, Colletta, IV 26. Ivi 29 si discorre d’un disegno avventuroso, per non dir matto, che vo riferire a mo d annotazione. Partendo dalla massima del Montecuccoli, che per la guerra vi è innanzi tutto bisogno di danaro, il general Matera avrebbe chiesto libera facoltà di impadronirsi di dodici fra più ricchi cittadini, e di smunger loro, con minaccia di morte, 800,000 ducati; dequali 500,000 gli avrebbe dati al Méjean comandante di Sant Elmo, che a tal prezzo metterebbe a sua disposizione 1000 uomini del presidio francese, e gli altri 300,000 gli adopererebbe per altre spese di guerra. Con quei 1000 francesi e tutte le milizie indigene ei voleva abbandonando pel momento al suo destino la città, muovere da prima contro il cardinal generale, sconfiggerlo e prenderlo prigione; poi rivolgersi contro i capibanda, e Tuno dopo 1altro assalirli e disfarli; finalmente, sgombrato il nemico da tutto il paese, ritornare alla capitale.
fonte
https://www.eleaml.org/ne/stampa2s/1885-Fabrizio-Ruffo-Barone-von-HELFERT-2025.html#DOCUMENTI