Alta Terra di Lavoro

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FERDINANDO? ORA C’E’ ANCHE DI “GEA MARTIRE”

Posted by on Nov 12, 2017

FERDINANDO? ORA C’E’ ANCHE DI “GEA MARTIRE”

Un paio di anni fa, dopo che vidi recitare Gea Martire in “la Fuchera” di Antonella Cilento a Villa Posillipo, le dissi, mestamente, che secondo il mio modesto parere era l’unica attrice che poteva recitare Donna Clotilde in Ferdinando senza  scimmiottare il monumento Isa Danieli, domenica 15 ottobre al teatro Nuovo di Napoli il mio auspicio l’ho visto materializzarsi.

S’è andati oltre a Farinelli, s’è andato oltre ad Enrico Caruso, s’è andato oltre a Antonio Potito, s’è andato oltre ad Eduardo, s’è andato oltre a Totò, s’è andato oltre Viviani, s’è andato oltre a Massimo Troisi, s’è andato oltre a Maradona e bisognava andare oltre anche ad Isa Danieli perché, se questi artisti unici e irripetibili vogliamo che diventino immortali, c’è bisogno che qualche essere coraggioso si prenda l’onere di rappresentare quello che hanno creato e rappresentato, Gea Martire è stata capace di andare oltre ad Isa Danieli in “Ferdinando”.

Se dopo aver visto la rappresentazione di domenica 15 ho sentito la necessità di rivedere per l’ennesima volta “Ferdinando” di Isa Danieli vuol dire che Gea, fatemi passare la presunzione di chiamarla solo per nome,  è stata originalissima e con una propria personalità nel recitare Donna Clotilde, si confrontano solo le eccellenze.

Non si può certamente togliere dallo scalino più alto del podio Isa Danieli che rimane in assoluto la numero 1, se un talento ha avuto il merito e la fortuna di recitare con Eduardo, cosa ben diversa da chi lo studia, è inutile cercare di spodestarla, ma Gea, con la sua interpretazione, può tranquillamente salire su quel podio perché non è caduta nell’errore che altre hanno fatto prima di lei.

La sua interpretazione è stata diversa con un ritmo diverso, veloce, e con una mimica posturale accentuata nel rispetto della tradizione napoletana e del suo teatro antico sopperendo, così,  alla sua mancanza di dizione napoletana cittadina tipica di chi è nata nel centro storico, quella, se non nasci in quei luoghi, non la potrai mai avere anche se nasci a Torre Annunziata.

Da autentica Regina della scena ha preso per mano la commedia e gli altri protagonisti avendo la capacità di diventare una comparsa quando ce n’era bisogno senza invadere il campo altrui, le Regine sono nate per servire, dando spazio a tutti per far si che la rappresentazione risultasse eccellente.

Il trucco perfetto sia nel primo atto, quando doveva apparire una anziana nobile decaduta, come nel secondo quando è stata capace di essere una Milf  ante litteram che per apparire sempre giovane sembrava una bambola di cera. I tempi recitativi non li ha mai sbagliati facendo apparire Donna Clotilde una lazzara aristocratica, Gea era molto concentrata e non voleva sbagliare nulla, non so se c’è riuscita perché non sono esperto di recitazione ma se da semplice spettatore non li ho notati vuol dire che l’intensità dello spettacolo è stata cosi forte da mascherarli, come si dice il Teatro appartiene a chi lo guarda.

Don Catellino al primo atto sembrava fuori luogo con il suo atteggiamento conformista e riverente verso il nuovo che era entrato nell’ex Regno delle Due Sicilie e l’impressione che mi ha dato era negativa ma c’era un perché, infatti nel secondo atto dove ha recitato in Siciliano tirando fuori la veriticità piu intima e passionale di Don Catellino l’attore è stato all’altezza.

Gesualdina un’altra piacevole sorpresa e se nel primo atto è stata “molto” governante di famiglia osseguiosa senza soccombere la cinicità di Donna Clotilde, nel secondo  ha recitato da vera lazzara napoletana con una passionalità e una forza tipicamente partenopea, senza pause recitando in un napoletano che è stato una sinfonia per le nostre orecchie.

Ferdinando, come Don Catellino, quando recitava in Italiano era fastidioso ed irritante, anche qui c’è un perché, ma quando lo faceva il napoletano è stato un piacere vederlo ed ascoltarlo perché come per Gesualdina il suo lessico era musica per noi che ascoltavamo.

Ci sono state scene forti e carnali dove il contatto fisico è stato diciamo, intimo, ma non mi dilungo molto perché solo per gli italiani nati a Napoli e per chi viene da fuori, che conoscono poco la cultura e l’arte napoletana era una cosa anomala o figlia di qualche tecnica teatrale di una scuola tal dei tali. I napoletani, invece, sanno che la recitazione era nel rispetto della tradizione artistica di Atellana memoria  presente nell’arte tradizionale Napoletana e nel vissuto quotidiano napoletano,  dove la passionalità, la carnalità, sono l’essenza, come dice Enzo Gragnaniello “Napoli è come il magma del Vesuvio ed è così da 3000 anni”. Il simbolo fallico dello spadino, creatore di vita e di morte, è nel dna della civiltà napoletana e napolitana e come recita una tarantella scostumata  “se si n’omm senza p…… che c….. camp’ a fa”!!!

Da circa 3 secoli si sono succedute la modernità, la post modernità, l’era tecnologica ed ora quella digitale che si contrappongono sempre alla Tradizione che sta sempre la come una dea poggiata sul Vesuvio che guarda tutto quello che passa sotto di lei, nasce e muore con superbia e altezzosità e sapete perché? Perché Tradizione vuole dire innovazione dove l’essere umano, come essere figlio del divino, è protagonista dei cambiamenti e non spettatore e questo lo si è notato nella Scenografia e nella Regia di Ferdinando di Gea Martire. Sulla scena si notava lo splendore di un passato decadente apparentemente morto mentre invece è solo in letargo,  I testi leggermente modificati, che affronterò dopo, che hanno arricchito la commedia, il letto di Donna Clotilde centrale ad occupare la scena con la sua camicia da notte che era un contenitore del tempo che la racchiudeva e la proteggeva e che l’ha di nuovo accolta quando s’è capito che il nuovo mondo non le apparteneva. Il piano che suonava ai piedi del palco suonato dalla protagonista all’inizio del secondo atto. Gli sgabelli con rotelle che aiutavano gli attori a muoversi come una danza e il secondo atto è stato recitato tutto di un fiato senza pausa, sembrava una tammurriata, una tammurriata recitata.

Unica cosa che non mi è piaciuta è l’intervista rilasciata dalla Regista…..dove affermava di non aver mai visto Ferdinando di Isa Danieli che, anche se è vero, non avrebbe mai dovuto dirlo perché è una forma di snobismo tipicamente borghese mentre la bravura che ha dimostrato nella regia è molto aristocratica.

Fin dalla prima volta che ho visto Ferdinando ho considerato la commedia identitaria-Napolitana ed infatti è visibile sul nostro canale youtube e il numero di visualizzazioni raggiunte mi dimostra che la mia sensazione non è isolata. In questa commedia la identitarietà è molto più marcata e questo lo si nota già con la descrizione esatta della data della fine dell’assedio di Gaeta, dal fatto che quando la recitazione è in Italiano i protagonisti sembrano goffi  e innaturali mentre quando parlano in napoletano sono superlativi. Se anche nella versione televisiva c’è la notazione che l’italiano e lingua brutta e se c’è una lingua al di sopra del napoletano quella è solo il latino, lingua sacra, in questa versione c’è l’aggiunta geniale di affiancare al napoletano il siciliano che …………. In Don Catellino è perfetto e ci fa capire che insieme alle lingue madri prima dell’italiano, greco antico e latino, ci sono anche il napoletano e siciliano.

Francesco Sabatini (linguista) autore del “Morandini” dizionario…è intervenuto a Unomattina in famiglia:

“non esiste e non è mai esistita alcuna lingua Lombarda e Veneta…non esiste e non sono mai esistite lingue Settentrionali…nel Settentrione esistono e sono esistiti solo “DIALETTI”… le uniche lingue preunitarie riconosciute sono: Greco Antico, Latino, Napoletano e Siciliano.

 

Nel protagonista Ferdinando che in realtà è Emanuele Filiberto, c’è proprio tutta la genesi e il modo di fare dei Savoia e del nuovo mondo, come potete anche notare da questo breve testo di Stefano San Pol

Francesco II da Stefano San Pol

che è diventato l’elemento caratterizzante di questa Italia e di questa civiltà. Quando Donna Clotilde capisce che è inutile qualsiasi reazione di fronte al comportamento del giovane Filiberto, ci fa capire che nulla si puo con questa nuova e brutta “razza” e che il suo mondo ormai appartiene al passato,  bellissima la scelta di farla rientrare nella camicia da notte.

Il problema è che le oscenità le perversioni , nella napoletana maniera “le zozzerie” sono nate con la nascita dell’uomo ma se nel nostro mondo, lo sento sempre mio, fatto di dame e cavalieri questi comportamenti si facevano perchè erano figli di passioni, anche distorte,  e di sentimenti veri e genuini, dove la trasgressione aveva un valore mentre per il nuovo che nasceva, che oggi vediamo nel quotidiano, è diventata  una cosa normale e trasgressore è diventato chi……. non lo è, dove la prostituzione dell’anima, lo sdoganamento della immoralità, il diritto di sopraffazione, è diventato  lecito e giustificato se si persegue l’obbiettivo dell’arricchimento personale e della propria famiglia. Tutto questo in nome della della libertà personale, dei diritti delle minoranze e del materialismo individuale, di seguito un breve video della commedia televisiva.


Annibale Ruccello in pochi sanno chi è, se non per gli addetti ai lavori e per chi aveva visto le sue poche opere,  se è morto a 30 anni è perché forse è stato inviato dal Divino per donare a Napoli un altro Mito che, anche grazie ad una sola commedia, puo tranquillamente sedere al fianco dei grandi come Eduardo, Scarpetta e Viviani.

Pasolini definiva Napoli “una Sacca della storia dell’uomo” e con Ferdinando di Gea Martire questa storia continua, Napoli continua a generare cultura e creare vita mentre il resto del mondo osserva e……rosica.

Di seguito l’intera commedia di Isa Danieli in attesa di poter rivedere in Rai anche quella di Gea Martire

Claudio Saltarelli

 

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