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Ferdinando Russo, “Scugnizzi”

Posted by on Gen 14, 2021

Ferdinando Russo, “Scugnizzi”

Nel numero 2 della rivista Lingua e Stile (dicembre 2006. Società
Editrice il Mulino, Bologna) il professore Nicola De Blasi pubblica un
approfondito studio sulla origine storica della parola “scugnizzo” e sulla
sua comparsa nella lingua napoletana.

Non una ricerca etimologica del
termine, (anche se De Blasi ne ripercorre le diverse interpretazioni dei
linguisti amanti della origine della parola) ma una storia della introduzione
del termine nel parlato e nello scritto napoletano.
La conclusione alla quale arriva De Blasi è che la parola scugnizzo,
ignorata dalla letteratura napoletana fino all’ultimo decennio dell’ottocento,
fosse in realtà anche poco o del tutto ignorata nel parlare comune.
“La sequenza di cronache in cui si tratta di scugnizzi è aperta molto
probabilmente proprio da reportage di F. Russo sulla Piccola camorra
apparso su “La Riforma” nel 1895”.

Questa che segue è la descrizione dello scugnizzo fatta dallo stesso
Ferdinando Russo.
“Lo scugnizzo è il monello abbandonato, spesso dai genitori
medesimi, fatti crudeli dal vizio o dalla miseria. Il vocabolo appartenente
al gergo più basso, fu colto molti anni fa da chi scrive sulla bocca
medesima di quei monelli; ed ha origine nel gioco detto a
spaccastrommole, consistente nell’abilità di scognare, cioè sfaldare,
scheggiare, con la punta della propria trottola, quella già girante del
compagno”

A Ferdinando Russo dobbiamo non solo l’introduzione nella
letteratura del termine scugnizzo ma anche le liriche più accorate su questa
genia particolare di popolo infantile napoletano. Riportiamo la
presentazione che l’Autore dedicò alla raccolta di sonetti dal titolo
’E Scugnizze.
“Questi sonetti, – pei quali ho usato un dialetto plebeo che è quasi un
gergo, – devono considerarsi come l’Inno melanconicamente ironico
all’infanzia abbandonata. Scugnizzi in balia del caso fino a quindici o
sedici anni, i miei piccoli eroi, fatti adulti, non possono altro diventare –
meno qualche rara eccezione – che Gente ‘e mala vita.
Consideri la cosa, il sociologo; e il fannullone non irrida troppo al
sentimento che ispirò il poeta.
In quanto al Filosofo di professione, è pregato di non trarre dal
fenomeno, se pur di esso si accorga, elucubrazioni cretine”.
Napoli, ottobre l920 Ferdinando Russo


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