Fiorentino Bevilacqua sul Brigantaggio
Caro Claudio.
Ho letto il tuo articolo sulla morte del brigantaggio.
Io sono di parere diverso rispetto al tuo.
Io penso che sia morta la lettura dei fatti di legittima ribellione alla nuova situazione economica e politica imposta con la forza dai Piemontesi dopo i fatti del 1860, lettura, sminuente e denigratoria, che veniva sintetizzata con il termine di “brigantaggio”. Lettura artatamente sminuente e denigratori appunto perché denigrando si sminuisce e si priva dei suoi veri contenuti e connotati l’evento che, appunto perché avverso ai fini e agli scopi di chi mette in atto l’azione sminuente, deve essere da questi combattuto.
Oltre tutto, denigrando l’evento avverso, lo si può combattere senza che nessuno o, quanto meno, senza che i più si ergano a sua difesa.
Immagina di camminare su un affollato marciapiede: vedi uno che corre in direzione opposta a te; qualcuno dietro di lui urla … “Al ladro! Al ladro!”. In questa situazione tu non hai nulla da ridire se vedi qualcuno che cerca di bloccarlo anzi, magari viene proprio a te l’idea di fare uno sgambetto al fuggitivo per consentire agli inseguitori di raggiungerlo e catturarlo. A pensarci bene, vista la situazione, consideri meritoria una azione del genere.
Ti sentiresti, invece, quanto meno un incivile se, vedendolo correre (… magari, pensi, rischia di perdere il treno; forse deve raggiungere una persona cara ricoverata nel vicino ospedale o qualcos’altro di simile) tu lo ostacolassi nel suo precipitoso muoversi: in questa situazione tu, allora, ti sposteresti di lato e gli faresti spazio per non ostacolare il suo incedere convulso nel quale non vedi niente di male.
Se qualcuno, dunque, definisce “briganti” (cioè assassini, ladri, grassatori) i legittimi difensori di un ordine, a tutto tondo, abbattuto inopinatamente e illegittimamente, questo qualcuno ( l’oppressore) spiana a se stesso la strada verso l’eliminazione di costoro che, resistendo e opponendosi, ostacolano il raggiungimento dei suoi scopi.
Perché così facendo rende a se stesso più facile il compito di eliminare le ultime sacche di resistenza?
Siccome, per farlo, dovrà usare metodi e mezzi che non saranno scevri da critiche (ha già mascherato l’intervento come fatto e voluto da altri e, poi, da suo fraterno aiuto) meglio definire i resistenti come dei reprobi (che è necessario, dunque, riportare sulla retta via: azione meritoria) ma siccome sono incoercibili, allora tutti i mezzi diventano leciti (quindi, se la saranno voluta loro la violenza ).
Quanto meno, l’opinione pubblica non avrà nulla da ridire. È un modo per manipolare la coscienza collettiva a proprio vantaggio.
La concezione del “brigantaggio” post unitario quale endemico insieme di atti illegittimi, è sicuramente morta, almeno nella mente, nella coscienza, nella consapevolezza e nel sentire di chi ha fatto revisione storica.
Ma a questa “morte” ha fatto seguito, a mio avviso, una rinascita e una trasfigurazione, una sublimazione quasi: da brigantaggio (deplorevole, condannabile moralmente prima ancora che legalmente) a Brigantaggio, cioè movimento di resistenza ad una oppressione ingiusta e deleteria.
Inteso così, il Brigantaggio è più vivo che mai, soprattutto nella mente e nel sentire di molti giovani che vedono in esso un qualcosa di positivo, una legittima ribellione, cioè, per i torti subiti.
Magari non padroneggiano, data la giovane età e il non molto tempo che la maggior parte di loro ha dedicato all’approfondimento, tutti i contenuti, storici, economici, politici, sociali del nostro passato (preunitario e post unitario) e del presente, ma la bandiera c’è. Prendere quegli eventi (definiti dai piemontesi, e da allora in poi … brigantaggio) come bandiera significa aver raggiunto la consapevolezza che non è andato proprio tutto così come ci è stato raccontato e che non eravamo esattamente come ufficialmente ci hanno insegnato a credere. Prendere quelle azioni di resistenza, quel periodo storico (1860-1870) non come una sequela di eventi negativi, esecrabili, ma come bandiera, è il primo sintomo che il sentire è cambiato e che qualcosa, in futuro, andrà ulteriormente cambiato.
In questo senso il Brigantaggio è più vivo che mai.
Omme se nasce e brigante se more sì, ma oggi, possiamo forse dire che … unitari , risorgimentali culturalmente si nasce alla coscienza di sé con l’educazione ricevuta; Briganti si diventa; terroni meridionali si “nasce” culturalmente, consapevoli Briganti si diventa con la revisione storica.
Un altro passo avanti ci sarà quando, neanche più culturalmente si “nascerà” insipienti terroni meridionali.
Poi, chissà … ma sicuramente ci sarà molto da lavorare.
Alcuni, oggi, dicono di sentirsi fieri Terroni che non rinnegano il proprio passato … e mi sembra che sia qualcosa di simile al processo che portò molti afroamericani a considerarsi non più negri da disprezzare (secondo l’accezione dei bianchi) ma neri orgogliosi della propria diversità, della propria etnia e desiderosi di riscattarsi dalla condizione, almeno psicologica, di negri da cortile in cui, in fondo, moltissimi di loro, se non proprio tutti, inconsapevolmente vivevano nonostante l’abolizione della schiavitù.
Fiorentino Bevilacqua
Vicepresidente Ass. Id. Alta Terra di Lavoro
Caro Fiorentino ho letto il tuo intervento che sarebbe stato meglio non disgiunto da quello di Claudio avente pari oggetto. Chi legge quello di Claudio probabilmente non leggerà il tuo e viceversa perdendosi questo interessantissimo dibattito sul Brigantaggio e sui Briganti post unitari. Pertanto mi permetto di allegare in calce al tuo pensiero quello che ho scritto in calce al pensiero di Claudio.
Caro Claudio, finalmente una presa di distanza da una parola “Briganti” o “Brigantaggio” con la quale gli unificatori hanno archiviato la guerra civile post unitaria che si è combattuta in modo cruento e senza quartiere nei primi dieci anni dall’unificazione.
Recita lo Zanichelli alla voce Brigantaggio: “Complesso di bande organizzate che agiscono contro la persona o la proprietà, spec. in riferimento al fenomeno sviluppatosi nell’Italia meridionale dopo il 1861”.
Sempre lo stesso dizionario alla parola Brigante “1) Malvivente che stando alla macchia compiva rapine a mano armata. 2) Bandito, predone. 3) Individuo privo di scrupoli.
Ora continuare ad identificare con queste definizioni migliaia di persone che per difendere quello che avevano scesero in campo e morirono mi sembra infamante, ritengo che il nostro ruolo sia di difendere e rivalutare la loro reputazione.
Ovviamente chi li combatteva aveva interesse nel farli apparire come da dizionario per relegare il fenomeno in un contesto criminale. Ma che oggi per chiamare a raccolta i meridionalisti li si vuole mettere sotto una “Bandiera infamante” ( un po’ come il Ciuccio del Calcio Napoli ) creata da chi li combatteva è veramente paradossale.
Contesto decisamente chi oggi si definisce un Brigante con l’obiettivo di far parte idealmente degli insorgenti post unitari in quanto si accetta nel far ciò una etichetta negativa coniata proprio da chi si è macchiato, versando il loro sangue, di crimini contro l’umanità. Per portare avanti un pensiero meridionalista vincente è necessario innanzitutto definirsi NON BRIGANTI ed essere per l’opinione pubblica internazionale affidabili, credibili, rispettabili e portatori di diritti degni di essere considerati. Proprio i concetti che vengono spazzati via quando ci si riunisce sotto la Bandiera del Brigantaggio. Un caro saluto. Giancarlo Chiari