Fra Diavolo: l’Uomo, il mito, la leggenda
Ogni leggenda ha i suoi eroi, ogni storia i suoi protagonisti, ogni popolo i suoi miti. Il nome di Michele Arcangelo Pezza ai più potrebbe non dir nulla, ma se invece si pronunciasse la parola Fra Diavolo, in molti risuonerebbe un eco di memoria. Alcuni lo hanno solo sentito nominare, altri ne hanno letto il nome in saggi, romanzi di avventura, che fosse la penna di Dumas o di Victor Hugo o la musica di Auber poco importa.
Fra Diavolo è quella figura storica, riconducibile a molti filoni letterari, personaggi frutto della fantasia di romanzieri, drammaturghi, sceneggiatori che ne hanno ripreso le imprese, la fama e la popolarità. Fra Diavolo, ebbe una sola sfortuna, l’essere un eroe Napoletano, Borbonico e sanfedista, tutto ciò che la letteratura risorgimentalista ed apoditticamente filo-giacobina non poté certo tollerare che proliferasse. Cosi si fece cadere la sua leggenda, la si etichettò sotto il termine di “Brigante” e la si cancellò dalla memoria.
Chi era l’uomo che fece dire a Victor Hugo: “Fra Diavolo personificava quel personaggio tipico, che si incontra in tutti i paesi invasi dallo straniero, il brigante-patriota, l’insorto legittimo in lotta contro l’invasore. Egli era in Italia, ciò che sono stati, in seguito, l’Empecinado in Spagna, Canaris in Grecia e Abd-el-Kader in Africa!”.
Michele Arcangelo Pezza nasce ad Itri, in quelle che nella toponomastica del regno Borbonico era denominata Terra di Lavoro, nacque in una famiglia benestante, ma durante l’infanzia fu assalito da un grave malattia, la madre temendo il peggio pronuncio un voto a San Francesco di Paola: lo promise frate.
Il voto non s’intendeva come impegno di consacrare la propria esistenza ad una vita religiosa, bensì di indossare un saio, finché questi non si fosse distrutto. Il Giovane Michele assunse cosi per tutti il soprannome di “ Fra Michele”, una sorta di “Bambinello”. Crescendo però venne fuori la sua vivacità e il carattere forte.
La sua istruzione fu affidata al Canonico Nicola de Fabritiis, il quale ne commentò il carattere e la poca dedizione allo studio definendolo con quel soprannome con il quale la storia l’avrebbe consegnato alla leggenda : Fra Diavolo !
Vedendolo poco incline allo studio e alla vita agricola, il padre lo inserì nella bottega del Sellaio Agresti. Durante una lite a cui seguì una colluttazione, Pezza uccise il sellaio e fu costretto a darsi alla macchia. L’invasione Francese dell’Italia settentrionale e l’invio delle truppe Napoletane nella pianura padana a difendere la penisola dalle truppe del Bonaparte diede l’occasione al nostro di veder tramutata la condanna in servizio militare, qui ha inizio la leggenda.
La campagna Napoleonica, e il diffondersi del giacobinismo in Napoli portò in seguito alla disastrosa campagna di Roma, allo scoppio della rivoluzione napoletana e alla nascita della repubblica partenopea. Da quel momento Fra Diavolo divenne l’incubo, il nemico giurato della Francia. Eroe della resistenza sanfedista prima, inquadrato nei sette anni successivi alla vittoria legittimista nelle file del regio esercito, di cui divenne prima capitano e poi elevato a Colonnello per i meriti e il ruolo chiave ricoperto nella vittoria controrivoluzionaria. Inseguito allo scoppio della seconda guerra franco-napoletana fu insieme al Principe d’Assia-Philippistal (comandante della fortezza di Gaeta) l’unico ufficiale a non obbedire all’ordine di ripiegare, rimase a Gaeta fino alla conclusione dell’assedio: combatte nelle campagne, sulle colline, ovunque ci fosse da lottare per la libertà del regno Fra Diavolo lottò senza tregua. Venne nominato dal re Duca di Cassano per il coraggio dimostrato nell’omonima battaglia contro le truppe del generale Verdier.
Rientrato in Sicilia, creata la “ Legione della Vendetta”, mosse in Calabria dove la resistenza anti-francese fu da sempre consolidata e arroccata: con l’intento di sollevare le popolazioni contro gli invasori. Questa volta la storia non prenderà le pieghe del ’99, si trattò infatti di un conflitto ben diverso, parte di una scacchiera più ampia tale da comprendere l’intera Europa occupata.
Fra Diavolo, tentò la sua ultima spedizione in Campania, ove con 500 volontari affrontò l’ultima battaglia. I Francesi gli scagliano contro il Colonnello Hugo, padre del nostro Victor Hugo, l’uomo che anni dopo ricorderà e si ispirerà anche a quei fatti nel suo “Novantatré”, scrivendo delle parole che possono facilmente essere adattate alla memoria “ al di là delle rivoluzioni , le verità e la giustizia dimorano come il cielo stellato al di sopra della tempesta”. Fra Diavolo verrà braccato, catturato e impiccato: lasciato appeso come monito per i ribelli, ,per dimostrare alla popolazione che alla fine Fra Diavolo era solo un uomo, fatto di carne e sangue, un uomo per l’appunto. Cosi chi fosse passato per Piazza del Mercato a Napoli l’11 novembre 1806 avrebbe visto un uomo, in uniforme, appeso per il collo. Era la prassi all’epoca, il fine era quello di frenare cosi la fantasia dei contadini, sempre pronti a raccontare storie e costruire miti, troppo pericolosi soprattutto per forze d’occupazione in un paese ostile.
Si possono uccidere gli uomini, ma la leggenda vivrà in eterno. Nessuna espressione è più vicina alla realtà antropologica del sud della celebre frase de “ L’uomo che uccise Liberty Valance”, “ Qui siamo nel west (sud), dove se la leggenda diventa realtà, vince la leggenda”.
Pasquale Ferraro