Frame Ars Artes/Le donne eleganti di Felice Meo viste di spalle
A Napoli, c’è una strada che un tempo si chiamava corso Maria Teresa, come la regina moglie di Ferdinando di Borbone, il re che l’aveva fatta costruire. E’ una strada tutta curve, rispettosa della natura del suolo e del paesaggio, e godeva, all’epoca, di una legge borbonica che proibiva la costruzione a valle di edifici che avrebbero potuto togliere al popolo la visione della città e del suo mare. Ora questa legge non è più rispettata e la strada si chiama corso Vittorio Emanuele II (di Savoia).
Qui, al numero 423, c’è Frame Ars Artes, una piccola, chiara e luminosa galleria d’ arte, dove si possono visitare interessanti mostre. La gallerista, l’architetta Paola Pozzi, è impegnata a scoprire talenti sconosciuti. Pensa che si trovino soprattutto tra i giovani, che cerca di incoraggiare aiutandoli in ogni modo. Benché, tra questi, sia raro trovare veri talenti.
E’ più facile che, nelle loro opere, vi siano motivi decorativi arieggianti lo stile di qualche artista famoso, piuttosto che (ed è naturale) calore ed esperienze di vita e di arte. Cosicché Paola si rivolge anche agli adulti, artisti sconosciuti, magari anche a se stessi, perché poco consapevoli del proprio valore.
Qualche giorno fa mi dice: «Ti vorrei far conoscere un artista». Felice Meo è ischitano e in verità è molto conosciuto e apprezzato; ma soltanto nella sua isola. Ischia è piena di artisti. Come anche Napoli. «Va’ a trovare chi, oltre la piacevolezza dei colori e delle fantasie marine, ci possa dire qualcosa d’altro» penso.
Paola mi mostra delle fotografie. Sono in bianco e nero: sagome di donna. Queste donne, viste di spalle, sono delineate in curve belle e eleganti, che hanno un’ armonia molto vicina al classico. Il taglio di queste figure, alcune realizzate soltanto fino ai ginocchi, denota una buona capacità di sintesi. Non sono ritratti. Non se ne vede il viso. Sono l’immagine di una donna molto femminile, non ancora mascolinizzata.
E’ la donna-simbolo. Ma è l’idea della donna reale, vissuta, conosciuta, contemplata, amata, desiderata. Una di queste figure china il capo su un lato. Ma non per lamentarsi tristemente della sua situazione, del suo stato di donna. Ma come per seguire un dolce pensiero, per vivere un sogno. Un’altra è distesa su un fianco. Ma non è apatica, sembra intesa a guardare più in là, curiosa. Penso si tratti di opere interessanti.
Ma anche le fotografie sono ben fatte. E la fotografia a volte rende bello anche chi non lo è. Per la qualcosa, il mio giudizio si ferma là. Ma quelle immagini mi rimangono nella mente.
Poi Paola mi richiama, per farmi conoscere di persona l’autore delle opere. Felice Meo è un cinquantenne snello e prestante. Non fa l’artista di professione. – mi racconta. Ma, da sempre, fin da ragazzino, come spesso succede, disegna e colora. Soprattutto disegna, le linee lo affascinano. Frequenta la scuola in un istituto tecnico-commerciale di Casamicciola. Ma lo interessa molto di più un corso, che si tiene a Pistoia, di recupero e conservazione di materiale lapideo, al quale si iscrive nel 1990.
«Da allora- mi dice-la mia vera passione è ridare vita a tutto ciò che viene dal passato. Mi piace il rapporto con la materia e imparo, con la rapidità dell’entusiasmo, i segreti della lavorazione del ferro e della resina».
Ma, dopo questo corso, torna nella sua isola a fare tutt’altro lavoro. Ancora adesso è impiegato nell’azienda di trasporto ischitana. Nel reparto officina. Qui ha a che fare con il metallo e con i materiali di scarto.
La sua passione è anche ecologica. Ama il riciclaggio: trasformare quello che è da buttare, ed è là inutile e dimenticato, in qualcosa di vivo. Lo trasforma nell’arte. Ed è molto particolare come si sia inventata la tecnica per raggiungere questo risultato. Lo vedo, in fotografia, usare una auto per schiacciare un pezzo di metallo e renderlo una lastra sottile, da poter sagomare.
Ecco come nascono le sue donne. Certo l’idea che lo guida è molto forte. «E’ l’idea che spinge a inventarsi una tecnica» mi spiegava un’artista mia amica, Maria Pia Daidone, rispondendo alla mia domanda.
Lui, Felice Meo, inventa anche il modo di rendere colorato e variamente illuminato il metallo. Si è inventato degli acidi che possono lucidarlo o renderlo scabro o variegato. Guardo la sua opera. E’ quella vista in fotografia. Ma è diversa, molto diversa. Quell’immagine non è soltanto una donna, è una luce, una materia vibratile, viva, particolare. E’ di un mondo diverso. Il mondo dell’arte. E rimango stupita, ammirata.
Vi stupirete anche voi, quando il l’8 marzo, verrete a guardarla, al Frame Ars Artes, al corso Vittorio Emanuele 423. L’inaugurazione della mostra è alle 19 e 30.
Per saperne di più
framearsartes.it/
L’autore
Classe 1962, Meo ha partecipato a numerose collettive. Nel 2012-2013 la sua personale “ Nel Segno della Croce” è stata esposta al Castello Aragonese di Ischia Ponte nella Chiesa di San Pietro a Pantaniello, all’Osservatorio-Museo Geofisico di Casamicciola, a Procida, Santa Margherita Nuova Terra Murata e nel 2014 partecipa a un percorso itinerante per le strade patrocinato dal Comune di Ischia.
Ha esposto nel parco termale del Negombo nel 2014, nel 2015 con le mostre “Ipomea” e “Giochi d’Acqua”, e all’Hotel Manzi di Casamicciola con una personale “Donne” con opere di resina su tela, nel 2016 e 2017 in occasione del Natale la mostra “Natività” a largo Ischia Ponte , l’installazione “Il Re di Amsterdam” in piazza S. Restituta a Lacco Ameno, nel giugno 2017 espone le sue sculture in ferro nella mostra “Visioni e Passioni “ al Castello Aragonese di Ischia Ponte.
Adriana Dragoni
fonte
ilmondodisuk.com