Alta Terra di Lavoro

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Francesco Petrarca sul Ventoux di Alfredo Saccoccio

Posted by on Set 26, 2019

Francesco Petrarca sul Ventoux di Alfredo Saccoccio

Nella prima lettera del quarto libro delle “Familiari” (raccolta di 350 lettere), dedicate al fiammingo Ludovico di Kempen, Petrarca racconta l’ascensione, da parte sua e del fratello Gherardo, in data 26 aprile 1336, alla vetta del Monte Ventoso in Provenza, da cui si schiudono ariose visioni paesaggistiche. Primo inciampo : un vecchissimo pastore cercò di dissuadere lui e il suo compagno dall’andare innanzi. Cinquant’anni prima egli vi era salito, ma non ne aveva riportato che delusione e le ossa rotte, come poi, tra cinque secoli, il poeta provenzale Frédéric Mistral. Altri non c’erano stati prima di lui, né dopo. A che fare? Né pascolo, né alberi, né fiori, né acqua, né legna lassù Tornassero indietro ! I poeti sono poeti anche per questo. Ostacoli e consigli di prudenza servono solo a farli più ostinati nella loro ostinazione.

I due giovani e intrepidi alpinisti seguitarono per la loro strada, tra sassi e sterpi. Seguitarono cioè a cercarsi una strada, che non c’era. E più il vecchio pastore li inseguiva con le sue grida perché tornassero, più quelli affrettavano il passo. Gli lasciarono quanti abiti avevano pesanti ed ingombranti. Ben presto, però, cominciarono i guai. Gherardo, più svelto, meno affaticato da gravi pensieri, con i piedi sopra la terra, trovò presto la via giusta e si incamminò a gran passo verso la vetta del monte, che prende il nome dal terribile vento del Gard. Francesco. Un granello di follìa prese Francesco, che a passi moderati, com’era suo costume, volgendosi di qua e di là, curioso di ogni aspetto della natura, il capo nelle nuvole e in petto la musica delle sue dolci rime, se ne andava per i sentieri più lunghi e tortuosi, aggirando il monte, scendendo anziché salire, risalendo, ridiscendendo, perdendosi tra forre e dirupi.

Di lassù il fratello lo chiamava a gran voce e rideva. Si fermò ad aspettarlo, ma lui faceva del suo meglio per sbagliar direzione e disorientarsi. E sbagliando, disorientandosi, ritrovandosi ogni volta più in basso, faceva le sue meditazioni sulla vita beata, che, invece, sta in alto. Ecco, salire bisogna di virtù in virtù (di colle in colle) verso la divina perfezione. Faticosa è la strada, ma certa : basta levare gli occhi al cielo e seguire con i piedi gli occhi. Troppo la sua vita se n’era andata errando tra piaceri terreni e bassi. Ora è tempo di sollevarsi, anima e corpo, verso la beatitudine. Questo pensiero valse a ridargli lena. Forse del tempo, ci lasciò il fiato, ma, infine, trovò anche lui la scorciatoia per raggiungere il fratello e la vetta, alta 1912 metri, che i montanari chiamavano allora il Figliolo, come oggi la chiamano i ciclisti. Il duro roccione a picco era scalato. L’aria frizzante e il bel sole del giovine aprile riempì di letizia l’animo dello scalatore, di vigore le ginocchia, di respiro i polmoni.

Ivi i due fratelli riposarono alquanto e si ristorarono con le provviste portate nel sacco. Ripreso fiato, il poeta volse gli occhi verso l’Italia, che non poteva vedere, sbarrata dalle Basse e Alte Alpi, ma la salutò a gran voce con quel grido che tutti ricordate. Dall’altra parte, laggiù verso il sole, gli parve di scorgere il Mar Tirreno , che è anche il mare d’Italia. Ma forse, se Dio non gli aveva donato una vista miracolosa, era soltanto un’illusione, un desiderio. E pregò il fratello, minore d’età, d’animo mite ed obbediente, di lasciarlo solo a meditare. Francesco tirò fuori il suo Sant’Agostino, che si portava sempre in tasca, lo aprì alla pagina che gli si confaceva : “Gli uomini vanno a mirare le altezze dei monti, le onde enormi del mare, le lunghe correnti dei fiumi, la distesa dell’oceano, il girar delle stelle, ma abbandonano se stessi”.

Gherardo lo lasciò solo perché voleva anche lui star solo, con le meditazioni sue, le quali erano meno letterarie di quelle del maggior fratello, ma ascetiche e sincere. Come si vedrà fra poco. A notte fonda, se ne tornarono alla capanna di Malaucène, un villaggio di quattro o cinquemila montanari, posto a 750 metri, sul versante ovest, da cui comincia, per altri 1200 metri, l’arrampicata per il Ventoso.

Da qui, all’alba, erano partiti. Sani, salvi e allegri come due fringuelli, con meraviglia e rispetto del vecchio pastore. Il fratello Gherardo, di lì a poco, si fece frate chiudendosi nel convento di Montrieux. Era stato innamoratissimo di una giovane e bella donna, che vide morire. La cultura italiana ed europea, seppure entro archi cronologici differenti, elessero il Petrarca latino a modello massimo. Egli gode tuttora di una straordinaria fortuna critica ed editoriale. D’altronde Francesco è un grande poeta, un grandissimo letterato, sublime scrittore in volgare, vario, raffinato, rigoroso scrittore in latino.

Alfredo Saccoccio

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