Alta Terra di Lavoro

già Terra Laboris,già Liburia, già Leboria olim Campania Felix

Fu “Pulizia Etnica” ?

Posted by on Dic 21, 2020

Fu “Pulizia Etnica” ?

Una pagina non è stata scritta dalla storiografia conformista, appiattita sulle versioni ufficiali dei “vincitori”, la pagina relativa alle carceri in cui furono rinchiusi i soldati “vinti”. Questa pagina l’ha scritta recentemente Fulvio Izzo pubblicando “I Lager dei Savoia” (1999). Si fece grande rumore quando lord Gladstone pubblicò nelle sue lettere e relazioni da Napoli le condizioni delle prigioni, certamente non buone. 

Ma Gladstone, che scriveva per incarico di Lord Palmerston, il quale a sua volta aveva un interesse politico, scriveva per sentito dire, riferendo ed amplificando quanto gli era stato raccontato da prigionieri politici che avevano in odio i Borbone, e le sue relazioni fecero definire il regime borbonico “negazione di Dio”. A nulla valse che egli successivamente scrivesse che non era stato in nessun carcere e nessun ergastolo e che “aveva dato per veduto quello che gli avevano detto”, a nulla valse la confutazione che fu fatta con la “Rassegna degli errori e delle fallacie pubblicate dal signor Gladstone” uscita immediatamente dopo le relazioni, nel 1851. I vinti e gli oppositori, ieri come oggi, non hanno diritto di parola; se parlano o scrivono, vanno coperti dal silenzio ostile. Certamente il governo dovette affrontare improvvisamente un problema vasto e complesso con i prigionieri, 1700 ufficiali dell’esercito borbonico e 24000 soldati, senza contare quelli che ancora resistevano nelle fortezze di Gaeta, Messina, e Civitella del Tronto. Ma affrontò il problema con la durezza piemontese, con la boria del vincitore, non con la “pietas” che sarebbe stata più utile, forse necessaria. Ci fu un trattamento duro e spietato che questa volta non trovò nessun Gladstone con un megafono amplificatore. Un tentativo di risolvere il problema fu fatto con il decreto 20 dicembre 1860 e la chiamata alle armi degli uomini che sarebbero stati di leva negli anni 1857, 1858, 1859, 1860 nell’esercito delle Due Sicilie, e fu un fallimento. Si sarebbero dovuti presentare 72.000 uomini, se ne presentarono 20.000. A migliaia questi uomini furono prima concentrati nei depositi di Napoli o nelle carceri, poi trasferiti nei depositi di Genova, Alessandria, Milano, per il decreto 20 gennaio 1861 che istituì “Depositi d’uffiziali d’ogni arma dello sciolto esercito delle Due Sicilie“. Poi furono istituiti due veri e propri campi di concentramento, uno a Fenestrelle ed un altro a San Maurizio. Il forte di Fenestrelle era stato costruito da Vittorio Amedeo nei primi anni del 700, sulla sinistra del Chisone. Più che un forte, era un insieme di forti, protetti da altissimi bastioni e uniti da una scala, scavata nella roccia, di quattromila gradini. Era una ciclopica cortina bastionata cui la naturale asperità dei luoghi e il rigore del clima conferivano un aspetto sinistro. Faceva tanto spavento come la relegazione in Siberia, ed ebbe a provarla il Cardinale Pacca prigioniero di Napoleone. Non era più gradevole il campo impiantato nelle “lande di San Martino” presso Torino per la “rieducazione” dei militari sbandati, rieducazione che procedeva con metodi di inaudita crudeltà. Così, in questi luoghi terribili i fratelli “liberati” venivano rieducati e tormentati dai fratelli “liberatori”! Vi arrivavano, i “liberati”, laceri, cenciosi, affamati, affaticati. Altre migliaia di “liberati” venivano confinati nelle isole, Gorgona, Capraia, Giglio, del tutto inospitali, all’Elba, Ponza, in Sardegna, nella Maremma malarica. Fu “pulizia etnica”, come si dice oggi con ipocrita neologismo. In Parlamento si facevano molte polemiche, molte discussioni, anche aspre, ma nulla si diceva per questi infelici, neppure dai deputati meridionali, soggiogati dal mito sabaudo. Solo Francesco Proto Carafa duca di Maddaloni gridava: “Ma che dico di un governo che strappa dal seno delle famiglie tanti vecchi generali, tanti onorati ufficiali solo per il sospetto che nutrissero amore per il loro Re sventurato, e rilegagli a vivere nelle fortezze di Alessandria ed in altre inospiti terre del Piemonte… Sono essi trattati peggio che i galeotti. Perché il governo piemontese abbia a spiegar loro tanto lusso di crudeltà? Perché abbia a torturare con la fame e con l’inerzia e la prigione uomini nati in Italia come noi?” Ma della mozione presentata non fu autorizzata la pubblicazione negli Atti parlamentari, vietandosene la discussione in aula. Era la politica del silenzio! Era la criminalizzazione del dissenso, il rifiuto di ammettere l’esistenza di valori diversi dai propri, il rifiuto di negare ai “liberati” di credere ancora nei valori in cui avevano creduto. Si volle trarre pretesto dall’operato di autentici malfattori per confondere soldati, contadini, operai, braccianti, proscritti, sotto l’unica denominazione di “briganti”, si accomunarono ai briganti i soldati di un esercito sconfitto e gli scontenti di una situazione nuova, con lo stesso nome di “reazionari”

da: “Brigantaggio e Risorgimento – legittimisti e briganti tra i Borbone e i Savoia” diGiovanni De Matteo A. Guida Ed., Napoli, 2000

fonte

http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/PulEtnica.htm

Submit a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.