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GALLINARO E LE SUE DICIASSETTE CHIESE (prima parte)

Posted by on Set 28, 2016

GALLINARO E LE SUE DICIASSETTE CHIESE (prima parte)

Numerose sono le chiese che, negli ultimi mille anni, hanno accompagnato la storia di Gallinaro e sono molte di più di quelle che oggi possono essere visitate. La maggior parte di esse è, infatti, scomparsa e la loro memoria si conserva soltanto nei toponimi e sotto la polvere degli archivi. Un viaggio attraverso la storia di queste chiese non è affatto inutile poiché, mentre da un lato fa rivivere lo spirito di fede che animò costantemente i gallinaresi, permette, al tempo stesso, di chiarire alcuni punti tuttora oscuri dell’origine e dello sviluppo urbanistico del paese.

Nell’anno di grazia 1308, Gallinaro contava circa 500 abitanti e dieci chiese. Come risulta dalla Ratio decimarum, esse erano: S. Salvatore, S. Nicola, S. Maria, S. Andrea, S. Leonardo, S. Maria di Cellarola, S. Stefano, S. Maria di Iannano e S. Giovanni; alle nove elencate deve essere aggiunta S. Gerardo, evidentemente, non soggetta al tributo, ma la cui presenza è accertata almeno dal 1259. 
La più importante, e forse anche la più antica, era S. Nicola; sorgeva sul Colle di Ferro dove oggi c’è l’ingresso delle Scuole e fu demolita nel 1928 o 1929 per allargare la strada per Ponte di Melfa. Il Libretto gotico permette di anticiparne la sua esistenza di almeno un centinaio d’anni. Sappiamo, altresì, che il titolo originario della chiesa era quello di S. Croce e di S. Maria ma, rispetto a tali denominazioni, ricordiamo che esse sono attestate ad Atina nel X e/o XI sec. e, soltanto per analogia, possiamo pensare che siano state conferite alla chiesa di Gallinaro nella medesima epoca. S. Nicola, chiamata anche la “Sede”, era retta da un sacerdote con il titolo di arciprete il quale, per secoli, godette di un primato di onore rispetto agli altri parroci del paese da lui stesso convocati nella sua chiesa in occasione delle solennità religiose.
Più remoto è il ricordo di S. Maria di Vico costruita sulla riva sinistra del Rio di Gallinaro, in prossimità del castello di Colle Caimondo, intorno al 1030. Chiesa e castello sembrano oggi completamente scomparsi e il loro ricordo è affidato alle poche righe di atti notarili conservati a Montecassino.
Di pochi anni posteriori, sono le documentazioni disponibili relative alla “cellam S. Mariae in Gallenari” di pertinenza dell’abbazia cassinese alla quale ne fu confermato, tra il 1038 ed il 1191, più volte il possesso.
Alla stessa epoca credevo appartenesse l’agiotoponimo di S. Maria di Cellarola i cui ruderi restarono visibili lungo la strada di Rio Molle (in contrada Cellarola) almeno fino agli anni ’80 del XX sec. A tale convinzione ero giunto, associando l’origine della chiesa a quella dell’omonimo castello da me situato nella medesima contrada. Peraltro, un’approfondita analisi del prof. Bloch sulle carte cassinesi relative al castrum Cellarola ne ha dimostrato la collocazione sul Colle dei Roselli e sembra, quindi, necessario ammettere che castello e chiesa fossero due distinte realtà: il primo nel territorio di Casalvieri e la seconda in quello di Gallinaro. In proposito ricordiamo anche un atto notarile del XV secolo (rogato in Gallinaro e riportato nella Polianthea Casinensis) che accenna ad un luogo del paese chiamato “Porta Cellarola” di cui, sfortunatamente, è oggi impossibile determinare la collocazione topografica. Da altre fonti sappiamo che, nel 1250, il beneficio di S. Maria di Cellarola fu concesso a tal magister Giovanni di Campoli, nel 1540 a Bernardino Elvino e poi a numerosi altri prelati, per lo più, di Alvito. Il beneficio fu, quindi, oggetto di una secolare contesa legale tra Montecassino ed il Capitolo di S. Simeone in Alvito che si concluse con la vittora dell’Abbazia alla quale seguì la vendita delle terre a privati.
Nel diploma di re Ruggero del 1140, la linea di confine tra Atina e Gallinaro passa per i beni di S. Onofrio di Gallinaro; la stessa notizia appare nella confinazione del 1204 che, però, è falsa.
La data del 1259 caratterizza il primo documento scritto attestante l’esistenza della chiesa di S. Gerardo come sede di un eremita. Peraltro, conviene qui ricordare che il Libretto gotico attribuisce la morte del pellegrino inglese al 1102, la santificazione e l’ordine di costruire la chiesa da parte del vescovo Roffredo al 1127. A proposito di tali datazioni, tuttavia, osserviamo che esse sono accettabili con molte riserve poiché, mentre è certo che il vescovo citato resse la Cattedra sorana negli ultimi due decenni dell’XI sec., le date della santificazione e della fondazione della chiesa sono ancora oggetto di discussione. Così le incongruenze indicate lasciano sospettare che i fatti, sebbene realmente avvenuti, vengano descritti in base a tradizioni orali imprecise per il lungo tempo, forse un secolo, trascorso dalla vicenda. Come abbiamo anticipato, la chiesa di S. Gerardo non rientra nell’elenco di quelle soggette alla decima papale del 1308-1310, probabilmente perché ancora priva di rendite proprie ed affidata alla custodia dell’arciprete di S. Nicola. Infatti, soltanto nel 1320, viene eretta in beneficio in virtù di una generosa donazione del preposito Marino di Atina, guarito per intercessione di S. Gerardo da una malattia. Altre notizie compaiono nel testamento del sacerdote inglese Domenico De Gerardis giunto a Gallinaro nel 1355 per onorare la memoria del suo santo antenato e morto, nel nostro paese, nel mese di giugno di quello stesso anno. L’atto dimostra, innanzitutto, che in quegli anni si era ormai persa l’esatta cognizione del luogo della sepoltura del santo; in secondo luogo indica che i De Gerardis in quanto “cavalieri” appartenevano ad una famiglia della piccola nobiltà inglese; infine, il cospicuo lascito di 800 scudi per l’istituzione della Cappella del Santissimo prova che quella famiglia, oltre che nobile, era anche molto ricca. Altri De Geradis giunsero a Gallinato ancora nel 1376 e manifestarono la loro benevolenza verso il paese dotando riccamente molte chiese ed ottenendo loro speciali privilegi pontifici. Un ulteriore atto di generosità si verificò con il dono del reliquiario d’argento in forma di braccio inviato nel 1608 dal gesuita “Joannes de Anglicana Gerardorum familia”. L’attuale fabbricato della chiesa ha subito numerosi restauri (l’ultimo ancora in atto) che, nel corso dei secoli, ne hanno sicuramente modificato l’aspetto originario.
Dal 1270 compare, come bene della prepositura benedettina di S. Nazario in Casalattico, la chiesa di S. Maria dei Gennari, citata in documenti cassinesi del 1391, 1398 e 1455. In altre carte redatte, però, a Gallinaro, a Sora e nella Cancelleria reale di Napoli, si fa invece riferimento alla chiesa come “supra gyrum” (1376, 1404, 1594, 1596 e 1641). Secondo la mia opinione è molto probabile che i due termini indichino lo stesso luogo sacro. Attualmente l’edificio è stato ristrutturato ed adibito ad Auditorium e, in questa nuova veste, si staglia sulla parte più alta della Piazza S. Maria. Negli ultimi secoli è stato sempre chiamato S. Maria del Girone.
Fra le tante S. Maria, resta in dubbio se la benedettina Cella S. Mariae dei privilegi imperiali dell’XI-XII sec. sia poi diventata S. Maria di Cellarola, S. Maria del Girone oppure quella S. Maria senza aggettivi citata in una lettera di papa Urbano IX dell’8 luglio 1264; nella missiva il pontefice caldeggiava la nomina a suo rettore di un chierico presentato da Aimone II di Aquino, feudatario di Gallinaro e patrono della chiesa. Essa comparirà nell’elenco delle decime papali del 1308-1310 ma poi non se ne avrà più alcuna attestazione ed è possibile che sia andata distrutta nel “fatale incendium et destructionem” del 1346.
Ma il culto mariano in Gallinaro si è materializzato ancora in altre due chiese rappresentate da Santa Maria del Vallone e dalla Madonnella alla Via Piana. La prima, ricordata in documenti del 1483, 1596 e 1599, è scomparsa da almeno due secoli e ne sopravvive una pietra scolpita (probabilmente del XV sec,) murata all’esterno della casa del dott. Nicola Celestino situata appunto in Via del Vallone. L’altra è una piccola cappella privata eretta in sostituzione di un’edicola dedicata alla Madonna di Loreto di fronte alla quale si formava la compagnia dei pellegrini gallinaresi che l’8 settembre di ogni anno da lì iniziava il cammino che l’avrebbe condotta al Santuario marchigiano. La costruzione fu voluta da Vincenzo Schiavi a scioglimento di un voto da lui pronunciato per avere avuto salva la vita in un gravissimo incidente occorsogli negli Stati Uniti e l’inaugurazione fu benedetta da don Ferdinando Tullio il 10 agosto 1929. Nel 1940 la cappella ed il terreno circostante furono acquistati dai miei genitori e il 19 settembre 1943 io stesso vi ricevetti la prima Comunione. Come è noto la devozione alla Madonna di Loreto nella Diocesi di Sora fu incrementata in seguito alla peste del 1656 che miracolosamente non interessò la Valle Roveto e la Media Valle del Liri.

Il Cronista / 1-09/2007

scritto dal compianto

Domenico Celestino

 

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