Alta Terra di Lavoro

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GARIBALDI GRAN CONQUISTATORE ANCHE DI DONNE

Posted by on Nov 27, 2020

GARIBALDI GRAN CONQUISTATORE ANCHE DI DONNE

Molte donne si innamorarono del Generalissimo , e lui un rude soldato, ma quasi femmineo nella cura della persona non fu un grande amante in quanto preferiva essere amato inorgoglito da quell’aspetto un po’ selbaggio.

Il ruolo giocato dal suo aspetto fisico: i lunghi capelli di grano, la faccia leonina incorniciata da una barba selvatica, lo sguardo limpido e cangiante come il topazio dal celeste al verde faceva colpo sulle donne. Carico di gloria e pieno di debiti. E il suo magnetismo derivava anche dalla sua personalità che a molti rimase sconosciuta, quasi inafferrabile. E le donne pretendevano di impadronirsene sentimentalmente. Era davvero venerato. Una nobildonna inglese Lady Shaftesbury lo pregò di donarle una ciocca di capelli. Molte di loro, dopo la passione iniziale, ricopriranno per il patriota solo un ruolo materno. Orso, ruvido, maldestro, genuino fino alla sgarbo, Garibaldi ebbe tante spasimanti, tra cui una ortolona genovese e vedova. La contessa Maria Martini della Torre,

che pazzamente invaghita del suo idolo, lasciò il marito e, si offrì a Garibaldi come compagna “indivisibile” nella gloria e nella sventura. Ma il generale non ne fu mai innamorato. La nobildonna, per questo, tenterà il suicidio, alla fine sarà rinchiusa in manicomio, circondata, racconta Goldoni, da panni rossi come le mitiche camicie. Quelle color sangue, che secondo il giornalista, erano destinate in gran parte ai macellai di Buenos Aires.

Madame Louise Colet, una poetessa spregiudicata.

La moglie del poeta Lord Byron, Anne Isabelle, che gli procurò molto denaro.

Mrs Deidery, una gentildonna londinese, che pur di vivere accanto a Garibaldi, si addosserà il compito di educare i suoi figli inquieti. Mrs Mary Selly, moglie del deputato inglese Charles, che aveva ospitato Garibaldi nelle sua villa all’isola di Wight.

Ma le storie importanti furono altre. Ebbe tre mogli ufficiali. Anita Ribeiro de Silva, conosciuta in Brasile, il suo unico grande amore. L’accompagnò nel periodo più drammatico della sua vita e morì di meningite a ventotto anni, dopo avergli dato quattro figli Menotti e Ricciotti, Rosina e Teresita.

Per Anita, dagli occhi e i capelli neri, fu un vero colpo di fulmine. Era il 27 luglio del 1839, quando la conobbe. Anita aveva diciotto anni ed era sposata, ma il consorte, in guerra dalla parte dei governativi, da tempo non aveva dato notizie di sé. Era analfabeta, ma seppe dargli tanto amore. Riuscì ad accendergli il cuore, accogliendo la sua povertà e facendo tesoro della sua ricchezza interiore. Dopo la morte di Anita, Garibaldi conobbe Emma Roberts, una nobildonna vedova, ricca, molto corteggiata, non più giovanissima, interessante, ma non bella. Si sarebbero sposati. Ma alla fine Garibaldi capì che i loro mondi erano diversi. “No, non posso farcela- disse Garibaldi (si legge nel libro, ndr), non mi ridurrò mai a una mummia come i vostri amici, fasciati di bende d’alta sartoria”. Rimasero amici, e lei continuò a finanziare le sue imprese”.

Battistina Ravello, una servetta di Nizza trapiantata a Caprera, che Garibaldi trattò come moglie, ma che non sposò mai, anche se gli dette una figlia. Fu un’amante di serie B, con cui il generale soddisfò rudemente le sue voglie dopo una lunga astinenza.

Esperance Brand, una baronessa inglese, raffinata, che a quindici anni dovette sposare il socio del padre, Alexander Brandt, il quale si suicidò dopo il matrimonio. Anche le seconde nozze non andarono bene. Il marito chiese il divorzio dopo pochi anni. Era una pasionaria, una valchiria. Colta, affascinante e il suo salotto era frequentato da letterati e politici. “Una femmina- scrive Goldoni- abituata a condurre la danza”. Garibaldi le chiese di sposarlo, ma Esperance rifiutò. Aveva capito la differenza tra sognare un’avventura romantica ed una normale convivenza..

“Fra i due- aggiunge lo scrittore- probabilmente per colpa di Garibaldi, mancò la magia che trasforma l’affetto in passione”. Continuò a provare per il condottiero affetto e attrazione.”

Se si eccettua Anita, fra tutte le donne che s’invaghirono di Garibaldi- si legge nel libro- Esperance detiene saldamente il record delle migliaia di chilometri macinati per raggiungerlo o accorrere a una chiamata, a cavallo, in treno, in carrozza, in piroscafo”. Ma le loro origini erano molto diverse. Lei nobile, lui figlio di un marinaio. In un libro di memorie Esperance, che rappresentava la versione elaborata di Anita, scrisse di Garibaldi: “Era un astro nel cielo, ma come la luna lasciava scorgere grandi macchie scure”.

Giuseppina Raimondi,

marchesina lombarda, sposata all’età di cinquantadue anni. Cinque minuti dopo il si , un garibaldino consegnò al Generale una busta in cui era scritto che la donna era incinta di un altro, il tenente Luigi Caroli. Dopo l’annullamento del matrimonio con Garibaldi, Giuseppina, che dette alla luce un bimbo nato morto, si risposò con il conte Ludovico Mancini.

Francesca Armosino,

un’altra serva trapiantata da Asti a Caprera, che sposò in tarda età dopo una lunga trafila burocratica e che gli diede tre figli. Donna intelligente che lo accudì quando si ammalò.

IL REGNO SABAUDO ERA SULL’ORLO DELLA BANCAROTTA

Sul regno delle due Sicilie c’erano gli interessi interessi di molte potenze straniere.Questa è l’epoca in cui l’Inghilterra teme l’allargarsi della Francia nel Mediterraneo, sia perché quest’ultima voleva mettere un Protettorato sullo Stato Pontificio e sia perché prevedeva di porre un principe francese a capo del Regno delle Due Sicilie. La tentata vendita della Sardegna ai Francesi da parte dei Savoia per tentare di sanare i fallimentari bilanci del governo sabaudo, così come era stata fatta in precedenza con Nizza e la Savoia, era stata bloccata in tempo dagli stessi inglesi, preoccupati sempre dell’espansione francese nel Mediterraneo.Nello stesso tempo l’Inghilterra, aiutando con finanziamenti, armi e protezioni di ogni genere i patrioti italiani per il raggiungimento della desiderata Unità, miravano a conquistare maggiori spazi sull’intero territorio siciliano, al fine di avere anch’essi un posizionamento importante nello stesso Mar Mediterraneo. Infatti i diversi aiuti finanziari e gli appoggi concessi dall’Inghilterra ai Rivoluzionari Italiani nascondevano un’invisibile appetibilità e brama, perché tra l’altro gli Inglesi miravano ad accaparrarsi le miniere siciliane di zolfo, prodotto che già compravano quasi totalmente, e che poi rivendevano a prezzo altissimo, perchè nella chimica era richiestissimo come prodotto esplodente e nelle armi da sparo; poi desideravano avere una forte presenza sul territorio della Sicilia Occidentale, in quanto già sviluppavano grossi traffici commerciali nel porto di Marsala ed infine avevano intenzione di utilizzare meglio l’importante base inglese di Bronte, la ducea protetta dall’Inghilterra e donata nel 1799 dal Re Ferdinando I di Borbone all’ammiraglio inglese Orazio Nelson.
Ma anche la tattica dei Savoia non era da meno nell’essere considerata altrettanto subdola e mirata: il Piemonte, che si trovava sull’orlo del collasso, non aveva né allargate attività commerciali ed industriali, a parte piccole banche gestite da privati, in prevalenza straniere, e né vi erano grandi banche che potessero giustificare il movimento di consistenti capitali finalizzati ad un possibile tentativo di ripresa economica; al contrario i piemontesi mirarono a conquistare il Sud industriale, economicamente ricco, soprattutto nei depositi bancari, perché conquistando l’area del Sud, avrebbero superato il triste periodo di bancarotta in cui essi si trovavano.

Lo Stato Piemontese, “povero, arretrato e feudalesco”, con una bilancia commerciale in forte passivo, era proprio sull’orlo della bancarotta, per cui Vittorio Emanuele II non aveva tanto da scegliere: o la guerra per l’occupazione del Sud o la bancarotta.

Il fondo monetario degli antichi Stati Italiani al momento dell’unificazione era di 686 milioni di ducati-oro (il riporto è in milioni per dare una più reale conoscenza della consistenza esistente). Solo il Regno delle Due Sicilie aveva capitali per 443 milioni di ducati-oro, seguito dalla Toscana con 85 milioni, dalla Romagna, Marche ed Umbria con 55, lo Stato Pontificio con 35, la Sardegna con 27 e poi tutte piccoli importi esistenti nei bilanci della Lombardia, e di Parma e Piacenza.

Il Regno delle Due Sicilie aveva un attivo in denaro considerevole, perciò era tanto desiderato dai Regnanti sabaudi, i quali seppero attendere il momento propizio dell’Unificazione Italiana per impossessarsi di tutte le ricchezze del Sud ed impoverirlo nelle imprese che avevano fatto la Storia del Regno di Napoli, compreso il tesoro dei Borboni.

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1 Comment

  1. Per me è semplicemente un utile imbecille nelle mani degli inglesi e dei delinquenti della PADANIA

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