Alta Terra di Lavoro

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GENEROSITA’ DEL RE, FRANCESCO II

Posted by on Mar 3, 2018

GENEROSITA’ DEL RE, FRANCESCO II

Ufficiali del Garibaldi furono poi ammessi in Capua, affinché potessero co’ loro proprii occhi accertarsi della cristiana generosità, con cui erano assistiti e curati i feriti della loro parte caduti in mano de’ Regii, e come fossero fedelmente eseguite sopra ciò le volontà del Re Francesco II; il quale pochi giorni innanzi avea indirizzate a’ suoi soldati queste nobilissime parole.

“…….Soldati! Poiché i favorevoli eventi della guerra ci spingono innanzi e ci dettano di espugnar paesi dall’inimico occupati, obbligo di Re e di soldato m’impone il rammentarvi, che il coraggio ed il valore degenerano in brutalità e ferocia, quando non sieno accompagnati dalla virtù e dal sentimento religioso.

Siate adunque tutti generosi dopo la vittoria; rispettate i prigionieri che non combattono, ed i feriti; e prodigate loro, come il 14° cacciatori ne ha dato nobile esempio, quegli aiuti, che è in vostro potere di prestare.

Ricordatevi pure che le case, e le proprietà ne’ paesi, che occuperete militarmente, sono il ricovero, ed il sostegno di molti, che combattono nelle vostre file: siate adunque umani e caritatevoli con quegli infelici e pacifici abitanti, innocenti certamente delle presenti calamità.

L’obbedienza agli ordini de’ vostri superiori sia costante e decisa; abbiate infine innanzi agli occhi sempre l’onore ed il decoro dell’esercito napoletano.

L’Onnipotente Iddio benedirà dall’alto il braccio di prodi e generosi, che combattono, e la vittoria sarà nostra…….”
Gaeta, 29 settembre 1860. Francesco

AIUTO PIETOSO ALLA PERICOLANTE RIVOLUZIONE

Certo è, a detta d’un Corrispondente dei Dèbats da Napoli, che in questo combattimento le cose volsero tanto male pei Garibaldini, che se i Regii il giorno appresso fossero tornati all’assalto ed avessero incalzato vigorosamente il nemico, l’avrebbero inferamente disfatto.

Certo è ancora che nel vivo della mischia, quando la prevalenza dei Regii era omai certa, sopraggiunsero truppe piemontesi, mandate dal March, di Villamarina, che ne sostennero l’urto poderoso e rinfrancarono alquanto i Garibaldini col tiro gagliardo delle artiglierie. Certo è per ultimo che mancando a questi copia sufficiente di artiglieri, il comandante della nave da guerra inglese il Renoum fu sollecito di fornirne largamente con suoi marinari i pencolanti amici: di che il Garibaldi gli rendette poi sentite e pubbliche grazie.

Cosi i Piemontesi, senza dichiarazione veruna di guerra, entravano in battaglia contro il Re di Napoli, mentre questi teneva a Torino presso Vittorio Emmanuele, suo cugino, un suo Ministro e rappresentante.

LETTERA DEL CAVOUR PER ISPACCIARSI DETTO AMBASCIADORE NAPOLETANO.

Non era possibile dissimulare e tollerare più oltre, e il barone Winspeare, avesse pur voluto tacere, era tratto di viva forza a far richiami e andarsene, per la seguente Nota indirizzatagli dal sig. di Cavour, pubblicata poi dal Times, e ristampata da tutti i giornali.

“…….Signor Barone.
Gli avvenimenti che hanno avuto luogo a Napoli durante questi ultimi mesi hanno già determinato il Governo del Re a spedirvi dei bastimenti per la protezione dei sudditi sardi.
D’allora in poi la situazione non ha fatto che peggiorare. Francesco II ha abbandonato la sua Capitale, ed ha in tal modo, in faccia alla popolazione, abdicato al suo trono.
La guerra civile che infierisce negli Stati Napoletani e l’assenza del Governo regolare mettono in gran pericolo i principii, sui quali riposa l’ordine sociale.
In questa congiuntura i cittadini e le autorità del regno di Napoli hanno fatto pervenire a S. M. il Re Vittorio Emmanuele degli indirizzi coperti di numerose firme, implorando l’aiuto del Sovrano, a cui la Provvidenza ha confidato il compito di pacificare e di ricostituire l’Italia.
Dietro ai doveri che gli sono imposti da questo mandato il Re, mio augusto padrone, ha ordinato che s’invii un corpo d’armata a Napoli.
Questa misura che porrà fine ad uno stato di cose che potrebbe degenerare in anarchia, preserverà l’Italia e l’Europa, ed eviterà maggiori spargimenti di sangue. Colgo questa occasione per presentare a Vostra Eccellenza, ecc. ecc.
Firm. Cavour…..».

NUOVI PRINCIPII DI DIRITTO PUBBLICO

Ecco pertanto il nuovo diritto europeo promulgato da Torino. Si eccita una sedizione nella capitale d’uno Stato. Da un potente Sovrano straniero si fa pregare e consigliare il tradito Principe a non ostinarsi in sanguinosa difesa de’ suoi diritti, i quali saranno per altri mezzi mantenuti salvi ed integri.

Poi si dichiara che il Principe essendo uscito dalla sua Capitale, ed avendo così abbandonato il suo reame all’anarchia, lo Stato divenne nullius, o, per meglio dire, di chi sa procacciarsi un centinaio di aderenti, i quali mandino indirizzi e deputazioni a nome del popolo.

E ciò ottenuto, lo Stato diviene proprietà di chi ha forze da pigliarselo. Con questi mezzi non farebbe stupore se il Cavour riuscisse ad effettuare la sua promessa di fare Roma capitale del nuovo Regno Italico.

E chi fosse inorridito di tale teorica, ascolti il signor Cavour che in pieno Parlamento di Torino dice dell’impresa nientemeno iniqua, già compiuta contro la Santa Sede, appunto così:

“…..Forse i mezzi non furono regolari (ossia giusti) ‘ ma lo scopo santo giustifica in gran parte la irregolarità dei mezzi adoperati…..”

Così appunto egli disse nel Senato del Regno, il dì 16 Ottobre, come leggesi negli Alti uffiziali.

Ecco quali sono davvero i professori della scellerata dottrina che il fine giustifica i mezzi!

fonte

la storia che non si racconta

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