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Germania. «Io, finito in carcere perché mia figlia ha saltato due ore di ideologia gender. E ora tocca a mia moglie»

Posted by on Apr 18, 2017

Germania. «Io, finito in carcere perché mia figlia ha saltato due ore di ideologia gender. E ora tocca a mia moglie»

«È una strana sensazione: a scuola fanno violenza sui tuoi figli, poi viene segnalata un’assenza di due ore al provveditorato, di punto in bianco diventi un criminale, un poliziotto arriva alla tua porta e vieni arrestato davanti ai tuoi bambini». L’8 agosto 2013 il sangue di Eugen Martens «si è riempito di adrenalina». Quel giorno il padre di nove figli (foto © famiglia Martens) residente a Eslohe, piccolo comune della Renania Settentrionale-Vestfalia, in Germania, è stato «rinchiuso in galera per 24 ore».

È finito in carcere perché la figlia Melitta di 10 anni si è rifiutata di partecipare alle elementari a due ore di educazione sessuale, durante le quali si insegnano pratiche sessuali, masturbazione, ideologia gender e molto altro. La moglie di Eugen, Luise, finora ha scampato il carcere ma è solo questione di tempo: appena finirà il periodo di allattamento del nono figlio «l’arresto avrà luogo, come ci ha detto il poliziotto pochi giorni fa». I giornali tedeschi hanno definito i coniugi Martens “estremisti cattolici”, ma come testimonia a tempi.it Eugen, raccontando la sua incredibile storia, «noi come famiglia non siamo né cattolici né estremisti. Estremisti sono quelli che cercano di distruggere i nostri bambini attraverso la sessualizzazione precoce e l’ideologia del gender».

Eugen, perché sua figlia ha saltato due ore di educazione sessuale?

Prima che iniziasse la lezione, nostra figlia di dieci anni ha detto alla maestra che lei non voleva partecipare perché si sentiva a disagio. Allora è intervenuta la preside, che ha obbligato Melitta a partecipare contro i suoi sentimenti di bambina. Dopo averla sgridata, la preside si è infuriata, l’ha afferrata per il braccio o per il vestito e ha tentato di trascinarla in aula. Una seconda maestra si è avvicinata e ha aperto la porta. Anche gli altri bambini in classe si sono spaventati, perché le strilla della preside si sentivano fin dentro l’aula.

Poi cos’è successo?

Melitta ha dovuto trascorrere quell’ora di lezione in sala professori e così una bambina che era stata sempre elogiata per la buona condotta è diventata improvvisamente una pessima ragazzina agli occhi della preside.

Non ne avete parlato con la scuola?

Certo, prima che succedesse tutto questo. Siamo andati dalla preside per chiederle che nostra figlia fosse esonerata dai corsi di educazione sessuale ma non è stato possibile. Non c’è stata nessuna pietà, è questione di obbligo scolastico.

Per le famiglie dei bambini che saltano la scuola la legge tedesca prevede la multa e perfino il carcere.

Dopo una seconda ora saltata, la scuola ha segnalato il nostro caso al provveditorato e ci è stata comminata un’ammenda per l’infrazione: 50 euro a mio carico e altri 50 a carico di mia moglie.

E perché è finito in carcere?

Perché non ho pagato.

Non poteva farlo e basta?

Pagare la multa significa ammettere una colpa. L’ammenda in udienza è passata da 50 a 30 euro ma noi crediamo di non aver commesso alcun reato.

Era mai stato in carcere? Che effetto le ha fatto finire in prigione perché sua figlia ha saltato due ore di scuola?

È una sensazione strana. A scuola fanno violenza sui tuoi figli, tu protesti e ti ritrovi a dover pagare una multa. Poiché non ti senti colpevole, non paghi e poco dopo la polizia è già alla porta (foto sopra) e un ufficiale ti sventola sotto il naso un mandato di arresto rosso, sul quale non compare neanche la firma del giudice.

In che senso?

Si rifanno a una sentenza del tribunale che però non è stata firmata da un giudice. Allora chiedi ai poliziotti di identificarsi, ma loro si rifiutano. Per quel che ne sapevo, potevano essere tre criminali e non degli ufficiali. La verità è che insegnanti, giudici e poliziotti esercitano un arbitrio illimitato: questa è la Germania oggi.

Come si è sentito in quel momento?

È difficile spiegarlo, i sentimenti si accavallano. Quando realizzi che i poliziotti, così come i giudici, agiscono arbitrariamente, dapprima il sangue ti si riempie di adrenalina. Ma non ci si può fare nulla e ci si lascia arrestare davanti ai propri figli.

L’arresto ha avuto conseguenze?

Non sulla mia vita lavorativa. Anche i nostri figli hanno superato bene la cosa, anche se su di loro avrà sicuramente delle conseguenze.

Tutti i genitori di bambini che saltano due ore di scuola vengono arrestati come lei?

No, il problema infatti è che mia figlia ha saltato educazione sessuale. I fatti parlano da soli. Attraverso quelle lezioni vengono perseguiti degli interessi.

Che cosa ha spinto davvero sua figlia Melitta a rifiutare di entrare in classe?

È stata una normale reazione infantile. La bambina sapeva che cosa sarebbe accaduto in quella lezione e non si sentiva a proprio agio.

Lei continua a ripetere che durante le ore di educazione sessuale si fa “violenza sui bambini”. Che cosa intende?

Non sono io che lo dico. Quello che succede lo ha spiegato bene ad esempio Die Welt, come molti altri giornali [Eugen Martens fa riferimento a questo articolo del quotidiano tedesco che rivela come in tante scuole elementari della Germania si insegna ai bambini attraverso libri di testo molto espliciti l’utilizzo del preservativo, modi diversi per designare i genitali femminili, come soddisfare le lesbiche «usando la lingua», che cos’è un orgasmo, la masturbazione, i diversi orientamenti sessuali, la possibilità di cambiare genere, eccetera. Il tutto attraverso illusrazioni che non lasciano niente all’immaginazione (ne trovate alcune in pagina) e appositi kit con preservativi, oltre a peni e vagine di legno o peluche, ndr].

Come hanno reagito gli altri genitori della scuola quando è stato arrestato?

Né loro né gli insegnanti hanno fatto niente.

E sua moglie?

Pochi giorni fa è venuto un poliziotto a casa nostra. Ci ha avvertito che anche lei verrà arrestata dopo il periodo di allattamento. Non c’è un giorno prestabilito. Luise aveva già ricevuto dalla procura di Arnsberg un invito a presentarsi in carcere entro una settimana. Siccome non si è presentata spontaneamente nel carcere di Gelsenkirchen, è arrivata la polizia per l’arresto, pur sapendo che Luise stava ancora allattando.

Ha paura per sua moglie e la sua famiglia?

Ci sono momenti di debolezza in cui si viene colti dalla paura, soprattutto quando ci si concepisce da soli. Ma noi non siamo soli perché non si tratta della mia famiglia e basta. Il problema è globale, di tutta la società. Io, la mia famiglia e molte altre siamo contenti di trovarci nel mezzo di questa bufera, anche se questo ha un prezzo.

Quale prezzo?

Chiunque dica la verità deve fare i conti con le calunnie. Appena qualcuno esce dal gregge, la stampa interviene per metterlo a tacere. Così i giornali ci hanno definiti “cattolici estremisti” ma noi come famiglia non siamo né cattolici, né estremisti. Gli estremisti sono quelli che cercano di distruggere i bambini attraverso la sessualizzazione precoce e l’ideologia del gender.

Lei dice che “tante altre” famiglie sono nella vostra situazione ma sui giornali non se ne parla granché.

Non siamo gli unici, anche se è vero che i media cercano di farla passare così. Nella cerchia di Paderborn ci sono ad esempio tante famiglie che non sono d’accordo con la sessualizzazione dei bambini nella scuola elementare e all’asilo. Per questo hanno trascorso molte settimane in carcere. La stampa tace consapevolmente.

Lei ha raccontato la sua esperienza più volte durante le proteste pubbliche organizzate dall’associazione Besorgte Eltern. Migliaia di persone hanno partecipato. Pensa che scendere in piazza serva a qualcosa?

Il nostro obiettivo è fermare la sessualizzazione precoce dei bambini. I nostri figli hanno diritto a un’infanzia spensierata, libera e pura. È molto importante fare rete per protestare pubblicamente insieme perché questa cosa riguarda tutti i bambini, non solo i miei. Solo se ci si mette insieme, si è abbastanza forti per non essere messi a tacere facilmente. Ognuno deve dare il suo contributo.

Leone Grotti

fonte  tempi.it

 

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