Alta Terra di Lavoro

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GIARDINO D’ORIENTE?

Posted by on Feb 14, 2016

GIARDINO D’ORIENTE?

franco cassano nel suo bellissimo libro Il Pensiero Meridiano ci dice che la civiltà nasce ad oriente e sta morendo a nord-ovest, nella chiesa paleocristiana il sacerdote battezzava e benediva il bambino con le spalle rivolte a Nord dove c’è l’inferno poi lo rivolgeva prima ad ovest dove si rinuncia a satana poi a sud per accogliere lo spirito santo ed infine ad est per indicargli il luogo del paradiso. vi invito a leggere l’articolo di ANTONIO SPATARO meritaC’era una volta il viaggio nel mondo dell’Islam… Artisti, scrittori, esteti ed avventurieri andavano alla sua scoperta. Oggi, invece, grazie all’ISIS…
di Agostino Spataro –

CHE STRANO! La luce della sapienza, la saggezza vengono dall’Oriente, ma noi le cerchiamo in Occidente laddove queste virtù vanno a morire. Aver girato le spalle all’Oriente è stato un grave errore!

C’era una volta … il viaggio in Oriente. C’era una volta il viaggio nell’Oriente islamico che faceva sognare, e partire, schiere d’artisti vagabondi, scrittori, eremiti, esteti, avventurieri e dame stravaganti. Si andava per deserti sconfinati, sotto cieli di vivide stelle, alla scoperta di luoghi e di città favolose per abbeverarsi alle fonti della sapienza antica, alla ricerca di emozioni forti e nuovi stili di vita o di “qualcosa” d’indefinito, di magico, ch’era vano cercare in Occidente. Baghdad, Damasco, Beirut, Gerusalemme, il Cairo, Tripoli, Alessandria, Istanbul, Aden, Algeri, Sana’a, Fez erano le gemme più preziose di questo mirabolante Oriente. Oggi, queste favolose metropoli ci vengono propinate come “nemiche”, ricetto di terrorismi e truci dittature e d’intrighi menzogneri, evocatrici di odio e di vendette e stragi sanguinose, di miserie e lussi scandalosi; immagini ripugnanti che si vorrebbero cancellare con una lunga serie di guerre “preventive” e/o “umanitarie”.

Le guerre e i fondamentalismi di tutte le risme stanno deteriorando i rapporti fra Occidente e mondo arabo e deformando l’idea che nell’immaginario collettivo si aveva  degli arabi e dei loro paesi. E viceversa. Se in Occidente cresce una forma ottusa di arabofobia che mira a rimuovere l’Arabia dai nostri orizzonti, fra gli arabi si sta diffondendo un antioccidentalismo cieco, astioso, ideologico. Tutto ciò, mentre sullo sfondo si sente aleggiare la minaccia più grave: la cosiddetta “guerra fra civiltà”, propugnata (e forse anche programmata) dagli sciovinisti d’entrambi le parti.

La favolosa saggezza del sultano dell’Oman –

In una calda mattina d’agosto, giunse nella rada di Palermo il panfilo del sultano dell’Oman, Qaboos Bin Said al Said, il quale – per l’intera settimana del soggiorno – non mise piede sulla terraferma, rimase “consegnato” sull’imbarcazione a meditare, a osservare, ad ascoltare musica profana… A differenza dei tanti monarchi e satrapi orientali, Qaboos non ama i lussi, gli eccessi. Egli è un uomo mite, riservato.Un uomo triste  condannato al comando. Assillato da tante, indecorose richieste di questua, il sultano donò a Palermo una certa somma in favore dell’ospedale dei bambini e del conservatorio “Bellini”. I bambini e la musica: chi più di loro abbisognano di aiuto, di protezione! Refrattario al gossip, ai baccanali, Qaboos non volle scendere nem-meno per partecipare al lauto banchetto offerto agli ottimati dei palazzi del potere. Che spettacolo! E che soddisfazione! Un ricevimento in cui l’anfitrione è, sdegnosamente, assente. Il sultano restò sul panfilo ad ammirare le stelle, il cielo, la visione notturna di Palermo fra la Kalsa e  Monte Pellegrino… Felice di trovarsi in questa “conca” araba, si sarà ricordato della massima del califfo Omar: “Noi vi abbiamo dato ciò che perisce e voi ci avete dato ciò che permane”. Increduli e sconcertati, i palermitani, abituati a ben altri stili, non riuscirono a comprendere il suo comportamento. Con un piccolo sforzo, si sarebbe potuto capire che il sultano, dal suo panfilo, vide, con occhi di orientale, qualcosa di grande che c’ è dentro e sopra Palermo. Qualcosa che noi, abbacinati dal luccichio di una falsa modernità, non riusciamo più a vedere.

L’Oriente visto dall’Occidente –

I nababbi d’Occidente continuano a percepire l’Oriente musulmano come un immenso giacimento di petrolio, mentre per le elites intellettuali è un’entità indistinta, caratterizzata soltanto dal fattore religioso. L’Oriente è rappresentato come un corpo estraneo, una realtà lontana dominata dal dispotismo politico e dal fanatismo religioso. In genere, si vede l’Oriente musulmano come una barriera tenebrosa che s’interpone fra l’Europa e l’estremo Oriente. Certo, i problemi esistono e sono anche gravi, incancreniti. Tuttavia, quella realtà non è irredimibile. Semmai, l’Occidente dovrebbe contribuire a sollevarla, a risarcirla, modificando l’approccio, la prospettiva generale con cui la guarda. A iniziare da una nuova visione del Mediterraneo che deve essere concepito come fattore di unione e non come fossato che separa le civiltà.

Alla ricerca della Madre –

Sempre più, nella ricerca della Madre volgo lo sguardo a Oriente… In Occidente si conosce poco la drammatica realtà sociale, esistenziale dei popoli arabi. Le dittature dominanti e i loro alleati d’Occidente vogliono tenerla appartata, separata dal resto del mondo. I media, purtroppo, non aiutano a recuperare questo deficit di conoscenza. Anzi, spesso ne danno una lettura adulterata, schematica, presentandola come un’accozzaglia di popoli fanatici, eternamente occupati a difendere il velo, il burqa contro l’invadenza delle mode parigine. Se si andasse a cercare un po’ meglio si scoprirebbe la causa principale di questo dramma che sta nella grave disparità socio-economica interna, ingenerata dal contrasto tra un suolo dove prosperano le più inique povertà e un sottosuolo dove si celano le più grandi risorse energetiche del pianeta. Specie nei paesi petroliferi convivono ricchezze scandalose, lussi sfrenati e spaventose ingiustizie. Un mix male assortito che genera odio e risentimenti nelle masse escluse. In queste realtà, così conciate, noi occidentali facciamo il pieno di benzina e l’estremismo religioso fa il pieno di… consensi.

Petrolio e dittatura –

Sembra assodato che la dittatura è la forma di governo più congeniale per controllare i paesi detentori  di grandi risorse petrolifere ed energetiche. Come una maledizione, il petrolio produce inquinamento, violenza, profitti scandalosi e… regimi illiberali. Tali “soluzioni” sono spesso favorite dai cartelli delle grandi multinazionali che esercitano una perniciosa influenza sulle forze politiche e sociali, sui media e perfino sui governi degli Stati. In forza di ciò, tali imprese acquistano un potere davvero eccezionale sul mondo. Come mai prima. Domanda: possono queste imprese continuare a decidere i destini dell’umanità? Si tratta, infatti, di un potere enorme, non sottoposto al controllo democratico pubblico, spesso derivato da affari illeciti, e gestito sulla base del “cartello”, dell’intesa oligopolistica per meglio dominare il mercato mondiale. Fino a quando in questo campo le cose resteranno inalterate, sarà difficile spezzare il rapporto fra petrolio e dittatura.

Quella volta Federico a Gerusalemme –

Correva l’anno 1228 quando Federico II, re di Sicilia e imperatore del Sacro Romano Impero, giunse, a capo della VI Crociata, in Terra Santa e senza colpo ferire “conquistò” Gerusalemme e se ne proclamò re. Non era successo prima, non succederà dopo. Fu questa l’unica Crociata risoltasi in modo incruento e a favore dei cristiani, mediante un accordo di pace raggiunto tra Federico e il sultano Kamil. Un fatto veramente eccezionale nella storia penta millenaria della Città “tre volte santa”, reso possibile dalla cultura e dalla mentalità “mediterranea” dei due sovrani, che assicurò alla Palestina un lungo periodo di pacifica convivenza. Dopo quella esperienza, Gerusalemme non ebbe più pace: passò da un’invasione a un’altra, da una guerra all’altra. L’ultima, quella “dei sei giorni” del 1967, quando fu occupata dalle armate israeliane. Poco tempo dopo, sarà proclamata, unilateralmente, “capitale eterna e indivisibile dello Stato d’Israele” in violazione delle vigenti risoluzioni dell’Onu che assegnano alla Città uno “statuto speciale internazionale”. La comunità internazionale (in primis il Vaticano) non ha riconosciuto come legittima tale decisione, tanto che nessun governo ha trasferito la propria ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme “capitale”. Strano, però. Israele è l’unico Stato nato per decisione dell’Onu ed è uno dei primi Stati al mondo che non rispetta le risoluzioni dell’Onu ossia della “madre” che lo ha generato. Oggi, a Gerusalemme non c’è la guerra, ma neanche la pace. Si stanno accumulando tante, gravi tensioni che alla prima scintilla potrebbero esplodere.

 

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