Giovanni Nicotera un controverso personaggio del Risorgimento
L’enigmatica personalità di Nicotera al centro di dibattiti e riflessioni storiche. Un gruppo di studiosi ne ha analizzato il comportamento politico, ma anche la sua lotta per la democrazia e l’impegno a favore dell’Unità.
Rocco Liberti traccia un ritratto di questa complessa figura «La figura di Giovanni Nicotera appare interessante ma strana a chi la consideri con una certa obbiettiva superficialità. Infatti la sua vita sembra quasi doversi dividere in due periodi: un primo eroico di lotta per la libertà e l’indipendenza d’Italia, un secondo diciamo così parlamentare e governativo, dittatoriale, violento, vendicativo, in cui non badò alla libertà degli altri e al sistema democratico, egli che per tutta la vita sembrava avesse lottato per quell’ordine di cose. Se i pregi dell’uomo sono nel suo eroismo e nel suo coraggio, i difetti dell’uomo politico sono una conseguenza della sua natura, perché il coraggio si trasforma in violenza ed impulsività. Né i suoi impulsi erano frenati da una sufficiente cultura». Così nel 1949, quindi oltre mezzo secolo fa, Domenico De Giorgio – stranamente poco o per nulla citato nella vasta produzione bibliografica su Nicotera – introduceva in «Historica» una serie di attenti studi sul celebre uomo politico e sull’azione della sua parte, la Sinistra, nel governo dell’Italia, serie che verrà a concludersi nel 1960. È indubbio che prima d’allora, ed in seguito, gli interrogativi sul noto personaggio non siano mancati e che unilateralmente studiosi di ogni scuola si siano variamente interessati a dare documentate risposte, però ad un compiuto lavoro non si era forse mai atteso. Buon per la cultura storica è stato perciò l’impegno di tre studiosi calabresi – Antonio Bagnato, Giuseppe Masi e Vincenzo Villella – che hanno curato il volume «Giovanni Nicotera nella storia italiana dell’Ottocento» (con «Prefazione» di Doris Lo Moro, Rubbettino, pp. 212, € 18,08), raccogliendo i contributi di tutta una cerchia di stimati risorgimentalisti. Un’iniziativa davvero decisiva per far meglio conoscere quest’uomo che, nel bene e nel male, è stato tra i principali artefici della nascita dello stato unitario; inoltre essa ha permesso al grosso pubblico di venire a conoscenza degli sviluppi degli studi sul personaggio. Luci e ombre di un personaggio complesso Si rendono evidenti nell’introduzione di Masi le domande alle quali occorre fornire una plausibile e non più differibile risposta. In particolare, per lo studioso lametino è opportuno dare ormai una giusta collocazione ad una «figura controversa, anche enigmatica, che non ha avuto buona stampa sia presso i contemporanei, sia presso gli storiografi successivi, e che ha subìto, molte volte, liquidazioni sommarie e moralistiche». In sostanza, egli vede in Nicotera sia l’irruente rivoluzionario sia il costruttore dello stato liberale, come anche l’amministratore con tutte le luci e le ombre che vi si possono addensare, ma indubbiamente pure colui ch’ebbe a cuore le sorti delle neglette regioni meridionali. Accattivante la disamina fatta da Giuseppe Monsagrati, che si pone il quesito se Nicotera fosse un «antieroe del Risorgimento». La risposta si trova nelle sue stesse azioni non sempre lineari, non sempre in riga col suo grande ispiratore, Mazzini, che doveva spesso faticare per tenerlo a freno. Si trattava sì di un uomo che si avviava alle imprese con grande slancio e coraggio, ma senza dubbio, quale contraltare, di un uomo «povero di senno politico e di senso della misura, un uomo voglioso di affermarsi ma poco accorto e facilmente appagato dal soddisfacimento di ambizioni molto esteriori». È un ritratto veramente poco edificante quello che ne fa lo studioso, tuttavia Nicotera era davvero un uomo grintoso, facile a colpi di testa che pregiudicarono non poco azioni di un certo impegno politico-militare, dotato di una focosità sistematica nella ricerca del duello per la risoluzione delle questioni ed anche nel preparare trappole nelle quali far cadere gli avversari. Era egli implacabile poi nella repressione. Si offriva, rileva Monsagrati, come un aggressivo a tutta prova, un «osso duro». Ad Antonio Bagnato tocca ripercorrere i non sempre facili rapporti con un personaggio che sicuramente fu alle origini della passione rivoluzionaria di Nicotera, lo zio Benedetto Musolino, di tutt’altra tempra e capacità. Lo studioso parte dai moti in cui furono coinvolti entrambi per finire con la separazione tra i due e con quel malaugurato evento che fu il disastro della spedizione di Sapri, dal fallimento della quale emersero grosse responsabilità da parte di Nicotera. Il comportamento di questi nel processo che ne scaturì lasciò purtroppo dei punti oscuri che accompagneranno l’uomo politico per tutta la vita. Maria Gabriela Chiodo, da parte sua, nel considerare l’attività politica di Nicotera nel periodo compreso tra i moti del 1848 e l’impresa fallita di Pisacane del 1857, propone degli utili spunti di riflessione per capire meglio la complessa personalità del personaggio. Iniziando dalla rilevazione della situazione in cui allora versava il movimento democratico nelle terre del Sud Italia, che indiscutibilmente doveva fare i conti con una situazione economico-sociale in cui dominavano arretratezza e malcostume, ne traccia un agile profilo «tra ideali democratici e prassi trasformista», non tralasciando di far riferimento al comportamento palesemente contraddittorio tenuto nel processo per il caso Sapri. Esame comparato quello evidenziato da Francesco C. Volpe, che, nel suo lucido intervento, fa risaltare, da un lato, una condotta ministeriale poco consona, una repressione alquanto decisa delle proteste popolari e la scarsa acculturazione, dall’altro dà luce all’impegno profuso per l’indifferibile soluzione di vitali problemi a favore del Mezzogiorno, come quelli rappresentati dalla ferrovia Eboli-Reggio e dalla crisi agraria degli anni ’80. Dall’opposizione Nicotera, non lo si può negare, esercitò spesso efficaci stimoli all’indirizzo dei ministri calabresi. L’azione politica Sono tanti ancora e tutti interessanti gli altri temi trattati in relazione alla figura di Nicotera. Luigi Mascilli Migliorini, occupandosi in particolare dell’opposizione meridionale al suo tempo, mette in evidenza le lacune dell’una e dell’altro, mentre Marco De Nicolò si sofferma a delineare la linea politica dell’uomo di Sambiase quale ministro dell’Interno tra 1874 e 1876. Le trattazioni più notevoli riguardano la cosiddetta “rivoluzione prefettizia”, con la richiesta di rapporti sullo spirito pubblico delle circoscrizioni, le elezioni del 1876, le misure per l’ordine pubblico e la lotta alla mafia. Lo studioso legge nel comportamento del ministro un avvenuto tradimento delle aspettative della Sinistra, movimento nel cui seno pur militava. L’azione repressiva condotta da Nicotera contro mafia e camorra è lumeggiata d’altro canto con abbondanza di fonti documentarie ed a stampa da Carlo Guerrieri. Da un primo momento, nel quale la cautela è d’obbligo, si passa ad un’azione sempre più decisa sia nella riforma dei corpi, che dovevano impegnarsi nella lotta, che nelle decisioni atte a porre fine all’attività criminale. Sicuramente, non si arrivò all’“optimum”, ma i successi per le forze dell’ordine davvero non mancarono. Completano il già abbastanza nutrito profilo di Nicotera tre tematiche peculiari che suscitano senz’altro vivo interesse. Se Mario Di Napoli si è sentito impegnato a condurre un discorso sull’azione politica della “Pentarchia”, cioè quel gruppo della Sinistra che si opponeva a Depretis (Baccarini, Cairoli, Crispi, Zanardelli e lo stesso Nicotera), Diomede Ivone, con l’aiuto di documenti di prima mano, offre un saggio relativo all’attività del calabrese quale deputato del collegio di Salerno. Loredana Magnanti, invece, tratta di un raro e battagliero periodico ch’ebbe vita tra il 1875 e il 1885, il «Bersagliere», di cui Nicotera fu fondatore e proprietario. Concludiamo con il testo di Vincenzo Villella. Lo studioso, che ha indagato e indaga con profitto il passato del lametino, di cui ha fatto conoscere risvolti inediti servendosi di fonti documentarie poco o affatto esplorate, presenta uno spaccato di tutto valore sull’“humus” storico di cui si è nutrito il rivoluzionario e politico sambiasino. La trattazione si caratterizza perciò per essere un efficace “excursus” che si estende per ben due secoli. Si comincia dalla repubblica giacobina del 1799 per finire al plebiscito del 1860, che sancì l’Unità d’Italia, e si attraversano tappe fondamentali quali la reazione sanfedista, il decennio francese, la Carboneria, i moti del 1848, l’apporto di preti e frati nei frangenti rivoluzionari e l’impresa dei Mille, con spunti sempre nuovi ed avvincenti.
Rocco Liberti
fonte
eleaml.org