Giuseppe Lahoz, un grande e dimenticato eroe lombardo
Giuseppe Lahoz è un personaggio che nessuno conosce, se non gli “addetti ai lavori”. Egli infatti ha una grave colpa a suo carico, che deve scontare rimanendo nel limbo della numerosa schiera di coloro a cui la storia non ha mai dato ciò che spettava: la colpa di aver “tradito” passando a combattere… dalla parte sbagliata. In realtà meriterebbe ben altra fama, come gli eventi della sua tanto breve quanto intensissima esistenza stanno a dimostrare. Cerchiamo di spiegare qualcosa della sua vicenda, che ancora oggi non risulta essere del tutto chiara.
Figlio di Marianna Geril Gingoli e di Gaetano, Giuseppe apparteneva ad una nobile famiglia lombarda di origine spagnola. Studente a Pavia, partecipò nel’ 96, appena ventitreenne, come ufficiale dell’esercito austriaco del reggimento Belgioioso, alla difesa del castello di Milano. Ma poi, incontratosi con soldati francesi, fu sedotto dalle nuove idee e passò al nemico con un’intera compagnia. Divenne subito aiutante del Gen. Laharpe, e quindidello stesso Napoleone, che ne ammirava il valore, il coraggio e la giovane età. Già alla fine di settembre il Generalissimo lo incarica di formare la prima Legione Lombarda, e subito veniva inviato a reprimere la rivolta della Garfagnana. Il 25 febbraio ’97 veniva nominato Generale di Brigata, per poi essere promosso da Napoleone “Comandante in eapo delle truppe eisalpine”. Da questo momento, egli diverrà la vera croce degli insorgenti, facendo del suo esercito uno strumento di repressione invincibile, vero terrore della guerra civile fra insorgenti e giacobini nelle valli bergamasche e bresciane, a Verona, a Chiari e Desenzano, a Vicenza e Padova, ecc. Furono però proprio le Pasque Veronesi, e quindi la pace di Campoformio a cominciare a far riflettere il giovane Generale. Poi giunse la notizia che il Direttorio voleva cambiare la Costituzione della Cisalpina. Il Lahoz, insieme al Theuillet, si recò a Parigi, soprattutto per far capire al Direttorio che se fossero finiti i furti ed i soprusi dei soldati francesi, gli italiani, secondo lui, non si sarebbero più ribellati. Il Barras neanche li ricevette, e furono rispediti in Italia in ventiquattro ore.
Siamo nell’estate del ’98, ed è evidente che sulla coscienza di Giuseppe cominciano a pesare le migliaia di vite di contadini italiani uccise agli ordini di un popolo invasore, ingannatore e ladro. E’ proprio alla fine del ’98 che egli organizza la “Società dei Raggi”. In realtà, il Botta ed altri storici sostengono che già nel ’96 esisteva una “Lega Nera”, i cui associati odiavano tanto gli austriaci che i francesi2; ed a conferma di ciò, Vittorio Emanuele I, a quei tempi Duca d’Aosta, sostenne spesso che nel ’96 dei congiurati gli proposero di mettersi a capo di un esercito di italiani per liberare la Penisola dagli invasori. Siamo agli albori del Risorgimento, di un Risorgimento che avrebbe potuto avere modalità differenti da quelle che poi in realtà ha avuto.
Notizie più certe si hanno invece sui Raggi, fondati e organizzati da Giuseppe Lahoz, con la partecipazione del Theuillet, del Gen. Pino ed altri. Il piano non era più quello della Lega Nera, di aiutare gli austriaci a cacciare i francesi per poi cacciare anch’essi dalla Penisola. In realtà il Lahoz sperava nelle vittorie dei francesi, cosicché questi respingessero gli austriaci fino in Tirolo. Quindi, dopo una giusta preparazione e mediante un vasto collegamento, tutta l’Italia sarebbe insorta contro i francesi, e non avrebbe più permesso né ad essi né ai tedeschi di entrare nel suolo italian03.
All’inizio del ’99 però il Lahoz rimane ancora al suo posto di comando, non ostante vari attriti con esponenti politici cisalpini.
Quando poi, dopo le ripetute sconfitte francesi, e con l’avanzata degli austro-russi, tutto il Dipartimento del Rubicone (del quale il Lahoz era a capo) insorse, egli prese la sua grande decisione: mettersi in contatto con i capi dell’insorgenza marchigiana e dell’Italia centrale per passare dalla loro parte e combattere con essi i francesi. Ne rese partecipi gli altri associati, ed in particolare il suo amico prediletto, il Gen. Domenico Pino, che fu con lui. Mise tutto il Dipartimento in stato di assedio, agli ordini diretti del Pino;
quindi iniziò con continui proclami ad accusare i francesi, ed il suo superiore immediato, il Generale Montrichard. Questi prese subito provvedimenti inviando il Gen. Hulin a Pesaro per arrestare tanto il Lahoz che il Pino.
Sono questi i frangenti della vita in cui viene fuori il vero animo di ogni uomo. Il Pino fuggì impaurito ad Ancona, si consegnò al Gen. Monnier, denunciando il Lahoz come unico responsabile del tradimento e rimettendosi subito al servizio dei francesi, che infatti servirà devotamente fino al 1814, senza interruzione. Giuseppe Lahoz, con pochi compagni, fuggiva invece nel Piceno, per incontrarsi con i capi-insorgenti, col Cellini, col De Donatis, col Vanni, e in particolare col più famoso di loro, Sciabolone; costoro furono felici di avere cotanto Generale dalla loro parte, e subito lo riconobbero capo indiscusso della insorgenza marchigiana.
Subito il Generale riordinò quelle masse sparse, distribuendole in compagnie, insegnando loro la disciplina militare, esercitandole nelle marce e trasmettendo il suo entusiasmo, ed iniziò la sua guerra vittoriosa contro i francesi, fino a porre l’assedio alla fortezza di Ancona. Proprio in una di queste battaglie il Lahoz riceve dal Suvarow il titolo di:
«Generale supremo delle forze d’Italia, che non aggiunge nulla alle forze di cui dispone, ma conferma la sua autorità agli occhi dei capi massa e gli consente di costituire a Fermo una “Reggenza provvisoria Imperiale, Reale e Pontificia” (…). A differenza degli altri capi dell’Insorgenza il Lahoz persegue un preciso programma politico, e la definizione della Reggenza, “Imperiale, Reale e Pontificia” in apparenza ampollosa e spagnolesca… tende a collegare in unità agli occhi degli italiani i principali stati della Penisola: il Lombardo-Veneto, i domini della Chiesa ed il Regno delle due Sicilie»
Da comandante in capo delle forze armate della Cisalpina, nominato da Napoleone, a Generale Supremo dell’Insorgenza italiana, nominato dal Gen. Suvarow in nome dell’Imperatore d’Austria.
Il 18 luglio riunisce a Fermo tutti i capimassa, organizza un esercito vero e pone l’assedio ad Ancona, saldamente in mano al Monnier, coadiuvato dal traditore Pino. Nello stesso tempo emana un proclama ove promette di marciare su Roma per liberarla.
Ancona è inespugnabile, e la situazione rimase in stallo fino alla fine di settembre, quando il Monnier ordì una trama per uccidere il Lahoz. Dapprima tentò di corrompere Sciabolone, promettendogli mari e monti se avesse consegnato il Lahoz; il “brigante” Sciabolone fece senz’altro impiccare l’emissario del Monnier. Quindi fu il turno del Pino per organizzare il tradimento, il quale, oltre che dalla invidia, era tormentato anche dalla paura che il Monnier venisse a conoscenza della sua militanza nei Raggi. Venuto a sapere di un incontro segreto notturno del Lahoz con gli altri capi, il Pino la mattina del 10 ottobre uscì da Ancona con tre grosse colonne di cavalleria, e piombò all’improvviso a Loreto durante la riunione. In realtà il Lahoz avrebbe avuto il tempo di scappare, ma volle andare incontro al suo vecchio amico, per parlargli. Ma questi non gliene diede il tempo, e gli fece sparare addosso, mentre Giuseppe lo invocava a gran voce.
Morì comunque solo dopo tre giorni di agonia, durante i quali confessò la sua angoscia di morire in fama di traditore, il suo desiderio di rivedere il Pino, e, soprattutto, il suo vero piano politico: la cacciata di ogni invasore e la fondazione della “Repubblica Italica”.
Il Gen. Pino continuò invece a servire i francesi; divenne conte dell’Impero sotto il Beauharnais, finché nel 1815 non tradì anche i francesi per passare dalla parte degli austriaci ormai vittoriosi; morì nel 1826 come pensionato dell’Austria.
Giuseppe Lahoz morì invece nel 1799, ucciso a tradimento dal suo migliore amico, come “Generale supremo degli Insorgenti d’Italia”, combattendo contro l’invasore in nome dell’Italia e in difesa della sua millenaria fede e civiltà. Aveva ventisei anni, quattro meno di Napoleone Bonaparte.
Al di là di qualsiasi giudizio sulla sua persona e sul suo operato, chi conosce Giuseppe Lahoz e la sua storia?
Cfr.: BOTIA, op. cit., VI, XVIII, pp. 186-198; COPPI, op. cit., II, IV, pp. 38-40; DE CASTRO, op. cit., pp. 67-68; TlvARoNI, op. cit., III, II, pp. 78-79; FlORINILEMMI, op. cit., pp. 327-333; ROTA, op. cit., pp. 1164-1165; LUMBROSO, op.
cit., pp. 170-171; ZAGHI, La Rivoluzione Francese…, op. cit., pp. 413-416.
Accennano al personaggio, nei loro scritti, autori come il FRANCHETII, don VINCENZO MURRI, il BONAMICI, l’EMILIANI, il CRIVELLUCCI, lo stesso MONALDO LEOPARDI (Autobiografia) ed altri, nominati nelle opere qui elencate. Per tutti, vale il lavoro monografico di: SPADONI DOMENICO, Il Generale Lahoz e il suo tentativo indipendentista nel 1799, Macerata, Unione Tipografica Operaia, 1933
LEMMI, Le origini del Risorgimento, op. cit., p 120 Ibidem, p. 276
AGNOLl, Gli insorgenti, op. cit., p. 233
Massimo Viglione ( tratto dal libro La “Vandea Italiana” )
Leggendo l’interessante articolo intorno alla storia di questo personaggio dinamico e combattuto nella sua incerta collocazione, ci si rende conto di quanto fu travagliata la storia di tutta l’Italia centrosettentrionale del periodo a cavallo del due secoli sette/ottocento quando l’intera Europa continentale fu percorsa dall’ondata napoleonica post rivoluzione francese con l’ambizione di mettere in piedi un nuovo ordine mondiale…chi lo sa, rimpiangendo l’Impero romano!.. Ma gli uomini erano cambiati, le citta’ pure e le aggregazioni politiche anche… Resistevano all’epoca il Regno Due Sicilie per la saggezza iniziale dei Borboni, che avevano decisamente estromesso gli austriaci e proseguirono con la determinazione di consolidare con governo unitario le regioni meridionali e la Sicilia… Altra posizione consolidata era la Serenissima, se pur poi passata sotto l’Impero asburgico, il quale comunque sempre rispetto’ i popoli e per questo fu l’ultimo a cadere… Il nord e il centro della penisola, pur avendo sviluppato un enorme patrimonio di sapere, di cultura, di espansione e amministrazione urbana, non avevano ancora elaborato teorie e aspettative aggreganti e percio’ si prestarono ad essere oggetto di mire di conquista…. ambiente adatto percio’ alla nascita e allo sviluppo di spiriti liberi e spesso indecisi nella ricerca di strade che avrebbero potuto portare ad uno sviluppo cui contribuire….Forse anche il nostro Giuseppo Lahoz in qualche modo era animato da questo spirito…e purtroppo non gli ando’ bene!… ma sono convinta che assolutamente meriti di essere ricordato! caterina ossi