Giustino Quadrari, un’eccellenza Borbonica Sandonatese dimenticata
Giustino Quadrari fu tra le personalità più valenti e stimate della Napoli dei Borbone.
Principale interprete dei papiri ercolanensi, nella città partenopea costituisce ancora oggi un valido punto di riferimento per gli studiosi di archeologia. A S. Donato Val di Comino invece, dove nacque e si ritirò dopo l’unità d’Italia, i suoi meriti ancora oggi sono poco conosciuti, anche se l’Amministrazione Comunale, nel 1871, gli intitolò una piazza e pose un suo busto marmoreo con epigrafe nella Chiesa di S. Maria e S. Marcello.
Nacque il 19 luglio 1802 da Eugenio, che esercitava la professione di notaio,e da Rosalba Tempesta. Di ingegno non comune e di singolare memoria,venne avviato allo studio delle lettere dal fratello del padre il canonico Carlo.
A quattordici anni entrò nel Seminario di Sora dove ebbe come maestri Stefano Baldassarre e Giuseppe Silvestri. Lo zio Carlo e il fratello della madre Quintino Tempesta, definitore generale dell’Ordine di S. Bernardino, vedendo che il chierico loro nipote profittava delle discipline filosofiche e letterarie lo inviarono a Napoli dove avrebbe potuto meglio provvedere “ allo svolgimento del suo ingegno”. Nella città partenopea apprese il diritto di natura da Giuseppe Caposale e il diritto romano e le leggi canoniche da Loreto Appruzzese di Gallinaro, professori che a quell’epoca andavano per la maggiore.
Nel 1823, fu discepolo del vescovo Javarone che lo addestrò in Archeologia greca e latina e del canonico Parascandolo che lo perfezionò nella lingua greca. Il 28 giugno 1825, divenne sacerdote e poiché rivelava erudizione letteraria e scientifica gli si aprì una brillante carriera. Nel 1929, venne pubblicata una sua dotta dissertazione latina intorno alla natura del Dogma cattolico, che lo Javarone volle inserita nella prima e seconda edizione della sua “Teologia dommatica”.
Interpretò un papiro e lo offrì all’Accademia Ercolanense riscuotendo l’applauso e l’ammirazione dei dotti; in seguito decifrò un altro papiro la cui singolare difficoltà veniva giudicata quasi insuperabile dal Mazzocchi che lo aveva “frugato”.Il 22 ottobre 1832, ebbe la nomina di Interprete dei Papiri e quella di Socio Corrispondente dell’Accademia e di quest’ultima nel 1838 divenne Socio Ordinario con l’incarico di mettere a riscontro le tavole dei papiri intagliate in rame con gli originali. La profonda conoscenza del greco antico e la facilità nell’interpretare Papiri di singolare difficoltà, gli fecero meritare la Presidenza dell’Accademia.
Nel 1847, divenne bibliotecario della real Biblioteca e, dopo la morte del canonico d. Girolamo Pirozzi, presidente della Giunta della stessa e regio revisore dei libri che provenivano dall’estero e di quelli stampati in Napoli. Gli scavi intrapresi ad Ercolano e Pompei lo indussero a stringere cordiali rapporti con l’archeologo Bernardo Quaranta ed altri. Fu stimato ed apprezzato dagli uomini dotti del tempo come Angelo Antonio Scotti, Giuseppe Mazzetti, che da Vescovo di Sora passò a presiedere in Napoli la Pubblica Istruzione, P.Agostino Theiner, il cardinale Angelo Mai, studioso di palinsesti, il Boot che nelle sue “Notice sur les manuscrits trouvès à hercolanum” sostenne le opinioni del Quadrari su varie e spinose questioni di archeologia. In seguito, dall’arcivescovo di Napoli, cardinale Caracciolo, fu eletto socio dell’Accademia di Religione.
Per incarico del Mai, del Theiner e di altri dotti ecclesiastici incominciò a scrivere su “Lascienza e la fede”, una rivista periodica di scienze sacre, la “Diagnosi teologica storica delle cinque Piaghe scoverte nella Chiesa da Antonio Rosmini Serbati” con eccezionale erudizione e gusto critico, ma che non portò a termine, perché il Rosmini si sottomise all’autorità della Chiesa che aveva condannato la sua opera.
Nel 1840 venne chiamato a leggere” Storia de’Concili “nella Regia Università e rese quella
cattedra una delle più frequentate; in seguito divenne membro del Consiglio Generale della Pubblica Istruzione. Il De Sanctis, allorché ebbe l’incarico di riformare l’Università di Napoli, nel sostituire il Palmieri al Gallupi citò il Quadrari definendolo “ uno dei pochi professori che emergevano per dottrina”.
Nel 1845, richiesto dall’Avv. Antonio Storace di un parere sopra un’ardua questione d Diritto Canonico, pubblicò il “Responso per la verità”, seguito nella Gran Corte Civile di Napoli nella decisione di una causa”strepitosa”. Scrisse ancora le” Osservazioni sulle tavole cronologiche critiche del I secolo della Chiesa pel Padre Ignazio Mozzoni” e un’opera di papirologia intitolata“ Della duplicità della carta papiracea appo gli antichi e del loro scrivere opistografo” in “Memorie della RegiaAccademia Ercolanense di Archeologia”(Napoli 1856). In questa pubblicazione egli, con numerose e attente argo-mentazioni, corresse alcune notizie errate, diffusesi per l’autorità del Winchelman, intorno alla costituzione della papiracea.
Fu molto legato alla corte borbonica e quando morì Ferdinando II ne lesse lacommemorazione (edita a Napoli nel 1859) nelle esequie celebrate dall’Università.
In seguito, prese posizione contro l’opuscolo pubblicato qualche tempo prima in Piemonte dal profugo politico partenopeo Antonio Scialoja sui bilanci napoletani della corte di Ferdinando II.
Scialoja denunciava la corruzione dell’amministrazione pubblica e privata a Napoli, la tirannia della polizia e della gendarmeria e soprattutto l’incapacità di Ferdinando II a porre fine al malcostume. Il Re rimase profondamente scosso dalla pubblicazione e per contrastare tali affermazioni fece “scendere in campo nove campioni delle penne”.
Giustino Quadrari, per non essere accusato di apologia, preferì partecipare alla polemica solo dopo la morte del Sovrano. Il suo intervento, però, si limitò alla difesa delle questioni ecclesiastiche e dell’istruzione e non ebbe l’effetto desiderato.
Cessato il governo borbonico, si ritirò in S.Donato dove, come del resto in tutto il Meridione, si svolgevano aspre contese fra i sostenitori dei Savoia e i borbonici. Bastava l’accusa di aver servito l’antico regime per essere portati davanti ai tribunali. Il Quadrari, insieme ad altri Sandonatesi e al fratello Domenicantonio, venne accusato di tenere segreti rapporti di corrispondenza col capobanda borbonico Luigi Alonzi di Sora (Chiavone). Nel 1862 fu arrestato insieme a tutti gli altri accusati e rinchiuso prima nel carcere di Sora e in seguito in quello di Alvito. L’istruttoria del processo durò circa otto mesi e, il 28 agosto 1862, il Pubblico Ministero, non riscontrando indizi sufficienti, emise la
sentenza di assoluzione annullando il processo.
Ritornato a S. Donato, fece restaurare la casa paterna su progetto di un architetto napoletano, custodì e studiò pietre con iscrizioni romane rinvenute nel territorio di S.Donato e inventariate dal Mommsen nel suo “Corpus Inscriptionum latinarum”.
Morì in S. Donato il 4 agosto 1871 e due anni dopo la giunta comunale, sindaco il Cavalier Carlo Coletti, decise di intitolargli la piazza antistante il palazzo da lui abitato e fino ad allora denominata Piazza Tolosa e di deporre nella Chiesa di S. Maria e S. Marcello un suo busto marmoreo con epigrafe:
IUSTINO QUADRARI
QUI SACERDOTIO INITIATUS
VIRTUTE INGENIO ERUDITIONE EXCELLENS
LITTERARIIS MUNERIBUS hONORIBUSQUE AUCTUS
DOCTIS PRAESERTIM LIBRIS IN LUCEM EDITIS
Rossana Tempesta
fonte archeoclubvaldicomino.org
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