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Gli Arabi avanzano e i Greci escono di scena/ Storia della Sicilia del professore Massimo Costa 10

Posted by on Feb 22, 2021

Gli Arabi avanzano e i Greci escono di scena/ Storia della Sicilia del professore Massimo Costa 10
  • La difficile conquista del Val di Noto
  • La conquista di Alimena 
  • La conquista dell’inespugnabile Castrogiovanni (Enna)
  • Entra in scena Basilio il Macedone
  • La Val di Noto
  • Gli ultimi Aghlabiti espugnano il Valdemone che però resta cristiano e greco
  • I Greci escono di scena

La difficile conquista del Val di Noto

Negli anni ’40 l’avanzata degli arabi si fa più lenta. Le immigrazioni dai quattro angoli dell’Islam (Spagna, Afghanistan, Africa, Arabia) rallentano sino a spegnersi. Ora sono gli stessi musulmani di Sicilia (sia di origine esterna, sia i primi convertiti autoctoni) a pressare contro la parte greca dell’Isola. Trovando inespugnabile il nord, spingono a sud verso il Val Di Noto. Dopo una serie di spedizioni navali vittoriose sulla costa settentrionale e sulle Eolie, gli Arabi prendono però Messina (843). La città, tuttavia, saldamente in terra greca, non è mantenuta a lungo. Gli abitanti si rifugiano all’interno, dove costruiscono una rocca più facilmente difendibile, chiamata “Rometta” (cioè città dei “Romaioi” o “Romei”, ovvero Romani, come i bizantini, anche siciliani, chiamavano sé stessi). Messina resta disabitata, o appena con funzioni di porto-emporio per gli abitanti più sicuramente asserragliati a Rometta.

La conquista di Alimena 

Più duratura sarebbe stata la conquista di Alimena, nello stesso anno, segno che sulle Madonie si era ora attestata la difesa bizantina. Ma è verso sud, dove non ci sono difese naturali, che gli Arabi sfondano più facilmente, incontrando tuttavia una resistenza imperiale formidabile. Le città devono essere espugnate una ad una: nell’845 tocca a Modica, nell’847 a Lentini, nell’848 a Ragusa. Nel frattempo la flotta siculo-araba assalta l’Italia meridionale. Nell’846 occupa Ponza, in spregio agli accordi con Napoli, ma poi ne sono scacciati. Sbarcano a Ostia e saccheggiano Roma, persino la Chiesa di San Pietro, allora fuori dalle mura. I “Siciliani” sono ora visti nel mondo cattolico come un vero flagello di Dio. I ducati campani, compresa la stessa Napoli, comprendono il pericolo e, in uno sforzo congiunto, arrestano una seconda spedizione, in una battaglia navale ad Ostia (849), in cui i Siculo-arabi sono sconfitti.

La conquista dell’inespugnabile Castrogiovanni (Enna)

Dopo la morte di Ibrahim, gli emiri sono eletti dalla colonia e appena appena investiti dai distratti Aghlabiti di Kairuan. Non cambiano i metodi: distruzione di colture, prigionieri, uccisioni, con una campagna ogni anno nella metà Sicilia controllata ancora dall’Impero Romano d’Oriente. Cade Camarina (852), poi Butera (853), dove più di 5.000 abitanti sono ridotti in schiavitù; nell’857 tocca a Gagliano e Cefalù. Nell’859 riescono, secondo i racconti tramandati, risalendo le fognature, a entrare nell’inespugnabile Castrogiovanni (Enna), e quindi a rimuovere il più importante ostacolo alla loro conquista dell’Isola. Dopo, è praticamente subito assedio della vecchia capitale Siracusa, ormai priva di quel prezioso avamposto. I Siciliani cominciano a reagire, si ribellano e prendono come possono le armi, ma non sono aiutati dall’Impero in modo efficace. Le sollevazioni furono piegate dagli Arabi nell’860, fra episodi di vero eroismo, guidati dalla propaganda di un frate assai poco contemplativo: Elia di Castrogiovanni, apostolo della resistenza siciliana contro gli invasori. Molti fuggono dalla Sicilia, chi nella Calabria, chi nel Salento, allora ancora saldamente in mani bizantine, chi nel Val Demone, ancora ben difeso. La penetrazione araba in Val di Noto è però già meno impetuosa che quella del primo assalto nel Val di Mazara, sia per velocità di conquista, sia per numero di colonizzatori.

Entra in scena Basilio il Macedone
Nell’862 Kairuan si fa sentire di nuovo: non approva l’elezione di ‘Abd Allah, figlio del primo emiro elettivo e nipote del fratello, appena deposto. Teme forse che gli emiri elettivi costituiscano una vera dinastia parallela, e invia Khafaja nella turbolenta colonia. Mentre gli Arabi litigavano tra di loro, i bizantini, riorganizzati da Basilio il Macedone, avevano riguadagnato posizioni. Toccherà a Khafaja riprendere l’offensiva. Prendono Noto (864), poco dopo Scicli. Ma il Val di Noto non si presenta una conquista facile: Noto si ribella, ed è necessaria una seconda spedizione (866) per domare loro e la stessa Ragusa, che nel frattempo aveva pure scosso il giogo. Alla morte di Khafaja la colonia elegge Muhammad, suo figlio, cui si deve un colpo di mano che strappa Malta ai Greci. Ma poco dopo, nell’ennesima congiura di palazzo, questi perde la vita, aprendosi quindi un periodo convulso di emiri nominati da Kairuan, morti presto in condizioni misteriose, sostituiti da altri emiri, anche loro dalla vita breve. La litigiosità tra bande si rivela già il limite principale dei nuovi arrivati.
In Italia intanto finiva il periodo d’oro per i Saraceni, che per qualche tempo avevano addirittura tenuto a Bari un sultano. Le armi congiunte dei Longobardi del Sud e dell’Imperatore carolingio (uno degli ultimi di questa dinastia) Lodovico, ne ridimensionano di molto gli insediamenti, siciliani e non, con conseguente riparo in Sicilia dei fuggitivi.

La Val di Noto
Dopo questo periodo convulso, la svolta arriva nell’877. Un emiro di polso, anzi un vero tiranno, Ibrahim II (il primo era stato il fondatore della dinastia), aveva preso da qualche anno il potere a Kairuan, e nomina per la Sicilia un emiro Ja’far (in omaggio alla tradizione storiografica, soprattutto per i più celebri successivi re arabo-siculi, useremo la traslitterazione italiana di “Giafar”), il quale si scaglia subito, con nuove forze fresche, all’assedio di Siracusa, comprendendo che, finché i bizantini avevano un patrizio a Siracusa, a nulla sarebbe valso prendere questa o quella fortezza. Siracusa resiste come può e finché può. Alla fine, nell’878, dopo episodi strazianti di fame all’interno delle mura, deve arrendersi. Una flotta bizantina è mandata in aiuto, ma quando arriva già la città è in mano araba. Sulle prime gli Arabi distruggono tutto, e per ricostruire un’amministrazione nella parte orientale fanno base su Noto (da qui il nome del secondo “Vallo”, dopo quello di Mazara). I Bizantini si rifugiano a nord-est nel Val Demone, facendo ora Taormina capitale provinciale, migliore della meno difendibile Catania. Con loro è fuga di massa della popolazione cristiana che non vuole essere presa prigioniera o diventare “dhimmi”. Il Val di Noto a lungo resta poco popolato, tanto di cristiani quanto di musulmani.READ  Elimi, Siculi, Sicani, Fenici. E in arrivo Cartagine: la Storia della Sicilia del professor Massimo Costa 3

Gli ultimi Aghlabiti espugnano il Valdemone che però resta cristiano e greco
Non doveva essere tranquilla la vita a corte a Palermo se, lo stesso anno della presa di Siracusa, Giafar è ucciso in una congiura e sostituito da un emiro elettivo (un certo Rabâh, che era stato emiro qualche anno prima). Non manca la reazione dei Greco-siculi, tanto dalla flotta bizantina per mare, con la ripresa delle Madonie e il loro afforzamento, quanto della popolazione, sempre aizzata dall’ottuagenario Elia di Castrogiovanni. Ibn Rabâh, a torto o ragione considerato responsabile dei rovesci, fa la brutta fine del predecessore. Anche il suo successore Hasan è sconfitto, a Caltavuturo, e viene deposto. E così pure Muhammad ibn Fadhl, dopo di lui, anche se era riuscito ad espugnare Polizzi. I bizantini si ritirano però nella cuspide tra Messina e Catania, lasciando in pratica che i municipi cristiani del Valdemone si difendano da soli. Di fronte all’ingovernabilità dell’emirato di Sicilia, Ibrahim pensa che una soluzione sia quella di mandare come emiro Sawâda (885), figlio di quel Muhammed che era stato ucciso e nipote di quel Khafaja che aveva pacificato la Sicilia più di vent’anni prima. Per qualche tempo funzionò. Ma poi scoppiò una seria contesa, anzi una vera propria guerra civile tra le due stirpi che avevano condotto la campagna di Sicilia: gli Arabi, che avevano a Palermo la loro sede principale, e i Berberi, che invece si erano concentrati su Girgenti. Gli Arabi lo depongono e lo rispediscono in Africa, ma Ibrahim lo impone nuovamente aiutando Palermo a domare la rivolta berbera. Seguono altri disordini. I Siqîlliyyun (gli Arabi di Sicilia) per la prima volta non riconoscono il governo di Ibrahim e il suo governatore, tranne forse a Mazara, e la Sicilia piomba nell’anarchia, guidata in qualche modo dalla gemaa di Palermo. Con i cristiani è obbligatoria una tregua (895). In pratica, con la conquista di Siracusa, lo slancio della conquista si era arrestato quasi del tutto. Il Val Demone è ora difeso non solo dalle armi imperiali ma anche dai Siciliani stessi che hanno imparato a difendersi da soli.

I Greci escono di scena

L’Emiro Ibrahim aveva trascorso i primi anni del suo regno a rinsaldare il suo dominio in Africa. Una volta assicurato lì il potere, si volge spietatamente verso la Sicilia riconducendola all’obbedienza, e riprendendo la guerra santa contro il Valdemone (898). L’emiro nominato da Ibrahim, forse per la prima volta, più che un sovrano vassallo è ora davvero un semplice governatore. Ma ormai i Siciliani (o Siculo-Arabi) mal soffrivano le ingerenze africane e, allontanato l’emiro, eleggono un emiro indipendente, il persiano Rakamuweih (899). Ibrahim deve mandare il figlio ‘Abd Allah per piegare Palermo, mentre nel Val Demone i Cristiani provano a rialzare la testa. ‘Abd Allah piega a forza la resistenza cristiana, varca lo Stretto, espugna Reggio (902) ma poi torna indietro, preso per pusillanime dal padre che lo richiama in Africa. Qui Ibrahim II abdica, gli lascia l’emirato, e questi a sua volta affida l’emirato vassallo di Sicilia al figlio Ziyâdat Allah II. Ibrahim parte quindi per la guerra santa in Sicilia. Rovista il Val Demone, costringendo le principali città siciliane al tributo. Assedia infine Taormina, che cade nel 902, ultima fortezza bizantina. Le altre città, da Catania a Messina, aprono le porte agli Arabi, ormai indifese. Varca lo Stretto, ma muore alle porte di Cosenza. Nel 902 con la caduta di Taormina le armi imperiali abbandonano la Sicilia; la stessa Calabria greca paga un tributo per non essere assaltata. Le città greco-sicule dell’interno del Val Demone accettano parimenti di pagare un tributo agli Arabi per mantenere un minimo di autogoverno e non essere invase. Teoricamente tutta la Sicilia è finalmente conquistata. Ed è quanto meno una curiosità della storia il fatto che i Greci siano usciti di scena praticamente nello stesso punto in cui erano entrati nel 734 a.C. con la fondazione della prima colonia.

Massimo Costa

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