GLI INTELLETTUALI PENTITI DI MICHELE EUGENIO DI CARLO

E questo è Verdi che aveva visto il suo cognome diventare un acronimo per inneggiare a quel re che nessuno voleva (VERDI = Vittorio Emanuele Re D’Italia). Il nostro sbagliava solo su un punto: NON morirono di fame tutti gli abitanti della Penisola, ma SOLO i Meridionali. Edmondo De Amicis, autore dello stucchevole “Libro Cuore”, anche lui deluso andò ad iscriversi al partito socialista. Mentre Carducci si ritirò a vita privata.
Fino al momento della proclamazione dell’Italia unita, poeti, scrittori e letterati erano accomunati nel sentimento condiviso di un Italia unificata politicamente dalle Alpi alla Sicilia.
È Giovanni Capecchi, docente di Letteratura italiana all’Università per Stranieri di Perugia ad esprimere questa tensione culturale che passa dal Foscolo al Leopardi, dal Manzoni al Giusti, dal Carducci al giovane Verga. Paradossalmente, invece, con il risultato acquisito dell’Unità, «la letteratura, unita nell’Italia divisa» si divide. Una “secessione” letteraria anche frutto dell’amara delusione di democratici, repubblicani e autonomisti, falliti gli ideali della «rivoluzione» promessa e non mantenuta.
Capecchi scrive anche della delusione più contenuta che percorre la letteratura settentrionale e che si manifesta chiaramente «attraverso un ritiro silenzioso e triste alla vita privata da parte di intellettuali che avevano lottato per l’unificazione nazionale… ».
È questo il contesto che vede emergere la narrazione di Edmondo De Amicis, che con il romanzo “Cuore” del 1886 mette in luce un presente farcito di buoni sentimenti quali patria, famiglia, doveri. Un’opera dal successo straordinario, possentemente divulgata attraverso i moderni programmi della pubblica istruzione. Quella che abilmente De Amicis diffonde nel sentire comune è una percezione alterata di un Risorgimento edulcorato e romantico, risultato di un ampio movimento popolare inesistente.
Mentre nel campo della poesia saranno i componimenti lirici del marchigiano Luigi Mercantini ad essere apprezzati e diffusi negli ambienti liberali e governativi della seconda parte dell’Ottocento. Infatti, con “La spigolatrice di Sapri” e “L’ Inno di Garibaldi”, Mercantini diventerà uno dei più apprezzati poeti, nonostante le modeste qualità.
Non minor successo avrà l’opera memorialistica scritta da Giuseppe Cesare Abba: “Da Quarto al Volturno: noterelle di uno dei Mille” del 1891, quando al trasformismo politico in atto serviva propagandare un’impresa dei Mille epica e leggendaria, priva di quegli elementi distintivi che avevano caratterizzato la feroce contrapposizione tra i cosiddetti «padri della Patria», perché come scrive Roberto Bigazzi, docente di Letteratura italiana presso l’Università di Siena, occorreva costruire il mito fondante della nazione, annullando le differenze e le asperità. In questo senso l’autore ligure ha influenzato e deviato sicuramente l’educazione delle nuove generazioni.
Nel Sud, che subisce drammaticamente il peso di politiche fiscali e doganali, la “secessione” letteraria sarà poderosa ed irreversibile
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