I Giacobini dalle utopie al terrorismo e al “Qualsiasi cosa purché funzioni”di Giuseppe Gangemi

Nel corso del primo periodo (1789-1792) della Rivoluzione Francese i Giacobini furono estremisti e utopisti; nel periodo di governo rivoluzionario giacobino (1792-1794) furono estremisti e realisti. In altri termini, essi furono due cose diverse in tempi diversi e furono ancora diversi nei decenni che seguirono.
Nei loro Club, attraverso i quali facevano proselitismo, essi predicavano repubblicanesimo, democrazia a suffragio universale, Costituzione scritta dai rappresentanti del popolo, libertarismo a oltranza, uguaglianza, giusto processo, femminismo, razionalismo che sfociava nell’anticlericalismo e anticolonialismo. Furono queste le più importanti utopie che teorizzavano e molti sognavano di realizzare una volta al governo. Giunti a dirigere governo e istituzioni, dove non avevano più bisogno di fare proselitismo, accantonarono le utopie irrealizzabili per servirsi dell’opposto di queste per attuare quanto ritenevano realizzabile.
Per primo sparì il giusto processo, quindi la Costituzione del popolo sovrano (che fu sospesa e mai applicata) e la democrazia popolare. Il regime che ne seguì diventò dispotico. Sparirono le autonomie comunali e regionali e costruirono uno Stato centralista e accentratore; aumentarono a dismisura le esecuzioni capitali (si dice che ne eseguirono circa 16.000), pretesero e ottennero di giustiziare il re senza processo in quanto nemico del popolo (di fatto perché temevano che un tribunale lo assolvesse). Del resto, avevano inserito nella loro Costituzione (quella del 1793) l’art. 27 che riconosceva il diritto di giustiziare senza processo: “Ogni individuo che usurpa la sovranità, sia all’istante messo a morte dagli uomini liberi”.
Ma chi erano questi Giacobini se, nella loro predicazione nei Club, furono così diversi che nel governare? Addante, nel volume Le colonne della Democrazia, prima non fornisce alcuna definizione di Giacobini, poi sembra che ne fornisca una implicita che, messa alla prova, si rivela non esclusiva, non esaustiva e ambigua e, infine, per la sola Italia, di fatto, finisce per denominare con il termine Giacobini gli affiliati alle società segrete che, dal 1792 al 1860, appresero a darsi la struttura organizzativa per prima adottata dalla Società dei Raggi: quando gli adepti di un nucleo diventavano più di cinque, il nucleo si divideva in due nuclei che continuavano a fare proselitismo fino a superare il numero di cinque e così via. Il minimo di contatti possibili veniva mantenuto tra i vari nuclei perché dalla scoperta dei membri di un nucleo non si arrivasse alla scoperta dei membri di altri nuclei. Questa struttura, spesso, permetteva che in molti di questi nuclei prevalessero i moderati, più vicini a dei gradualisti che a dei rivoluzionari che pretendessero tutto e subito. Lo stesso Addante lo riconosce: “Dopo l’unitarismo repubblicano e democratico che aveva dominato nel Triennio, si affermò una strategia più gradualistica, e tra l’età napoleonica e le rivoluzioni del 1820-21 si diffusero istanze federalistiche”. Con il che, di fatto, egli asserisce che, non tanto il progetto politico, quanto la struttura organizzativa è stato il segno distintivo di quello che chiama giacobinismo.
Il gradualismo dei Giacobini, dopo la morte di Robespierre, caratterizzò anche la storia della Francia. Alle elezioni del 1799, la componente giacobina si rivelò ancora forte in molti collegi elettorali uninominali, anche se complessivamente minoritaria a livello nazionale. I Giacobini divennero una componente sempre meno influente nelle rivoluzioni successive: quella del 1830 che finì con la proclamazione di una monarchia guidata da Luigi Filippo; quella del 1848, che portò alla Seconda Repubblica, ma anche all’elezione come Presidente della Seconda Repubblica di Luigi Napoleone Bonaparte che, tre anni dopo, proclamò il Secondo Impero. Con l’eccezione della Comune di Parigi del 1870, dove il Giacobinismo fu, invece, molto influente e perché le utopie che il Giacobinismo aveva elaborato per prima nel corso della Rivoluzione Francese, diventarono il programma minimo delle rivendicazioni di tutti i Comunardi. Inoltre, il movimento maggioritario nella Comune furono Socialisti e Comunisti le cui utopie erano presenti, in nuce, nelle utopie dei più radicali Giacobini della Grande Rivoluzione.
I Giacobini Italiani non ebbero esperienze paragonabili a quella della Comune di Parigi e diventarono sempre più gradualisti, fino al punto da diventare trasformisti. Il loro peccato originale fu che, siccome le repubbliche nelle quali avevano vinto erano state il risultato di conquiste dell’esercito francese, spesso hanno inghiottito rospi contraddittori con le utopie che predicavano. In Italia, nel 1805, con Napoleone re d’Italia, essi inghiottirono i rospini Regni monarchici del Centro e al Nord; nel 1806, con Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat, il rospino monarchico lo inghiottirono nel Napoletano; nel 1820-1821, inghiottirono la monarchia in Piemonte e nel Napoletano in cambio di una costituzione graziosamente concessa dal re; sempre nel 1820-1821, in Sicilia, inghiottirono la richiesta della Costituzione del 1812. Nel 1848-1849, in Sicilia, quelli che saranno i principali Garibaldini del 1860 (Francesco Crispi, Giuseppe Corrao, Giuseppe La Masa e Rosolino Pilo) combattono per una Sicilia autonoma; nel 1860, inghiottirono, e fecero inghiottire, Plebisciti vergognosi per la quantità di brogli e di violenze perpetrati; nel 1861, inghiottirono uno Statuto Albertino ispirato dalla Costituzione francese del 1814, quella graziosamente concessa da re Luigi XVIII; nel 1863, inghiottirono e fecero inghiottire una legge dei sospetti che deportò senza vero processo almeno 80.000 persone; etc.
I Giacobini, ovvero i Risorgimentali, italiani, secondo la definizione implicitamente fornita da Addante, nel mentre che diventavano gradualisti, inghiottirono rospi di dimensione colossale o, peggio, furono questi rospi a inghiottire loro, se si pensa che il “Giacobino” (presunta colonna della democrazia italiana) Francesco Crispi finì per essere considerato dai Fascisti un loro precursore.
Il “pluridecennale protagonismo nelle società segrete” (posizione 9438 di 9872) che ha alimentato la “pluridecennale rivoluzione italiana, l’epopea nazionale che si sintetizza con il nome di Risorgimento” (posizione 135 di 9872) a furia di inghiottire rospi, ha finito con il farsi andare bene qualsiasi cosa purché desse la possibilità di vincere. Con il Patto di Abnegazione a favore di Casa Savoja, essi si fecero ingurgitare dal rospino Regno di Sardegna che “in diverse circostanze scelse di allontanare forzatamente dei rifugiati, arrestati o coinvolti in tumulti, inviandoli oltreoceano” (Bacchin, Elena, Una “Siberia Piemontese”? La deportazione degli esuli indesiderati negli anni Cinquanta dell’Ottocento, Studi Storici, n. 2, 2023, pp. 314-344, citazione dalla p. 316). Erano almeno 232 e tutti “senza mezzi di sussistenza o con ideali politici radicali” (pp. 317-318): almeno 232 con una corvetta e due fregate.