I MISTERI DEL CRANIO DI GIUSEPPE VILLELLA

Giuseppe Gangemi
Nel 2014, mi interessavo di Cesare Lombroso per collocarlo rispetto al Methodenstreit (la lunga diatriba sul metodo delle scienze non sperimentali). Questa controversia è cominciata nel 1859 per la biologia, ha raggiunto il suo massimo, nel 1884, per l’economia, ed è stata definitivamente definita e chiusa, per tutte le scienze sociali o morali, nella famosissima controversia che porta alla produzione della riflessione metodologica di Max Weber.
Il problema era stato posto nel 1843 quando John Stuart Mill pubblica il System of Logic in cui enuncia le regole o canone della scienze sperimentali: della concordanza, della differenza, delle variazioni concomitanti e dei residui, con la descrizione anche di una combinazione di due canoni che Mill chiama Canone congiunto di concordanza e differenza. Mill esclude che i suoi canoni si possano utilizzare nelle scienze morali e in biologia. Nel 1859, Charles Darwin, usando i canoni di Mill in modo ineccepibile, nell’Origine delle specie, dimostra che Mill abbia torto, almeno per la biologia. Altri, però, sostengono che no, che Mill abbia ragione.
Da qualche anno, avevo scoperto che, in margine al corretto modo di usare i canoni di Mill in antropologia, c’era stata una interessante controversia che ha visto contrapposti Lombroso e il suo collega medico pavese Andrea Verga. Questi, nel 1872, ha sollevato la questione del metodo contro Lombroso e questi, messo in difficoltà, una volta diventato famoso con la pubblicazione de L’uomo delinquente, nel 1876, ha rifiutato di rispondere alle critiche (per questo, è stato persino radiato dalla Società di Antropologia, nel 1883).
Ero proprio nel mezzo di queste ricerche quando, dall’ufficio apposito alla pubblicizzazione degli eventi scientifici interni all’Università di Padova, mi arriva notizia della presentazione di un libro su Lombroso scritto da Maria Teresa Milicia, una ricercatrice dell’Università di Padova: Lombroso e il brigante. Storia di un cranio conteso.
Ho subito fatto alcune telefonate e ho appreso che, oltre al libro della Milicia, era uscito un e-book a firma Domenico Iannantuoni e Francesco Cefalì, con titolo Perché briganti? La vera storia del ‘brigante’ Giuseppe Villella di Motta Santa Lucia (CZ). Apprendevo, inoltre, che Iannantuoni era il Direttore del Comitato NoLombroso e che aveva intentato una causa all’Università di Torino, proprietaria del cranio di Giuseppe Villella tenuto, dal 1870 al 1909, sempre sulla scrivania di Lombroso e poi consegnato al museo Cesare Lombroso costituito con tutti i reperti antropologici raccolti dall’antropologo veronese.
Mi sono procurato i due libri, li ho letti. Ho verificato che in nessuno dei due autori si accennava alla polemica tra Lombroso e Verga. Ho deciso, comunque, di andare ad ascoltare la presentazione nell’ipotesi che qualcuno dei cinque relatori previsti fosse a conoscenza della polemica tra Lombroso e Verga. Ho ascoltato tutti i relatori, tutti esperti di Lombroso e tutti che lodavano la completezza dell’indagine di Milicia, e ho verificato che nessuno ha minimamente accennato alla controversia tra Verga e Lombroso.
Non sono intervenuto, però, a denunciare questa dimenticanza o ignoranza degli esperti chiamati. Quello che mi ha disturbato, in quanto professore ordinario dell’Università di Padova, è stato il fatto che presentavano un libro, all’Università di Padova, non al fine di dibattere scientificamente sul tema, ma per pubblicizzare le posizioni del Museo Lombroso dell’Università di Torino nella controversia in corso nei tribunali. Il primo tribunale si era pronunciato a favore del Comune di Motta Santa Lucia in quanto non aveva considerato il cranio come un reperto importante per la storia della scienza e l’Università di Torino aveva presentato appello su questo punto.
Finite le relazioni, ho chiesto la parola dall’ultima fila (ero arrivato con leggero ritardo) dell’aula Ippolito Nievo, piena di studenti. Siccome ero di casa e conosciuto, mi hanno concesso di parlare. Mi sono posizionato, con il microfono accanto al tavolo dei relatori e, in piedi, mi sono messo a dire quello che pensavo.
Non sono entrato in merito alla controversia. Mi sono limitato a sottolineare che intervenivo come voce dissenziente perché un vero dibattito scientifico presuppone che tutte e due le campane vengano ascoltate e non una sola. Ho aggiunto che la questione della fossetta occipitale di Lombroso era divisiva tra Nord e Sud e che, in questo clima, non era appropriato che venisse tenuto un seminario con solo docenti a favore di una parte. A questo punto, mi viene tolta la parola. Me la toglie il professore Silvano Montaldo, Direttore del Museo Lombroso e docente dell’Università di Torino. Non sollevo questioni e, visto un amico seduto in prima fila, con una sedia vuota vicino a lui, mi metto a sedere accanto.
Chiedo all’amico Elio Franzin, veneto molto noto a Padova. “Ho detto qualcosa di scortese o inopportuno?”. “No! Sono loro che sono stati maleducati con te!” Ascoltiamo la fine del dibattito e usciamo insieme. Elio ha la bici attaccata vicino alla porta di uscita di via San Francesco. Mentre, aspetto che la liberi dai catenacci con cui l’ha legata, vedo arrivare l’autrice del libro, il Direttore del Museo Lombroso di Torino e il Direttore dell’Istituto di Antropologia di Padova. Parlano. Quando mi vedono, smettono di parlare. Un breve cenno di saluto dal collega padovano. Gli altri due se ne vanno muti, senza fermarsi a tentare di comporre la questione sorta tra noi appena dieci minuti prima.
Ho un solo pensiero: “Guerra? E guerra sia!”. Nel giro di 15 giorni pubblico un primo articolo sulla Rivista Foedus di cui ero stato il fondatore e il Direttore. Quel primo articolo porta a tre diverse controversie, cui seguiranno altre perché al primo articolo ne seguiranno altri due, poi un volume su Lombroso (La falsa scienza di Cesare Lombroso), poi un volume sulle vittime militari e meridionali a Fenestrelle (In punta di baionetta) e, infine, un volume sulle vittime civili meridionali (Senza tocco di campane). In questa parte conclusiva del saggio, narrerò della prima polemica, quella da cui si è originato tutto: la polemica sul cranio conteso di Giuseppe Villella.