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I “Padri della Patria”

Posted by on Mar 25, 2022

I “Padri della Patria”

PROT. N° …………………  Giovedì 10 febbraio 2005

Al Presidente della Repubblica Italiana

ROMA

Oggetto: I “PADRI DELLA PATRIA” E IL BRIGANATAGGIO POST-UNITARIO – RICHIESTA DI UN    “GIORNO DEL RICORDO” IN MEMORIA DELL’ECCIDIO OPERATO CONTRO TANTI  MERIDIONALI ALL’ATTO DELL’UNITA’ D’ITALIA

Egregio Presidente,

una recente nota prefettizia (prot. n° 260/22.5/Gab. del 4/02/2005) inviata a noi sindaci ci ha rammentato che oggi 10 febbraio 2005 è il “giorno della memoria” della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Si richiamava inoltre la nostra attenzione sull’alto contenuto civile della cennata ricorrenza, …anche promuovendo momenti di studio ed approfondimento in materia… .

Finalmente dopo 60 anni ca., dopo la tragedia dell’olocausto, anche questa triste pagina di storia italiana incomincia ad essere realmente ricordata e soprattutto i media né danno il giusto risalto.

Ora rimane soltanto raccontare cosa realmente è avvenuto all’atto dell’Unità d’Italia e quale sia stato il vero ruolo dei così detti “padri della patria”. Questo è importantissimo per noi meridionali e per il resto degli italiani e a completamento di tale racconto vedrete che verrà spontaneo dedicare un altro giorno dell’anno alla memoria di quelle decine di migliaia di meridionali che vennero sterminati fra il 1860 e il 1870 (soprattutto nei primissimi anni).

Fino a pochi anni addietro i così detti “padri della patria” erano intoccabili, ma da quasi un decennio, nonostante molte autorità nazionali e tanti cittadini li considerano ancora intoccabili, si ha quantomeno la possibilità, senza rischio di denuncia per “offesa alla patria”, di raccontare anche l’altra versione della storia dell’unità d’Italia in cui il mito di questi strani “intoccabili” crolla inevitabilmente davanti ad una realtà storica totalmente opposta a quella propinataci, ancora oggi, dalle istituzioni, o dai loro rappresentanti, e dai libri di testo scolastici.

La mia versione sui “padri della patria” è totalmente opposta rispetto a quella ufficiale, ed è nata dallo studio del territorio, dalle tradizioni popolari, dalla realtà drammatica attuale e passata della mia regione, dalla ricerca nei vari archivi storici e confrontandomi con i numerosi semplici cittadini, come me, studiosi di questo periodo. Non è un caso che la maggior parte di essi, e devo dire che sono davvero tantissimi, non condividono ciò che ufficialmente si dice sui “padri della patria” e sull’unità d’Italia.

Dopo diversi anni e notevoli riflessioni, certamente non strumentalizzate, né ho tratto l’idea che la storia dell’unità d’Italia va totalmente riscritta e i “padri della patria”, per la maggior parte, tutti quelli più elevati, sono stati creati per giustificare molte nefandezze commesse in quei tristi anni dell’annessione del Regno delle due Sicilie al Regno del Piemonte. Le migliaia di cartelle contenenti documenti originali dell’epoca, da sempre custoditi nei vari archivi nazionali e paradossalmente mai ritenuti ufficiali nonostante redatti e conservati fra l’altro dagli stessi liberali, lo dimostrano chiaramente.

Non bisogna scandalizzarsi che un sindaco asserisce tali cose poiché qualcuno, prima o poi (anche se dopo quasi 150 anni), lo avrebbe dovuto fare. Io ho scelto Lei, per la seconda volta, per farvi conoscere queste mie considerazioni che, vista l’importanza, strettamente legata ai gravissimi problemi che affliggono il Sud Italia, meriterebbero un sincero approfondimento, quanto meno per dimostrare che mi sbaglio.

La mia prima corrispondenza con Lei su questo argomento risale a ad un anno e mezzo ca. fa, quando le inviavo una piccola pubblicazione, da me curata (Brigantaggio, Toponomastica e Storia Patria) che tratta, con esplicative immagini fotografiche, un punto all’ordine del giorno discusso nella seduta n° 39 del 30/11/2003 di questo C.C. con oggetto “determinazione del consiglio comunale su eventuale modifica della toponomastica”. In data 15/9/2004 (con prot. n° 0088736P) il suo consigliere capo del servizio, dott. Fabrizio Nevola, mi inviò una risposta che tanto apprezzai e di questo vi ringrazio, ma bisognerebbe fare ancora qualcosa.

All’atto dell’unità d’Italia molti episodi non sono andati per il verso giusto e si è appositamente prodotto, per gli sporchi interessi dei Savoia e di diversi vili regni europei dell’epoca, in primis l’Inghilterra, la distruzione di uno dei regni più ricchi d’Europa, il Regno delle due Sicilie, e della gran parte della sua popolazione. Non è un caso che nei primi dieci anni d’unità d’Italia morirono, barbaramente uccisi o seviziati, diverse decine di migliaia di meridionali e fino all’inizio della prima guerra mondiale emigrò, per causa di forza maggiore, il 50% di quella popolazione. Precedentemente qui al Sud non esisteva quasi questo umiliante esodo! Emigrazione che continuò pesantemente negli anni ’20/’30 e ’50/’60 successivi e continua gravemente persino oggi, negli anni 2000! Il sottoscritto, nato nel 1965, ha fatto l’emigrante per oltre 10 anni come operaio specializzato fra le pareti rocciose di tutta Italia e a fine mandato da sindaco è quasi certo che dovrà riprendere le valige per cercare lavoro altrove. Nel paese che io mi onoro amministrare la strada carrabile arrivò a fine anni ’50 e l’asfalto nel 1970. Fino a quest’ultimo anno uno dei mestieri più in uso ad Alessandria del Carretto era il mulattiere! Il film-documentario “I dimenticati”, da sempre censurato, del regista Vittorio De Seta (che girò anche “Banditi ad Orgosolo”), descrive la drammatica situazione di quegli anni ad Alessandria d. C. . In quel periodo in paese, ancora molto vivo e forte, vi furono rivoluzioni e persino l’allora primo ministro Fanfani, dovette ammettere le gravi colpe dello Stato. Colpe che ereditò certamente dalla passata e terribile monarchia fascista dei Savoia i quali per giustificare l’unità d’Italia inventarono nell’ottobre del 1860 il plebiscito dove si chiese alla popolazione meridionale di unirsi o meno al Regno del Piemonte. Ovviamente il risultato della votazione, palesemente truccata con le armi in mano, in cui votò una percentuale bassissima di gente, diede parere favorevole all’annessione. Ma una falsa votazione si sa che non porta a niente di buono (si veda quella operata in Germania negli anni ’20); infatti non venne calcolato dai novelli liberali, non so ancora se fu invece appositamente tutto calcolato, che quelli contrari all’annessione al Piemonte, tantissimi, si opposero violentemente. Con a capo molti ex soldati semplici e pochi graduati borbonici (gli ufficiali si erano per la maggior parte venduti ai Savoia) e persino ex garibaldini delusi, si rifugiarono in un primo momento sui monti e poi, visti in pericolo di vita, poiché dichiarati “briganti”, scorsero di conseguenza la campagna armati componendo una miriade di piccole a grandi bande. Queste migliaia di latitanti pastori e contadini continuarono ad essere definiti “briganti”, ma nei primi 5 anni di lotta la stragrande maggioranza, nonostante compissero gravi reati (ma solo a danno dei liberali), non lo erano assolutamente. Non erano per niente dei semplici “scorritori” di campagna; nelle loro azioni contro i liberali, conducevano con se sempre una bandiera bianca borbonica e nei biglietti minatori si firmavano “soldati di Francesco II”. Questo dimostrava chiaramente la loro lotta politica per far ritornare sul trono del Regno di Napoli il loro Re. Fu una vera e propria guerra civile (che per 140 anni è stata taciuta) ma fu certamente impari perché i Savoia vittoriosi e i loro collaborazionisti meridionali schierarono sul campo oltre un terzo dell’esercito sabaudo e quasi 100.000 miliziani, oltre migliaia di carabinieri. Fu dichiarato lo stato d’assedio, furono bombardati e bruciati interi paesi e furono fatte atroci e disumani leggi che nulla avevano da invidiare a quelle che 70 anni dopo ca., sempre i Savoia, emanarono contro gli ebrei. I primi criminologi studiarono persino i crani dei meridionali elaborando razziste tesi sulla innata propensione alla delinquenza dei calabresi, dei campani, dei lucani, ecc. . Basta leggere quel pazzesco libro “in Calabria” di Cesare Lonbroso per capire come erano giudicati dai savoiardi i calabresi e alcune minoranze presenti nella regione: grecanici e albanesi; i valdesi, presenti ugualmente in Calabria, erano esclusi dalla trattazione forse perché d’origine franco-piemontese! L’autore scrisse il testo nel 1862 quando vestito da militare era al seguito dell’esercito sabaudo; ora è ancora definito fondatore dell’antropologia criminale; in realtà, alla pari dei medici nazisti di Auschwitz, fu un “macellaio” che seguiva direttamente l’occupazione del Regno di Napoli per “studiare” la presunta propensione criminale dei meridionali; lo dimostrano i suoi trattati e le molteplici teste e crani di gente del Sud che sembra siano ancora esposti, sotto formalina, nei vari musei italiani di criminologia (alcuni dei quali impossibili visitarli perché in restauro perenne) o trattati nei tanti libri sull’argomento. In quel periodo si crearono persino dei veri campi di raccolta per meridionali, che sto valutando se definire di concentramento o di sterminio. Molti asseriscono che quello di Fenestrelle in Piemonte sia stato un vero campo di sterminio poiché delle migliaia di ex soldati borbonici lì detenuti non si seppe più nulla. Sembra che al posto del gas, purtroppo tanto amato da Hitler, venne utilizzata la calce viva! Inoltre si tentò persino di deportare moltissimi di questi ex militari borbonici e “briganti” in Patagonia!

Non esagero sig. Presidente, tutto è avvalorato da documenti, e ci tengo a precisare che le racconto questi episodi con molta pacatezza, senza un minimo di rancore nei confronti dei piemontesi attuali, né tanto meno voglio dividere l’Italia o far tornare sul trono i Borbone. A me interessa soltanto fare chiarezza e far sapere a tutti gli italiani di come realmente è stata fatta l’Italia e da dove sono nati questi gravi problemi che affliggono il Sud.

Non potremo mai creare una forte Italia se non abbiamo il coraggio di raccontare e conoscere il passato e i crimini perpetrati da noi italiani e finiamola una volta per tutti, come dice il grande Alianello, di definirci i buoni d’Europa.

Sono orami migliaia i cittadini italiani che in proposito di unità d’Italia la pensano come il sottoscritto, basta leggere le centinaia di libri editi ultimante sull’argomento o dare un’occhiata ai numerosissimi siti Web; basta cliccare su un qualsiasi motore di ricerca la parola “brigante” o “brigantaggio” e si capirà quanti italiani vogliono ancora dopo 150 anni conoscere la verità su quel periodo. Se si da un’occhiata alle foto dell’epoca scattate dagli stessi liberali ai così detti “briganti” ci si rende facilmente conto che si tratta di orripilanti immagini che fanno molto riflettere e affermare che i nazi-fascisti e, aggiungo, anche i comunisti russi, tedeschi e jugoslavi dell’ultimo dopoguerra, si sono certamente ispirati ai nazionalisti italiani dell’800.

Spero che una persona sensibile come Lei, che ho sempre apprezzato per la sua saggezza, non si scandalizzi per tali affermazioni poiché il mio scopo è soltanto far nascere una riflessione nazionale su ciò che realmente avvenne all’atto dell’unità d’Italia e sulle conseguenze che ne derivarono; vedrete che una “giornata della memoria” in onore ai caduti di quel periodo (compresi i militari piemontesi) è più che giusta, come è giustissimo aver creato le giornate in memoria delle vittime dell’olocausto e delle foibe per …promuovere momenti di studio ed approfondimento in materia… con la speranza che non accadono mai più.

Come ho potuto già dichiarare più volte, non voglio assolutamente cambiare lo stato delle cose attuali perché sono fermamente democratico e repubblicano. Fra le persone che considero “maestri”, oltre i miei nonni miracolosamente salvati dalla disfatta dell’ultima guerra, vi sono i veri “padri della patria”, o meglio i veri “padri della repubblica”, cioè coloro che l’hanno creata con il loro stesso sangue e con immani sacrifici come Gramsci, Matteotti e Pertini, per citarne soltanto qualcuno.

Non si può in piena repubblica elogiare i Savoia che alla pari di Mussolini hanno sfruttato, distruggendola, per lunghissimo tempo l’Italia, soprattutto l’Italia meridionale, diffamando i Borbone, la nostra cultura e le nostre origini che come sa sono enotrie, magnogreche, romane, bizantine, longobarde e così via. In questi giorni della memoria non si può fare a meno di dire che Vittorio Emanuele III firmò nel 1938 le leggi razziali o che abbandonò nel 1943 vigliaccamente nelle mani dei tedeschi Roma, l’Italia e milioni di soldati e semplici cittadini. Sappiamo poi che cosa ne è derivato: foibe, ardeatine, Cefalonia, deportazioni, ecc. Tutto questo, come quello che hanno fatto i suoi antenati della seconda metà dell’800, non si può accettare, come non si può accettare che ancora tantissime strade e monumenti sono ai Savoia e ai loro tirapiedi dedicate. Agli eredi dei Savoia non do nessuna colpa se non quella di presentarsi in piena repubblica ancora come principi o eredi al trono.

Non si può fare a meno di dire che l’ex Regno delle due Sicilie era uno dei regni più all’avanguardia d’Europa, dove erano presenti le più grandi industrie, dove vi erano i migliori teatri, dove la cultura era d’esempio per tutta Europa. Fino al 1860 il Regno delle due Sicilie era il terzo regno più ricco d’Europa. Poi da un momento all’altro, ma non per caso o per colpa della maggior parte dei meridionali, è crollato e ora il Sud è nelle posizioni più basse, pronto ad esplodere.

Ora si ritiene che il Sud è un grave peso per l’Italia; qualcuno lo vorrebbe persino separare dal resto della nazione. Si dice che qui si produce solo mafia e delinquenza e dove vengono spesi tutti i soldi dello Stato.

Il Sud Italia è certamente pieno di problemi, molti dei quali prodotti da noi stessi, ma sinceramente questo declino è iniziato a partire dall’invasione del Regno delle due Sicilie da parte del Regno del Piemonte e peggiorato man mano che i Savoia governavano e purtroppo anche sottovalutato e strumentalizzato da qualche deputato o senatore attuale. La verità è che da noi ci sono ancora tantissime masserie senza strada, senza acqua, senza elettricità, senza telefono; paesi, come il mio, collegati alle scarsissime strade statali e autostrade, con strade nemmeno degne dei tempi in cui vennero aperte, dove i pulman gran turismo e i proprietari di nuove autovetture si rifiutano di percorrerle! Il risultato? L’emigrazione! Prima dalle campagne in paese; poi dai paesi al Nord o alle marine nostre; infine dalle marine a chissà dove. Così succede che il 90% degli studenti, quindi di parte delle menti, laureati a Bologna, Roma, Torino, ecc., restano per sempre in quelle città. Così succede che alcuni  giovani che rimangono al Sud, sono tentati dai facili guadagni illeciti. Così succede che il sottoscritto, particolarmente esperto dell’ambiente naturale dei monti del Pollino, dove nel 1993 è stato istituito un parco nazionale, vista ma mancanza di turismo per la quasi totale assenza di minime infrastrutture collettive che lo Stato dovrebbe garantire, è costretto a termine del suo mandato da sindaco, suo malgrado, ad emigrare in Germania o rinchiudersi in qualche città italiana del centro-nord!

Capisco che sia difficile convincervi che quasi tutti gli alti ranghi dei “padri della patria” sono stati ipocriti e farabutti, ma Le chiedo quanto meno di rifletterci sopra e se l’ho convinta faccia in modo che quella legge fascista n° 1118 del 23/06/1927, che ancora oggi regolarizza l’attribuzione di toponimi alle vie cittadine, venga sostituita con una legge repubblicana. Faccia inoltre in modo di aprire a livello nazionale una discussione sull’argomento.

I “padri della patria” non sono quelli studiati a scuola o quelli i cui nomi li vediamo incisi sulla maggior parte delle lapidi della toponomastica cittadina. I “padri della patria”, ma a me piace definirli i “padri della repubblica”, sono quelli che hanno dato la vita, le braccia e la mente per l’Italia e che continuano a dare il proprio contributo per avere noi oggi libertà di parola, di pensiero e vivere in questa stupenda terra che da oltre 2000 anni si chiama Italia.

Spero che mi dia anche questa volta una risposta.
Cordiali saluti.

Antonio Larocca
Sindaco

fonte
http://www.adsic.it/2005/02/23/i-padri-della-patria/#more-204

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