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I RIVOLUZIONARI CILENTANI DEL ’48 VERI EROI O……..(III)

Posted by on Mag 5, 2020

I RIVOLUZIONARI CILENTANI DEL ’48 VERI EROI O……..(III)

Cari amici di Alta Terra di Lavoro, ogni cosa nella vita se viene affrontata con impegno passione e serieta’ rischia di diventare un servizio  utile alla societa’, cosa che e’ successa al Blog dell’Ass.Id. Alta Terra di Lavoro.

Grazie alla mia curiosita’ di guardare i fatti storici da ambedue i lati mi sono incuriosito su alcuni personaggi facendo l’ elenco corposi dei liberal giacobini del Vallo di Diano In Cilento considerati padri della patria. Leggendo le loro biografie mi sono accorto che si faceva una certa propaganda forzata pur di cercare di enfatizzarli come personaggi che si sono prestati alla causa dell’ abbattimento della casata borbonica affinche’ ci fosse un taglio netto con il vecchio regime e trionfassero i principi di liberta’ che essi volevano portare in zona appoggiando  qualsiasi personaggio che fosse disposto a organizzare il colpo di stato contro i Borbone. Ma esaminiamo attentamente questi personaggi giu elencati perche’ lo facevano, quali erano i veri interessi e chi avevano dietro.

Tutti proprietari terrieri o appartenenti a famglie benestanti che come e’ risaputo venivano tassati dai Borbone a favore dei contadini e frenati nelle loro ambizioni contro l’ arricchimento e prepotenze nei confronti dei meno abbienti che venivano protetti da quel re che si basava su principi cristiani dove il vangelo era al primo posto e il profitto al servizio del essere umano ( prerogativa degli ancien regime ) e non viceversa, cosa che avverra’ con le ideologie liberali.

I valori delle monarchie in nome di Dio sono praticamente stati distorti e ridicolizzati dalle propagande giacobine che predicavano le LIBERTE’ alla francese e gli stessi preti appartenenti a quelle ideologie piantavano gli alberi della liberta’ che rappresentavano l’ opposto del crocifisso ovvero l’anticristo tanto e’ vero che e’ risaputo che le ideologie mutuate dalla Rivoluzione Francese avevano distrutto chiese e ucciso sacerdoti che si rifacevano alla tradizione, in pratica si voleva creare un mondo che, con la scusa di creare democrazie, costituzioni e parlamenti in nome del popolo ma gestite dai ricchi che  non vedevano l’ora di togliersi di torno quel Re garante del popolo e creare un mondo di ipocrisia, di poveri, di guerre, di appiattimento culturale, di manipolazione mentale, di degrado culturale che tendesse ad una societa’ che era nata solida piena di valori e tradizioni ma doveva diventare liquida corrotta tendente al nichilismo piu’ assoluto  dove i pricipi demoniaco satanisti la facessero da padrone e tutti questi personaggi sotto elencati hanno contribuito a questo sfacelo intellettuale che e’ quello oggi gestisce le nostre menti.

Che e’ quello gestisce le menti delle masse inconsapevoli che si lasciano trarre in inganno dal vitello d’ oro di biblica memoria che non e’ altro che la materializzazione del demonio che nel momento in cui si toglie la sua maschera dorata nei esce il mostro che fagocita l’ uomo in un sol boccone distruggendolo e bloccandone la sua anima nella tensione e nel viaggio verso l’ infinito o Dio.

Ennio Apuzzo

Il nostro viaggio nel Cilento continua con altri nomi illustri di seguito riportati

Michele Aletta
sangiacomese, usciere a Salerno, ha lasciato traccia di agitatore risorgimentale: fu incarcerato per i moti del 1820 e poi per quelli del 1828 accanto al cilentano Costabile Carducci nel 1828. Per coinvolgere nella rivolta i suoi compaesani, si aggirò sul Monte Raccio, facendo spargere la voce di avere al seguito 10.000 uomini nella speranza di far ritirare le guardie borboniche, mentre aveva pochi uomini al seguito. Di nuovo incarcerato con la condanna a morte, poi tramutata in ergastolo, nel 1859, ormai decrepito, fu scarcerato per grazia del sovrano. (

Filomeno Padula
Patriota e uomo politico. Nato a Padula il 10 novembre 1836 ed ivi morto il 30 dicembre 1912. Fratello minore di don Vincenzo, ne raccolse l’ultimo respiro, condividendone quegli ideali mazziniani e quell’anelito alla democrazia, che lo indussero a dedicare una vita alla lotta contro il crimine e all’azione politica. Dalla primavera del 1862 guidò col grado di capitano – accanto a Vincenzo Santelmo – la Guardia Nazionale di Padula, neo-organismo dell’Italia post-unitaria avente funzione di difesa armata del territorio su base comunale. Negli anni di tale incarico, numerosi e significativi furono i risultati da lui ottenuti nella lotta contro i briganti, che – riuniti in bande operanti soprattutto in Basilicata – a Padula imperversavano sulle montagne e ricevevano sostegno in paese, rendendo così malsicure le strade e infidi i rapporti. Il successo maggiore fu sicuramente l’azione condotta contro il notissimo capobanda Angelantonio Masini (sul quale pendeva una taglia di ben 20.000 lire), attirato in trappola in casa di un suo compare e arrestato la notte del 20 dicembre 1864. In seguito, Filomeno si segnalò per il suo impegno politico, fondando nel 1877 la prima Società Operaia di Mutuo Soccorso di Padula e venendo eletto nel 1879 Consigliere Provinciale (carica ricoperta fino al 1884, quando gli subentrò l’avv. Giuseppe Mezzacapo). Grazie poi all’incarico di Capo dell’Ufficio Postale di Padula, poté godere negli ultimi anni di una maggiore agiatezza economica, che si concretizzò nell’acquisto di alcuni ex beni della Certosa (come i resti dell’abbazia benedettina di S. Nicola al Torone) e del palazzo sito in piazza S. Clemente, ove morì e che tuttora è in possesso dei suoi discendenti. (E. Padula, Vincenzo e Filomeno Padula

Vincenzo Padula
Sacerdote e patriota. Nato il 16 ottobre 1831 a Padula, nella casa sita nella Strada Santo (oggi via Vincenzo Padula), da umile famiglia originaria di Montemurro (PZ). Dopo gli studi al Seminario di Teggiano, fu nominato Procuratore della chiesa matrice di S. Michele Arcangelo. Fin dal 1848, anno in cui la sua famiglia prese parte ai moti insurrezionali, fu lui il principale protagonista della cospirazione antiborbonica a Padula, coltivando rapporti con i comitati di altri paesi, lucani e campani. Altissima era la considerazione che ne aveva C. Pisacane, che lo considerava degno della massima fiducia al pari di nessun altro, ma crescente era pure il clima di sospetto intorno a lui. Sulla via di Napoli, a Salerno, fu arrestato insieme ad altri “attendibili” (come l’altro sacerdote patriota, don Giuseppe Cardillo) proprio alla vigilia della spedizione dei Trecento, il che condizionò non poco l’esito delle successive vicende. Rilasciato, si unì ai Mille di Garibaldi combattendo da valoroso a Calatafimi, Palermo e Milazzo. Ferito a una gamba durante quest’ultima battaglia, fu promosso Maggiore per meriti sul campo. Morì il 29 Agosto 1860 e venne seppellito nel cimitero della Chiesa dei Cappuccini di Barcellona Pozzo di Gotto (ME).

Rivoluzionari del 1799. Nutrita e diversificata (da segnalare i molti sacerdoti) fu la partecipazione dei Padulesi ai moti insurrezionali del 1799, in linea col precoce diffondersi di sentimenti liberali nel Vallo di Diano. Molti di essi beneficiarono dell’indulto del 30 maggio 1800. Ne ricordiamo solo alcuni:

Feliciano DAMIANI, giureconsulto a Napoli, motore trainante della rivoluzione a Padula tramite i fratelli Onofrio, Municipe del popolo, e Vincenzo, sacerdote, fuggì poi in Francia ed Inghilterra;

Ettore NETTI, eletto Commissario Repubblicano, fu attivo sia a Padula (coi familiari Francesco, arciprete e Presidente della Municipalità, e il di lui nipote Nicola, con Giuseppe BUONOMO, Municipe, il sacerdote Angelo FINAMORE ed altri, cacciò i monaci dalla Certosa ed eresse l’albero della libertà nella Corte esterna) sia a Sanza (insieme al concittadino avvocato Francesco NOTAROBERTO combatté per la democrazia), ove finì ucciso il 18 febbraio 1799, a soli 24 anni, presso il Convento di S. Francesco ove s’era rifugiato; infine, con un arco di vita maggiore, Raffaele CAVOLI, sindaco di Padula dal 1799 al 1810, iscritto alla Carboneria, artefice dell’insurrezione del 7 luglio 1820, incarcerato, condannato a morte e poi graziato, concluse i suoi giorni da “italiano libero” nel 1862.

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